PROLOGO: Atlanta

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Atlanta, marzo 2010.

Andava tutto bene.

Atlanta era una città dove c'era vita. Sì, c'era vita lì, ma un giorno tutto cambiò: un virus portatore di esseri terrificanti ha deciso di invadere questa città tutto ad un tratto, senza un minimo preavviso. Ed è successo per caso, senza un motivo come se da un giorno all'altro qualcuno avesse detto: "distruggiamo tutto".
E così è stato.

Chi viene colpito da questo virus non ne esce vivo: nessuna cura, nessuna salvezza. Solo la morte ti può salvare da questo mondo, ma solo se muori nel modo giusto; perché sì, qui devi far attenzione anche a come muori. Se muori normalmente, sparato, di una malattia letale o in un altro modo, ti trasformi. Se vieni morso o anche semplicemente graffiato da questi esseri, ti trasformi. L'unico modo per non diventare come loro è un colpo alla testa. Un solo colpo e non soffri più. Un solo colpo e metti fine a tutto.

Chi pensa di non farcela sceglie la strada del suicidio, invece il più forte sopravvive. Ed è qui che entra in gioco la regola del più forte; anche se per me non c'è differenza, perché anche il più forte o furbo che sia potrebbe non farcela. Qui centra che devi sopravvivere e basta, in tutti i modi possibili ed immaginari. Sopravvivere, ora, è la priorità assoluta.

Mi viene da piangere al solo pensiero di com'era questa città. Io sono nata e cresciuta qui, in due case differenti, ma ci ho passato una vita in questa città. Ho vissuto i primi vent'anni in casa con i miei genitori e mio fratello minore, ma dopo la loro morte sono andata a vivere da mia nonna per circa quattro anni, poi successe tutto questo.

Come è morta la mia famiglia? Un incidente me li ha portati via tutti in una sola volta. Un idiota ubriaco ha stroncato le loro tre vite, mentre lui era ancora vivo in prigione. Spero sia morto adesso o se lo inconstrassi lo ucciderei io. Nemmeno un colpo alla testa, deve morire lentamente e soffrendo.

Mia nonna era l'unico parente nel raggio di chilometri: era il mio punto di riferimento, subito dopo mamma. Lei era la mia seconda mamma. Andavo sempre a stare da lei quando i miei genitori non c'erano oppure anche se non c'era motivo, andavo lì e ci stavo per alcuni giorni. Abitava anche molto vicino, addirittura a piedi ci potevo arrivare.

Lei era una signora molto allegra e sempre con il sorriso sulle labbra. Persino quando morì il nonno sorrise sulla sua tomba dicendo: "lui non se n'è veramente andato, è solo partito per un lungo viaggio".

È morta per colpa di uno di quegli esseri. Ero tornata da poco a casa dopo esser andata a cercare qualcosa da mangiare, e lei era trasformata. Non avrei dovuto lasciarla sola e indifesa, avrei dovuto stare con lei a proteggerla. Ma ho fallito.

È colpa mia se lei ora non c'è più. È colpa mia se ora sono rimasta sola. Mi manca tanto il suo entusiasmo, il suo modo di pensare sempre positivo in qualunque situazione. Beh, mi manca lei, mi mancano i miei genitori, mi manca mio fratello...

Mi manca tutto.

(Ciao a tutti! Questa è la mia prima storia su The Walking Dead, precisamente su Daryl Dixon, il mio personaggio preferito. Dunque, volevo solo informarvi che non sono una brava scrittrice quindi non so cosa ne verrà fuori. Allora, questa è la descrizione di ciò che è successo ad Atlanta. La data è inventata ovviamente, e anche le successive vicende della storia lo saranno, non completamente però. Racconterò dal punto di vista della protagonista, che apparirà già dal prossimo capitolo e ogni tanto racconterò sottoforma di narratrice esterna. E niente... spero che il libro vi piaccia e buona lettura🖤)

You will not lost me, I promise you. Daryl DixonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora