Capitolo XII

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Il martedì sera arriva prima di quanto mi aspettassi e ritrovarmi con i miei pantaloncini più larghi e la maglietta più sportiva che ho mi fa capire che non ne uscirò viva da questa giornata.
Il campo vicino alla spiaggia oggi è assediato solo da un ragazzo più alto della norma e con dei lineamenti troppo particolari per non lasciare il segno.
«Ehi, atleta!» Dico arrivando alla panchina del campo. Lui si gira mentre sta tirando la palla a canestro. E lo fa anche senza guardare.
Cristo.
«Ehi, Diavolo.» Sorride guardandomi mentre metto apposto tutte le mie cose sulla panchina. «Cosa vuoi fare oggi?» Chiede.
«Ho calcolato tre settimane prima che inizi la stagione. Quindi abbiamo poco tempo.» Affermo prendendo il quaderno con i miei importantissimi appunti.
«Incominciamo da stretching. E penso che tu sappia cosa fare.» Dico.
Lui annuisce. «Bene, Diavolo. Allora incominciamo.»
Lo stretching dura dieci minuti buoni e alla fine sta già sudando. Oggi oltretutto è una giornata piuttosto calda.
«Di solito fai prima esercizi di corsa con la palla oppure subito corpo a corpo?» Chiedo vedendo che sta finendo la sessione di corsa.
«Abbiamo mollato gli esercizi con la palla da due anni.» Dice sincero.
Lo fisso sconvolta. Sarò anche uno schifo nello sport ma so le basi avendole studiate. «Ecco perché fate così schifo.» Affermo senza peli sulla lingua.
«Ehi!» Si lamenta.
«Non fare il finto tonto.» Dico ridendo per la sua faccia amareggiata.
«Quindi che si fa?»
Alla fine impieghiamo un'ora piena per fare un buon allenamento e devo correre anche io per spiegarlo gli esercizi.
Alle sette di sera ci ritroviamo stramazzati sopra la sabbia e diciamo che il sudore e la sabbia ci fanno diventare delle fettine impanate.
«Bene, io mi butto a mare.» Dice.
Io alzo lo sguardo fissandolo male. «Che?»
Lui nel frattempo si sta spogliando. Mentre si toglie la maglietta rimango di sasso.
Ha troppi muscoli. Davvero.
Troppi.
«Non dirmi che non vorresti fare un bel bagno.» Dice sorridendomi.
Io sto ancora sbavando quindi non so come reagire. «Diciamo che è quasi fine ottobre. Non so se ho voglia di ammalarmi.» Affermo.
«Ci sono trentacinque gradi. Siamo ancora in piena estate, Elen.» Dice lui.
Si toglie anche i pantaloncini da basket restando in boxer. Lo fisso di sbieco mentre si gira verso di me e sorride con un gesto di sfida.
«Che creaturina debole e carina.» Dice con una voce fastidiosa.
Lo fisso incazzata nera prima di alzarmi decisa ad ucciderlo. Me ne frego di avere delle mutande nere e un reggiseno sportivo troppo stretto e pushappato di un blu elettrico che si può vedere da cento chilometri.
Mi tolgo la maglietta e i pantaloni e mi dirigo verso di lui. Noto che ha dato uno sguardo a tutto il mio corpo e vorrei davvero prenderlo a colpi.
Appena lo raggiungo gli do un ceffone sul collo prima di correre in mare. L'acqua è ancora calda ed è piacevole stare dentro.
Poi succede che un mongoloide mi schizza e mi butta sotto.
Lotto per dieci minuti buoni per avere la meglio su di lui.
Quando sta per rinunciare gli do un colpo sul sedere tanto che mi prende di peso e mi butta in acqua.
Strillo come una cogliona e rido tanto.
Dopo un po' ansimo dalla stanchezza e lo guardo mentre si sistema i capelli corvini.
Mi lancia uno sguardo divertito prima di prendermi e trascinarmi verso di lui.
Alla fine siamo attaccati così tanto che la nostra pelle si mischia.
«Hai freddo?» Chiede.
«Preferirei essere asciutta in questo momento.» Ammetto quasi sussurrando a causa della nostra vicinanza.
Le sue braccia mi circondano finendo per racchiudermi nella sua morsa. Le mie mani invece scivolano sulle sue braccia fino ad unirsi dietro al suo collo.
Cosa io stia facendo è davvero da capire, ma adesso non riesco a controllarmi. Il mio cervello non agisce più. Ora sono tutta cuore.
Lui mi guarda con i suoi occhi caramello e mi sorride dolcemente e io so che ho una faccia da scema.
E poi sono io o forse lui, non lo so, ma uno dei due si avvicina troppo e finiamo con i nasi che si sfiorano, la pelle che rabbrividisce ad ogni tocco e l'oceano che ci circonda.
La spiaggia è vicina ma non so se io voglia veramente ritornare sulla terra ferma, quella sicura, oppure restare in un mondo fatto di incertezze.
Una sua mano scivola lungo la mia schiena, verso l'alto, e arriva a stringere il mio collo da dietro. Me lo massaggia e io chiudo gli occhi beandomi del suo respiro e del suo profumo.
E poi succede. Apro gli occhi quando basta per vedere i suoi chiudersi e poi le nostre labbra si uniscono.
Le sue cercano le mie come se fossero la loro salvezza, le mie imparano seguendo le sue.
È un bacio che resta freddo e insicuro, pieno di domande e paure.
Mi stringo a lui attorcigliando le gambe sulla sua vita e lui stringe e riesce ad infiammarmi.
Come se lui fosse il fuoco e io la benzina.
I baci continuano fino a che le labbra non fanno male. E quando le nostre labbra si staccano non smettono di cercare contatto. Le sue finiscono sulla scollatura del mio reggiseno e le mie sulla sua fronte e poi sulla guancia ruvida.
Graffio le sue spalle larghe quando lo sento sotto di me e sospiro quando le sue labbra finiscono sul mio collo.
Poi apro gli occhi e mi rendo conto della situazione. Quando ancora mi sta baciando faccio forza sul suo abbraccio e mi svincolo con gli occhi quasi impauriti.
Che cazzo sto facendo?
Nuoto fino alla riva e poi corro come una pazza prima di prendere tutta la mia roba, indossarla e correre via.
Sento la voce di Edward che mi chiama ma io sento solo che sono andata oltre e non me ne sono neanche resa conto.
Scrivo a mamma che sto andando a dormire da Mike e poi corro ancora di più.
Suono al campanello e ad aprirmi è proprio lui.
«Cristo, El. Che diavol ...»
Scoppio a piangere come una bambina e lo abbraccio con tutta la forza che ho.
Scusa papà.
Scusa davvero.

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