CAPITOLO 19

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Era il penultimo giorno e Dylan aveva tanto insistito affinché andassimo a mangiare fuori a pranzo; io, Stefani, Edward e Sebastian.
Pranzammo con del cibo da strada vicino al mare, poi andammo al cinema ed infine tornammo ognuno a casa propria.
Quel giorno era strano, triste e cupo anche se in cielo era limpido e il sole batteva forte. Mi sentivo malinconico, non volevo granché andarmene ma dovevo farlo.
Non potevo rimanere lì per sempre, soprattutto dopo quello che era successo avevo bisogno di ricominciare e pensare a me stesso.

Era ormai pomeriggio inoltrato quando Dylan mi propose di andare a cena solo noi due. Inizialmente non volevo accettare perché ce l'avevo ancora con lui, ma alla fine acconsentì poiché me ne sarei andato da quel posto il giorno dopo e sarebbe tutto finito.
Arrivata la sera uscimmo di casa ed entrammo in macchina, diretti verso il ristorante che aveva scelto Dylan.
Non mi volle dire dove andavamo e come si chiamava il posto, solo perché pensava che avrei rovinato la sorpresa cercandolo su Google, ed aveva ragione.
Dopo venti minuti di auto, tra le strade trafficate di Los Angeles illuminate dai fari della città e delle auto giungemmo al ristorante.
All'esterno si presentava in modo molto lussuoso, di certo non per una persona come me ma per una come Dylan. Lasciammo la macchina al parcheggiatore ed entrammo nel ristorante.
Profumava di rose e vari cibi sparsi per la sala, i colori erano semplici e romantici ed un cameriere ci portò al nostro tavolo.
Al centro del tavolo c'era una rosa bianca, l'unica rosa bianca di tutto il ristorante era proprio sul nostro tavolo.
"L'ho fatta mettere io" Disse Dylan riferendosi alla rosa.
Rimasi in silenzio, incapace di formulare qualcosa di sensato e limitandomi a sorridergli timidamente.
Rimanemmo in silenzio fin quando non arrivò il cameriere, che dopo aver appuntato le nostre ordinazioni ed essersene andato, Dylan riprese a parlare.
"Mi mancherai tanto"  Dissi giocando un po' con langolo del tovagliolo.
"Anche tu" Dissi sorridendogli.
Lui mi sorrise a sua volta e rimanendo a guardarci entrambi per qualche secondo.
"Sei vuoi puoi rimanere qui, puoi vivere a casa mia, cercarti un lavoro e una volta sistemato comprarti casa se lo vorrai. Per me potrai sempre restare a casa..." Lo interruppi.
"Dylan... mi fa piacere che tu voglia offrirmi il tuo aiuto, che voglia che rimanga qui, ma io ho bisogno di tornare in Italia... tornare a casa" Mi faceva male dire quelle parole, soprattutto mentre il suo volto si faceva sempre più triste e sembrava volesse piangere.
"Va bene, speravo soltanto che cambiassi idea" Disse guardandomi con i suoi occhi azzurri.
"Valeva la pena tentare" Aggiunse dopo ridacchiando.

La cena continuò tranquillamente, entrambi mangiammo tutto e Dylan cercava di intrattenermi in qualsiasi modo raccontandomi tutto ciò che poteva essere interessante. Dopo aver mangiato uscimmo dal ristorante e salimmo in macchina.
"Vuoi tornare a casa?" Chiese Dylan inserendo le chiavi.
"Umh... non ancora" Non era molto tardi ed anche se il giorno successivo mi sarei dovuto svegliare presto per prendere l'aereo, volevo rimanere ancora un altro po' in quella città la sera insieme a Dylan.
Accese il motore e partì per non so dove, percorremmo molte strade, fino ad arrivare davanti al mare illuminato dal riflesso della luna e delle stelle limpide nel cielo.
Scendemmo dalla macchina ed incominciammo a passeggiare, l'uno di fianco all'altro.
In quel momento sentivo una forte attrazione per lui, una voglia irrefrenabile di tenerlo per mano e così feci. Lo sentì sussultare dalla sorpresa e poi stringere la mia mano leggermente mentre con il pollice accarezzava il dorso.
Camminammo per una decina di minuti quando Dylan si fermò davanti a me. Mi guardava dritto negli occhi, con la testa leggermente abbassata a causa della mia statura, e teneva le labbra assottigliate.
Ricambiai lo sguardo mentre sentivo il cuore battermi forte nel petto e le mani, entrambe strette da lui in quel momento, incominciare a sudare.
"Posso darti un bacio?" Chiese Dylan quasi sussurando e pregandomi di acconsentire.
"Baciami" Risposi a bassa voce e come se si fosse risvegliato da un sonno immobile, avvicinò le sue labbra alle mie e mi baciò.
Le nostre labbra si scontravano dolcemente, e ad ogni distacco emettevano un piccolo rumore mentre la saliva di entrambi si mischiava lentamente. Continuammo a baciarmi per molto tempo, fin quando entrambi, ormai stanchi e senza fiatto ci staccammo.
"Ti prego, non partire domani" Disse Dylan poggiando la fronte sulla mia.
"Perdonami, ma devo. Ho bisogno di stare in pace con me stesso, rimettere delle cose nella mia testa in ordine" Chiusi gli occhi, aspriando la sua aria fin quando i nostri respirsi non furono coordinati.
"Io ti amo..."
A quelle parole sentì il tempo fermarsi, il mio respiro rallentare e per un millesimo di secondo come se anche il cuore si fosse arrestato.
Quelle tre parole mi fecero male, più male di qualsiasi altra cosa mi sia stata detta nella vita. Sentire quella piccola frase piena di un significato ben chiaro e per me molto sensibile mi aveva destabilizzato del tutto.
Non riuscivo a dire nulla mentre nella mia testa centinaia di pensieri viaggiavano senza ostacoli.
Lo amavo anch'io? Cosa provavo per lui? Dovevo annullare la partenza del giorno dopo e restare con lui in America? Non riuscivo a darmi una risposta.
"Ti prego, dì qualcosa... qualsiasi cosa" Sentì il panico nella voce Dylan e mi risveglia dal trance dei miei pensieri.
"Dylan... n-... non posso..." A quelle parole Dylan lasciò le mie mani e fece un passo indietro, lasciando una spazio tra noi due che sembravano kilomenti.
"Va bene... torniamo a casa"

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