CAPITOLO 12: Incubo nella realtà

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"Helena! Svegliati, forza!" sento qualcuno scuotermi e una voce allarmata arrivarmi alle orecchie.

Apro di scatto gli occhi e per poco non faccio un volo dal letto.

"Daryl? Che fai qui?" chiedo spalancando gli occhi

"Ti sei lamentata tutta la notte, piangevi e parlavi"

"Devo aver svegliato tutti... mi dispiace" ammetto imbarazzata

"No affatto, hai tenuto solo me sveglio"

Mi ero dimenticata che le nostre celle sono affiancate e si sente praticamente tutto, invece le altre sono al piano di sotto, perciò non devono aver sentito molto.

"Che ore sono?" chiedo stropicciandomi gli occhi

"Le 05:00 circa"

Cala un silenzio imbarazzante.

"Che hai sognato?" mi chiede ad un tratto.

Il sogno che ho fatto questa notte è stato orribile e ha fatto riemergere i miei ricordi più dolorosi: i miei genitori e mio fratello morti in quell'auto. I volti insanguinati e scheggiati dai vetri dei finestrini e l'auto completamente distrutta sul punto di prendere fuoco.

Poi mia nonna trasformata in vagante che stava chinata verso il letto mentre divorava la povera Fuffy, la gattina che le regalò il nonno, mentre miagolava per la disperazione.

Uno strazio per le mie orecchie.

Mia nonna era stata morsa molto prima che uscissi a cercare del cibo, ma non voleva farmelo vedere. Aveva nascosto il morso molto bene: il volto pallido era coperto da uno strato di blush sulle guance, così come le occhiaie camuffate dal correttore. Ed io, stupida ed ingenua qual'ero, pensavo fosse tutto normale, che il suo truccarsi fosse solo un modo per distrarsi. Dopo tutto era la nonna: lei amava truccarsi, vestirsi bene, curarsi... Non sarei mai arrivata alla vera realtà se non l'avessi vista con i miei occhi.

"Nulla, non farci caso" sussurro malinconica, alzandomi dal letto e stiracchiando le braccia.

Tralascio quel sogno poi mi rendo conto in che stato mi trovi in questo momento: occhiaie ben marcate, faccia di un colorito indefinibile e i capelli tutti spettinati.

Questa non sono io: è quella persona che morì tanto tempo fa insieme alla famiglia, che promise di non tornare e mai più l'avrei rivista, che di lei nemmeno il ricordo ci sarebbe stato. Invece eccola qui in tutta la sua "bellezza" a camuffare la vera me.

Chiudo gli occhi e scuoto la testa per eliminare quella brutta visione, allontanandomi dallo specchio dal quale mi ero riflessa e che a momenti rischiava di essere spaccato dalla sottoscritta. Intanto mi volto, ritrovandomi da sola: Daryl è uscito dalla mia cella poco prima senza che io me ne accorgessi, perché troppo impegnata a rivedere i fantasmi del passato.

Lego quelli che dovrebbero essere capelli con il mio vecchio elastico, facendo uscir fuori una coda più o meno accettabile. Poi, assicurandomi che non ci fosse nessuno, indosso i miei soliti vestiti. Infine, afferro la barretta che tengo sempre sotto al cuscino e inizio a mangiarla mentre mi dirigo in cortile.

La lieve luce del sole che sta appena sorgendo mi arriva sul volto freddo, riscaldandolo un po'; deduco, quindi, che saranno quasi le 06:00. Alzo lo sguardo sulla torre, vedendo Sasha con lo sguardo attento davanti a sè e con il suo cecchino sempre a portata di mano. La saluto non appena si volta nella mia direzione, lei ricambia poi torna a scrutare il territorio esterno. In lontananza vedo Daryl con la balestra pronta in spalla, vicino al cancello.

"Dove vai?" gli chiedo raggiungendolo

"A cercare munizioni" risponde secco

"Va bene" dico estraendo il mio nuovo coltello ed uscendo dal cancello.

You will not lost me, I promise you. Daryl DixonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora