Capitolo 16

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Giorgio's Pov

<Perché non scrivi un libro?>
<Chi lo leggerebbe, Giorgio? Qualche amico forse, e poi?>
<Forse la vera domanda è: chi legge più?>
<Hai ragione, Giò>, mi risponde lei sbrigativa, quasi incupendosi per un breve attimo alle mie parole.
<Alison, posso chiederti una cosa?>
<Dimmi.>
<Perché scrivi?>
<Potrei farti la stessa domanda>, mi risponde lei.
<Bene. Allora, io scrivo perché è l'unico posto in cui posso rifugiarmi. L'unica cosa che mi salva dal mio silenzio assordante.>
<Sei diventato poetico, oggi?>, sussurra ridendo.
<Lo sono sempre stato. Solo tu puoi leggere poesie?>, le rispondo,  a mia volta ridendo anche io. La cosa che mi incuriosisce è che sono in molti a chiedere spiegazioni a questi miei sbalzi riflessivi. Io lo trovo, invece, più che naturale. È giusto che ognuno di noi, anche la persona più superficiale e che non ha nulla da dimostrare al mondo, abbia questi attimi poco più profondi. Ho sempre creduto che la poesia non servisse a molto. Sono poi arrivato a concepire l'idea della poesia come una cosa per pochi. Sicuramente, non è da tutti passare interminabili minuti davanti a una raccolta di Leopardi, in cerca di un senso logico che colleghi tutti i versi. Il rap, il rap puro, è per me un po' la stessa cosa. Il mio concetto di rap, è una poesia dei nostri giorni, alla quale dedichi del tempo per comprendere realmente il testo. Mi è capitato molte volte, di stupirmi quando rileggo dei testi che ho lasciato un po' indietro. Mi capita di non riuscire a capire di aver scritto davvero io quella roba, perché ha troppo senso ed è una cosa troppo importante da portare sulle spalle, per una persona come me.
Non è facile scrivere. Sei in costante pressione di non essere all'altezza del dono che ti è stato dato, di non riuscire ad impressionare le persone che ti seguono e di portare contenuti che possano spiccare. E credetemi, io ho iniziato da poco, e incontrare qualcuno che mi conosce per la mia musica è raro. Eppure, mi mette molta ansia e agitazione.
Mi rendo conto solo ora dello sguardo contraddetto di Alison. Le sorrido. Non ho sentito una sola parola di quello che ha sicuramente detto.
<Tutto bene, Ferrario?>, mi chiede lei seria.
<Sì, tutto bene. Stavo aspettando che tu mi dicessi il motivo per il quale scrivi.>
<Allora non hai sentito una parola di quello che ho detto. Non è così?>
<Scusami>, le rispondo, cercando il mio tono più sincero e dolce. So quanto Alison tenga ad essere ascoltata.
<Scrivo perché ho bisogno di liberarmi di tutto ciò che mi passa per la testa. Poi, è l'unica cosa buona che so fare>, mi dice lei.
<Sappiamo entrambi che non è così>, controbatto io.
<Hai ragione, è peggio di così.>
<Oggi stai considerando la mia opinione esatta, troppe volte. Dovrei farti un filmino, non succede sempre sentirti dare ragione a qualcuno.>
<Ti sbagli.>
<Ho capito il tuo gioco.>
<Ti va un gelato?>, mi chiede lei cambiando discorso.
<Se me lo offri tu...>
<Sei sempre il solito>, mi dice porgendomi una mano. La afferro e mi lascio tirare su.
<Dobbiamo tornare in zona mia. Lì c'è un buon gelataio.>
<Ti rendi conto che siamo  in inverno?>
<Qual è il problema?>, mi risponde lei.
<Se ti congeli, non mi chiedere di prestarti il mio giubbotto, però.>
<Tu guardi troppi film.>
<E quindi?>, le rispondo ridendo.
<Sei strano tu.>
<Mi piace essere strano. Sono convinto che tutte le persone strane, siano così perché devono distinguersi in un futuro prossimo ed essere i migliori in qualsiasi cosa credano.>
<Potresti scriverci un testo>, esclama Alison.
<Magari lo sto già facendo.>

Ho fatto quello che ho potuto -ILL MOVEMENTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora