ɴᴀᴛᴀsʜᴀ ʀᴏᴍᴀɴᴏғғ
❝red chamber❞
La musica le entrò nelle orecchie, dolce e delicata. Natasha non sorrise, non poteva.
Seguì gli ordini della maestra di danza, seduta in una sedia nera dalle rifiniture dorate, lo sguardo severo e la solita tazzina di thé in mano.
Portò il peso del suo corpo sulle punte dei piedi, mentre le mani si congiungevano sopra la testa. I capelli rossi fuoco della bambina erano stati acconciati in un uno chignon ordinato.
Sentì qualcuno passare accanto a lei, ma non vide nessun ombra. Si accigliò e la sua vista sembrò appannarsi per un momento.
«это*» [questa] sentì la voce di un uomo, poi tutto si fece buio.
Quando si risvegliò era in una stanza buia e un po' umida.
L'uomo dal forte accento russo che aveva sentito prima stava davanti a lei, il ghigno sul viso deforme, una cicatrice gli percorreva il viso dall'attaccatura dei capelli fino a sparire dentro il colletto del divisa.
«Добро пожаловать в программу Чёрная Вдова» le disse semplicemente.
Natasha non capiva, "benvenuta al programma Vedova Nera" corridoioura stesse studiando danza al Teatro Bol'soj, non sapeva niente riguardo al quel programma.
«Завтра вы начнете тренироваться. До тех пор...*» [domani comincerai l'allenamento, fino ad allora...] non disse più niente, rise e si alzò facendo un gesto con le mani.
Due soldati con le divise dell'Unione Sovietica entrarono, la presero per le braccia e la tracinarobo fuori dalla stanza, la luce la accecò per un momento lasciandola stordita. Quando si riprese tirò un calcio a un soldato e questi quasi lasciò la presa sul braccio marmoreo della bambina, quando questi riprese la stretta alzò la mano e, poco prima che Natasha se ne potesse accorgere le diede uno schiaffo.
«Lascia che ti dica una cosa bambina,» sussurrò al suo orecchio con voce minacciosa «se vuoi sopravvivere qui, non disubbidire agli ordini»
Poi ripresero a trascinarla per i corridoi illuminati e le pareti di cemento. La guancia le bruciava, sentiva già il rossore formarsi, i capelli le finirono sul viso e ne fu contenta, avrebbe potuto così facilmente coprire la piccola lacrima che le era scesa sulla guancia rossa.
La tirarono dentro una stanza, ben illuminata, dentro solo un letto ad una piazza e un'altra porta, probabilmente una bagno.
Era tutto maledettamente grigio e a Natasha venne voglia di vomitare.
Sulla piccola scrivania c'erano tre completi: quello che sembrava un pigiama, una tuta da allenamento e una divisa.
Un piccolo orologio tichettava le ore, erano già le sei del pomeriggio, così si sedette sul letto e piano, portò la mano al viso chiudendo per un attimo gli occhi.
La porta si aprì e Natasha scatto in piedi come una molla, quando l'uomo entrò non poté fare a meno che riconoscerlo: Ivan Petrovich Bezukhov.
«Non capisco» disse semplicemente la bambina, gli occhi acquosi per le lacrime trattenute, la voce debole e stanca.
«Lo farai, Natalia» le rispose semplicemente Ivan. «E se non lo farai di tua spontanea volontà, ti obbligheranno»
Natasha chiuse gli occhi un momento, si sentiva così stanca.
«Cosa devo fare?» chiese dopo.
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Whatever It Takes ━ Marvel
Fanfiction❝Se vi fanno male, fategli del male. Se vi uccidono, resuscitate.❞ [ONE SHOTS] ©bethemoon (2017)
