Capitolo XV

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Guardo annoiata la lavagna piena di segni. La professoressa sta parlando a vanvera su un teorema che si ricorda male.
Nel mio quaderno c'è già scritta la soluzione, come presumo siano tutti gli altri quaderni.
Mike sta ronfando dall'altra parte del banco e sicuramente verrà di nuovo rimproverato e punito.
La campanella suona ed è la nostra salvezza. Do un calcio a Mike che si sveglia di colpo e senza neanche ringraziarmi scappa via.
Faccio una smorfia e poi mi dirigo verso l'armadietto per cambiare i libri.
Mancano quattro ore alla fine di questa settimana scolastica. Credo che morirò prima di arrivare all'ultima.
Mary si posiziona davanti all'armadietto e canticchia canzoni coreane. «Sei in vena di passare una splendida serata con la troupe?» Chiede.
Chiudo l'armadietto e la fisso con una faccia svogliata. «Vorrei fare tutto quello che si allontana da scuola.» Dico.
«Immaginavo. Bene. Allora stasera andiamo a fare una bella scampagnata.» Dice.
«Eh?» Chiedo.
«Diciamo che ho scoperto un posto e voglio portarvi.» Afferma tutta estasiata.
Fantastico. «Fantastico!»
«Non ne hai voglia.» Dice fissandomi.
«Lo farò comunque. Non ho voglia di stare dentro casa a guardare stupide cose.» Dico mentre ci avviamo nell'aula di letteratura italiana insieme.
«Sicuramente è più divertente di quei video che ti guardi.» Ammette sincera.
«Grazie, Mary.» Dico divertita dalla sua faccia schifata.
«Ehi! È la verità!» Afferma.
Zach e Mike ci assaltano da dietro e strilliamo entrambe dallo spavento. Tutti quelli nel corridoio ci fulminano con lo sguardo.
«Coglioni.» Dico.
Loro ridono a crepa pelle. «Che ne dite se stasera portiamo con noi la nostra amica erba?» Chiede Mike.
«Pu.» Dice Mary schifata.
«Io accetto.» Dico ridendo.
«El!» Dice sorpresa Mary.
«Abbiamo una cattiva ragazza con noi.» Fa l'occhiolino Zach.
«Pensa a te.» Dico sbuffando.
Mi mette un braccio sulle spalle e camminiamo tutti insieme verso l'aula. È forse una delle poche lezioni in cui siamo insieme, oltre a fisica.
«Io il tema non lo voglio fare.» Dice Mike.
«Era da fare per casa, testolina.» Affermo girandomi verso di lui. Nel frattempo stringo la mano di Zach che penzola sotto la mia spalla.
Mi stringo a lui e sorrido quando mi dà un bacio sulla fronte.
«Sembrate una coppietta di settantenni.» Dice Mike facendo una faccia schifa. «Mary facciamo vedere come siamo belli noi.» Dice cercando di slinguazzarle la faccia.
«Neanche per sogno, Mikey. Mettiti la lingua dove sai.» Dice Mary spingendolo via.
Ridiamo di gusto alla faccia delusa di Mike.
«Comunque io ho la scusa che sono stato in punizione tutta la sera.» Dice Mike.
«Non è poi una bella scusa.» Gli dico.
«La Witney mi ama.» Afferma sicuro Mike.
Lo guardo di sbieco anche se quello che ha detto è vero. La Witney è una tipa piuttosto svampita.
«Allora ... di che cosa parlava il tema?» Chiede prima che entriamo in classe.
«Jane Austen.» Diciamo tutti insieme.
«Chi è?»
«Prima cosa: una scrittrice.» Afferma Mary alzando gli occhi al cielo.
Rido vedendo che Mike fa gli occhi dolci e Mary non può resistergli.
«Entriamo, forza!» Urla Zach.
«Oggi Mary sta con me in banco!» Afferma Mike.
«Cosa? No!» Strilla Mary.
Alla fine entriamo in classe e Mary sta in banco con Mike. Li sento litigare almeno venti volte in solo quaranta minuti. La Witney grazia Mike. Zach mi racconta di cose stupide fatte da piccolo e rido come una stupida per tutta l'ora.
Quando usciamo dalla classe ci mandiamo tutti a fanculo, dato che è diventato il nostro solito saluto, e ci dividiamo. Mike e Mary devo sopportarsi ancora per un'ora. Io e Zach invece ci dobbiamo separare.
Lui va a fare ginnastica e io devo sopportare l'insegnante di arte che dice cose a vanvera.
A metà lezione qualcuno bussa alla porta della classe di arte. Il professore Jackson urla a chiunque ci sia dietro alla porta di entrare.
La porta si apre e molte ragazze sospirano appena Edward Posey entra dentro la classe.
«Smettete di sbavare!» Urla l'insegnante facendomi sorridere.
Oggi ho visto Edward solo all'entrata mentre scherzava con uno dei suoi amici. Mi ha lanciato un'occhiata e poi ha continuato a parlare con il tizio.
Ci sono rimasta di merda e mi sono anche arrabbiata. Solo che non posso arrabbiarmi per qualcosa che metterebbe a disagio anche me.
Essere salutata da lui vuol dire che ci sei andata a letto.
Infatti Martha viene salutata da lui.
È una di quelle famose tre che sono andate seriamente a letto con lui.
Le lancio un'occhiata e vedo che sta facendo gli occhi a cuore verso di lui.
Cristo, giuro che se mi riduco così meglio uccidermi!
«Signorina Trainor, il preside l'ha chiamata nel suo ufficio. Il signore Posey la accompagnerà. Può anche non ritornare in classe dopo che avrà finito.» Dice il professore.
Resto interdetta per qualche secondo, poi mi rendo conto che tutti, ma proprio tutti, mi stanno fissando. Prendo tutto quello che è mio e mi dirigo verso l'uscita dove mi sta aspettando Edward.
Fa finta di non conoscermi e poi esce fuori non prima di aver salutato il professore e la classe.
«Signorina Trainor!» Mi blocca il professore. Lo guardo allarmata. «Per la prossima volta voglio uno schizzo di un uomo sulla ceramica, intesi?»
«Sì, prof.» Dico prima di uscire dalla classe.
Chiudo la porta e mi ritrovo davanti la figura alta e muscolosa di Edward Posey.
Alzo lo sguardo verso di lui. Resta immobile e io lo fisso muta.
Sarà lui ad iniziare a parlare oggi. Altrimenti sarà guerra fredda.
Come cazzo si permette di far finta di non conoscermi? Cristo! Che fastidio!
«Non mi chiedi perché sei uscita dall'aula?» Chiede a disagio.
Lo fulmino con lo sguardo. «Devo andare dal preside, no?» Dico.
Lui mi fissa e poi sospira. Sembra rincoglionito. «Era una stronzata. Volevo vederti.» Alzo il sopracciglio e lo fisso ancora più male. «Che cazzo ti prende oggi?» Chiede.
«Non lo so. Dimmelo tu.» Dico fissandolo ancora.
«Senti non so che cazzo ho fatto ma possiamo spostarci prima che qualcuno esca dall'aula e ci veda qui immobili?» Chiede quasi sul punto di avere una crisi.
«Che c'è? Ti mette disagio essere visto con me?» Chiedo fissandolo male.
«Cosa? No, Cristo! È che se ci vedono veniamo messi in punizione per tutta la sera e io ho degli impegni.» Dice.
Sbuffo seguendolo. Entra in una stanza che sicuramente è una mini infermeria.
Mi siedo sull'unico lettino che c'è e lo guardo mentre va da una parte all'altra della stanza.
«Senti ci stavo pensando ...Forse è meglio abbandonare tutto e lasciare il posto a qualcun'altro come capitano.» Dice.
«Stai scherzando, vero?» Chiedo incredula.
«Cosa? No! Io sono serissimo.» Dice scarmigliandosi il ciuffo corvino.
Seguo ogni suo movimento fino a che non è vicino a me. Gli prendo la mano e gliela stringo prima di spingerlo verso di me.
«Vieni qua.» Dico.
Lui tentenna ma poi si avvicina. Lo racchiudo in un abbraccio caldo e sicuro e lo stringo più che posso. Resta immobile per qualche minuto ma poi le sue mani finiscono sulla mia schiena e mi spingono verso di lui.
«Andrà tutto bene.» Prometto.
Lui si stacca un po' per guardarmi e nel silenzio sento tutta la tensione che c'è tra di noi.
Lo guardo e lui guarda me. Gli metto una mano tra i capelli e poi mi fiondo sulle sue labbra.
Rimane freddo ma appena entrambe le mie mani finiscono tra i suoi capelli scatta qualcosa in lui. Le sue mani stringono le mie cosce mentre il bacio diventa sempre più caldo e lento.
Sospiro quando il suo pollice finisce sul mio inguine. Stringo la presa delle mie cosce sui suoi fianchi e lui geme.
Rido quando la sua mano passa sul fianco e mi fa il solletico, lui ne approfitta per morsicarmi il labbro.
Veniamo interrotti da delle voci fuori dalla porta. Sembrano due ragazzini che si sono persi.
Chiudo gli occhi e appoggio la fronte sulla sua spalla mentre lui mi bacio la testa.
«Sei un diavolo, Elen Trainor.» Dice.
Lo spingo lontano da me e sorrido divertita. «E tu sei uno stronzo.»
Scendo dal lettino e mi avvicino a lui. Guardo i suoi occhi caramello che mi fissano come incantati. «Spero che la tua erezione svanisca presto.» Sorrido prima di aprire la porta dello stanzino e uscire.
Mi dirigo verso il bagno e mi rinchiudo.
Guardo il casino che ho in testa e sulle labbra.
«Che cazzo sto facendo?» Chiedo al riflesso nello specchio.

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