Il mercoledì a scuola sembra essere tranquillo. Nessun pettegolezzo, nessuna risatina dietro alle spalle.
In questo momento sto andando in mensa, dato che i miei amici hanno l'ossessione di mangiare hamburger freddi e aridi.
Forse sono in ritardo dato che i corridoi sono vuoti. Alzo lo sguardo dalle mie scarpe e alla metà del corridoio trovo Edward Posey che mi fissa con gli occhi a palla, sembra piuttosto incazzato.
Forse è dovuto al fatto che non ho risposto a nessuno dei suoi messaggi, o forse perché l'ho abbandonato ieri sera, nell'oceano.
Non so che cosa sia peggio: pensare a cosa stavamo facendo o che cosa stavo provando mentre lo stavamo facendo.
Quando arrivo vicino a lui cerco di superarlo senza guardarlo negli occhi ma ovviamente lui mi prende per il braccio e mi ferma.
«Che cazzo di problemi hai?» Chiede mettendosi davanti a me. Io cerco di non incontrare il suo sguardo, potrei ricominciare a piangere come una stupida. «Elen, guardami.» Afferma lui con un tono piuttosto arrabbiato. Quando capisce che non lo guarderò neanche per scherzo, mi prende il viso tra le mani e lo punta verso il suo. I suoi occhi nocciola mi guardano attentamente.
So che si possono vedere i miei occhi rossi e i capillari spaccati sulle guance che anno forma puntini rosa a causa del pianto.
So pure che sono una stupida.
«Che cos'è successo ieri sera?» Chiede continuando a guardarmi. Io resto muta perché se parlo potrei dire stronzate. «Elen, ti prego. Dimmi qualcosa.» Dice.
«Faccio tardi alla mensa.» Dico semplicemente.
Lui mi fissa e poi indurisce la mandibola. Okay, forse dovevo stare zitta. Mi molla e poi mi supera dandomi una spallata.
Io mi giro a guardarlo.
Forse stasera non si presenterà.
Alla fine aiutarlo è stato il mio più grande errore.
Il resto della giornata lo passo a pianificare il progetto con il gruppo, ma alle cinque devo per forza andare al campo per presentarmi anche se lui sicuramente non verrà.
Mi siedo sulla panchina, rivolta verso l'oceano e aspetto. Passano minuti mentre provo a non sentirmi una stronza.
Forse non ha voluto ingannarmi, forse era vero quel bacio, magari prova qualcosa.
Continuo a guardare l'oceano per un'ora intera e quando vedo che il sole sta per tramontare capisco che non verrà seriamente.
Mentre me ne rendo conto il mio petto sembra stretto in una morsa.
L'ho deluso, sicuramente.
Eppure quando apro i social e vedo la sua storia mentre è con i suoi amici e se la ride fumando, la rabbia s'impossessa di me.
Mando a fanculo lui e tutta la sua voglia di non essere mai serio.
Ora la mia parte razionale mi fa capire che tutto quello che è successo ieri è successo solo perché lui ne aveva voglia.
Un perfetto momento per scaricare tutta la sua vita e lasciarla indietro.
Lui non pensa.
Non sa che cosa voglia dire sentirsi in colpa o cose del genere.
E forse è un bene per lui, ma non per me.
Io valuto ogni giorno se ciò che dico possa ferire qualcuno o se lo può mettere in difficoltà. Stessa cosa per me stessa. Se vedo che qualcosa è nocivo per me allora lo mando a fanculo.
Lui invece lascia che tutto scorra. Anche se sono spine velenose.
Mi alzo dalla panchina e camminando piano mi dirigo verso casa.
«Elen!» Sento una voce che mi chiama.
Mi giro e vedo Mary che pedala come una pazza sulla sua bici rossa.
Mi fermo non sapendo come reagire davanti alla sua comparsa. Quando si ferma davanti a me mi rendo conto che è rossa peperone a causa dello sforzo.
«Ti senti bene?» Chiedo fissandola preoccupata.
«Certo!» Dice accasciandosi sul manubrio della sua bici.
«A me non sembra.» Dico.
«È solo una illusione. Tu che ci fai qui?» Chiede alzando lo sguardo verso di me.
Ha due code laterali basse e degli occhiali rotondi. Sembra uscita dagli anni novanta.
«Mi sono seduta su una panchina.» Dico non trovando altre scuse.
Lei però ci crede poco. «Non è venuto?» Chiede dispiaciuta.
«Già, ma me lo aspettavo. Da quanto dicono le sue storie sta fumando e bevendo con i suoi amici.» Dico.
«Quante storie ha messo?» Chiede.
«Credo quattro o cinque.» Dico non ricordandomele bene. «Perché questa domanda?» Chiedo.
«Lascia perdere. Che ne dici se ripassiamo fisica insieme mentre mangiamo un bel gelato?» Chiede.
«Non ho neanche uno spicciolo.» Dico imbarazzata.
«Beh, ci andiamo comunque. Voglio gelato.» Afferma determinata e questo mi fa sorridere. «Monta in groppa.» Dice indicandomi la grata dietro al sedile della sua bici.
«Non penso che sia sicuro.» Dico non piuttosto convinta.
«Ovvio che non è sicuro. Ma almeno non dovrò aspettarti o camminare con te. Forza, sali! E stringiti a me.» Seguo le sue indicazioni e salgo.
Senza che me lo aspetti parte come un fulmine e strillo dallo spavento. Lei è tutta concentrata su quello che sta facendo da farmi sentire abbastanza sicura ma non comoda.
Questa grata non è il massimo per il mio sedere.
Arriviamo alla gelateria in meno di cinque minuti. Mary ordina una coppa con sei gusti differenti e poi si siede al tavolo che ho occupato io in precedenza.
«Prima stavo parlando con Zach e mi ha detto che domani quella di fisica farà sicuramente un test facile.» Dice.
Nel frattempo aspettiamo la nostra coppa gigantesca.
«Davvero?» Chiedo felice.
«Sì. Quindi noi siamo pronti. Da quanto hai studiato fisica?» Chiede sapendo che io mi porto sempre avanti.
«Da tre giorni. Appena arrivo a casa lo ripasso e faccio pure esercizi.» Dico e lei alza gli occhi al cielo.
«Dobbiamo passare i problemi a quei due sciagurati.» Dice riferendosi a Mike e Zach.
«Stupidi. Non sciagurati.» La correggo.
Arriva la nostra coppa portata da un ragazzo niente male che però fissa soltanto Mary che fissa il gelato con tanto trasporto.
Mi sa che l'amore non è per niente reciproco.
«Grazie.» Dico prima di prendere il cucchiaio.
Mary mi blocca strillando. «Prima facciamo la foto! Le persone che ti seguono devono invidiarti.» Mi fa l'occhiolino e poi mi insegna come fare foto.
Io in realtà l'ho già fatta dal primo momento che ho preso la fotocamera di Instagram e l'ho anche già postato taggando sia lei che Zach e Mike.
Quando riceve la notifica e si rende conto che sta parlando a vanvera di angolazioni e flash, mi fissa sorpresa ma anche divertita.
E poi appena guarda la foto scoppia a ridere.
È una sorpresa e anche una gioia.
Sta ridendo.
E dato che la sua risata è contagiosa incomincio a ridere anche io.
Il gelato nel frattempo si scioglie.
Ma alla fine Mary se lo mangia tutto.
Io ne prendo un cucchiaio solo perché mi forza a mangiarlo. E anche perché non posso fare a meno di mangiare un po' di zuccheri.*Spazio Stellare*
Dato che ho sgherrato per pubblicare la storia, ora vi siete ritrovate con due capitoli nuovi che racchiudono tante emozioni per Elen.
Un bacio👽
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Perché sono qui
Novela JuvenilElen Trainor vive a Santa Barbara, ha un amico fantastico e una mamma e un fratello che la supportano in tutto ciò che fa. Nella sua scuola tutto è ingarbugliato in un unico nodo pieno di cuffiette da cui esce un sacco di musica di diverso genere...