CAPITOLO 1

3.9K 179 15
                                    

Dopo esser sceso dall'aereo e aver fatto il check-in, mi sedetti nella sala d'aspetto. Dylan aveva detto che sarebbe venuto a prendermi, e l'ansia incominciava già farsi sentire, il cuore mi martellava forte nel petto e il respiro si faceva più veloce mentre sudore freddo cominciava ad infastidirmi. E se non fossi stato come lui si immaginava?  Nelle video chiamate ero io, ma è risaputo che nelle foto e nei video ci si vede sempre in modo diverso.
Tolsi la modalità aereo dal telefono per controllare i messaggi e per distrarmi un po', ed una ventina di messaggi comparirono. Alcuni erano di amici, altri dalla mia famiglia e un paio dal mio ragazzo, così decisi subito di rispondergli. A Los Angeles erano le undici e mezza di mattina perciò in Italia dovevano essere le otto e mezza di sera, per cui doveva essere sicuramente sveglio.
"Amore! <3 Sono vivo e adesso sono in aeroporto, sto aspettando Dylan" Scrissi.
Non passò nemmeno un minuto che sentì il telefono vibrare per la sua risposta "Ottimo amour! Visto che l'aereo non è precipitato? Che ti avevo detto?" Rispose lui e subito scatenò in me una risata imbarazzante.
Prima di partire, fino all'ultimo secondo che staccasi la mano da lui e andassi dall'altra parte, lo stressavo con le mie paranoie sulle probabilità che l'aereo precipitasse e su come avrei voluto il mio funerale.
Il telefonò suonò di nuovo, era un messaggio di Dylan "Scusami tanto Raff, ma ho avuto un problema a lavoro e perciò non posso venirti a prendere. Verrà il mio autista Edward, è molto giovane e avrà un cartello con scritto il tuo nome. Lo troverai sicuramente davanti l'ingresso" Sgranai gli occhi.
Non mi aspettavo questo cambio di programma e l'idea di andare con qualcuno che non conosco in un luogo del tutto sconosciuto alimentata solo la mia ansia.
Rilessi il messaggio tre volte, nella speranza di aver capito male.
Feci un respiro profondo, raccolsi le mie cose e mi misi alla ricerca di un ragazzo che teneva un cartello con il mio nome.
Sapevo che Dylan avesse i soldi per vivere bene negli Stati Uniti ma non avevo mai immaginato così tanti da potersi permettere un autista personale.
Mi diressi verso l'uscita e quando le porte scorrevoli dell'aeroporto si aprirono, un vento caldo mi tagliò il fiato e scompigliò i capelli.
Mi guardai intorno, vidi molta gente con valige mentre faceva avanti e indietro, autisti appoggiati al proprio taxi o auto blu, ma nessuno con il mio nome stampato su un cartello.
"Bene, credo che me ne ritornerò in Italia" Pensai sentendomi perso.
"Rafaele! Rafaèle!" Udì una voce maschile chiamare il mio nome con accento inglese, o almeno così sembrava. Feci qualche passo avanti e un ragazzo più alto di me di qualche centimetro con capelli castano chiaro e occhi color nocciola, si avvicinò a me sorridendo "Sei Rafaéle giusto? L'amico di Dylan venuto dall'Italia" Disse il ragazzo ed io annuì un po' confuso.
Parlava un italiano quasi perfetto e mi fece sorridere.
Lo osservai un attimo e pensai subito che fosse un bel ragazzo con un bellissimo sorriso "Seguimi, la macchina è qui vicino. Ci ho messo un po' a trovare posto, per questo non ero all'uscita" Continuavo a camminargli dietro senza dire una parola, e troppo impegnato a non inciampare sulle mie valige.
"Oh! Mi scusi, e che di solito non porto nessun altro oltre Dylan. Ho un ottimo rapporto di amicizia, e non mi lascia mai le sue valige" Disse vedendomi inciampare.
Prese il borsone e il trolley ed io mi tenni stretto lo zaino.
Tenevo a tutto ciò che c'era al suo interno: la mia macchina fotografica, un libro su cui scrivevo i miei pensieri e il libro che stavo leggendo in quel periodo.
Raggiungemmo l'auto, una bellissima Audi S8 grigio nebbia e un sorriso malizioso spuntò sul mio volto.
"Le piace? L'ha scelta Dylan apposta per lei signore" Disse il ragazzo dopo aver messo la mia roba nel porta bagagli.
"Puoi non darmi del signore?" Chiesi timidamente dopo che mi avesse aperto la portiera.
"Certo Rafaele. Lo pronuncio bene il tuo nome?" Chiese sorridendo.
Mi stava già molto simpatico e l'ansia iniziò a svanire.
"È Raffaele. Con due F" Risponsi sedendomi sul sedile posteriore.
"Piacere Raffaele, io sono Edward" Chiuse la portiera ed entrò in macchina al posto del guidatore.
La macchina era fresca e un profumo di pulito girava nell'aria "Adesso andiamo a casa di Dylan. È lì che alloggerà" Edward mi guardò dallo specchietto centrale regalandomi un altro sorriso, magari aspettandosi una reazione felice da parte mia ma non fu così.
Stavo morendo dentro.
Dylan non mi aveva detto niente su dove avrei alloggiato, e nonostante le mie continue domande lui rispondeva con "È una sorpresa, penso a tutto io. Non ti preoccupare" Ma adesso ero più che preoccupato, e l'ansia cominciava a farsi sentire.
Incominciai a pensare che se l'avesse saputo il mio ragazzo sarebbe andato su tutte le furie, e la sua gelosia (un po' placata grazie alla mia insistenza e sicurezza) sarebbe riaffiorata più che mai molto più forte di prima.
Guardai fuori dal finestrino, mi accorsi solo in quel momento che la macchina era in moto e sfrecciava per le strade enormi di Los Angeles.
Passarono una decina di minuti e la curiosità di sapere dove fosse la casa prima di arrivarci vinse, staccai gli occhi dal finestrino e domandai ad Edward che rispose orgoglioso "The Bird Street"
Feci una smorfia stupedatta all'idea che sarei andato in una delle strade dove un sacco di celebrità vivevano in ville costosissime
Non poteva essere vero.
"Stai scherzando?" Chiesi sconvolto.
"No, e se non ci credi lo vedrai te stesso" Ridacchiò e continuò tranquillamente a guidare.
Non avevo mai visto per intero la villa, ma sapevo possedesse una piscina e uno studio da cui faceva le video chiamate con me, il resto mi era del tutto sconosciuto, e non avrei mai pensato abitasse in una casa molto costosa.

DISTANZA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora