Martedì e mercoledì io e Edward lavoriamo seriamente e non ci facciamo distrarre da niente. A fine allenamento siamo entrambi così tanto stremati che non ci salutiamo neanche quando ci dividiamo.
Giovedì invece entrambi sembriamo più connessi con il mondo reale. Lui non ha verifiche importanti per il venerdì e io non devo lottare per il progetto che sto facendo con il gruppo.
Quando l'allenamento finisce facciamo la solita strada verso casa ma ci fermiamo ad una struttura ambulante per mangiare un hotdog.
Lo mangiamo mentre camminiamo e ad ogni morso di rendiamo conto che fa sempre più schifo.
Ridiamo e raccontiamo stupidaggini e quando arriviamo davanti a casa mia ci fermiamo.
Lui mi guarda con uno sguardo dal solito.
Non ha più la solita malizia e neanche la rabbia che lo identifica ad ogni allenamento.
Sembra sereno.
«Mi prendi per pazzo se ti chiedo una cosa?» Chiede avvicinandosi un po' a me.
Io lo fisso dubbiosa. «Prima devo capire cosa mi vuoi chiedere.»
«Giusto.» Sorride. «Vuoi uscire con me domani sera?» Chiede.
«Nessun super impegno con la tua squadra?» Chiedo.
«Negativo.» Sorride divertito dalla mia smorfia dubbiosa.
«Mmmmh ...» Faccio finta di pensarci.
«Prometto di portarti in un posto decente.» Dice mettendosi una mano sul cuore.
«Meglio che il cibo sia buono. Assicurati di questo.» Dico.
«Quindi mi hai detto di sì.» Afferma sorridendomi tutto felice.
«Cosa? Io non ho detto proprio niente.» Ribatto cercando di fare la dura.
I suoi occhi caramello mi fissano e io deglutisco sapendo che sto diventando come Martha con i suoi occhi a forma di cuore appena lo vede.
Cazzo.
«Il cibo deve essere buono.» Glielo ordino.
«Promesso.»
«Okay, vada per questa uscita.» Dico.
Sorride e mi dà un bacio sulla guancia, poi corre via.
Lo guardo divertita e poi entro a casa.
Mia mamma mi esamina per tutta la cena e alla fine le racconto che domani uscirò con lui.
Ci penso per due ore piene se dirlo anche a Mary, ma alla fine opto per un grandissimo silenzio che ovviamente la incuriosisce.
Io però non le dico comunque niente.*
La sera dopo mia mamma mi assiste ad ogni scelta. Optiamo entrambe per un jeans strappato e stretto e una maglietta larga senza scollatura, molto basic.
Quando mi sono lavata e vestita, mamma mi sistema i capelli e io mi metto un po' di trucco.
Arrivata praticamente l'ora, mia mamma fa le solite raccomandazioni che fanno i genitori: niente droghe, niente sesso, e se c'è sesso usare il preservativo, niente alcolici e niente passeggiate da sola se è troppo tardi.
L'ultima raccomandazione non c'entra molto, ma la dice sempre.
Poi mi fissa con un sorriso malinconico. «Sei bellissima, mia piccola El.» Afferma commuovendosi.
«Mamma ...» Dico cercando di non mettermi a piangere pure io.
«Chiamami se hai bisogno e ovviamente mandami messaggi se devo venire a prenderti o a che ora ritorni, okay?» Dice.
«Sì, mamma.»
«E ...» La blocco subito abbracciandola.
«Sopravviverò a un appuntamento, mamma. E se andrà male piangerò ma almeno sarò viva e avrò fatto la mia esperienza.» Dico mentre lei singhiozza.
«La mia bambina.» Dice e questo mi fa sorridere. «Papà è orgoglioso di te e di tutto quello che fai per questa famiglia.»
Chiudo gli occhi e la stringo forte. «È orgoglioso anche di te, mamma.»
Il campanello suona e ci dobbiamo staccare. Lei si asciuga le sue lacrime, io prendo la mia borsa con tutto quello che mi serve per sopravvivere e poi scendiamo al piano di sotto.
Apro la porta d'ingresso e trovo davanti a me un Edward Posey con dei jeans neri con i risvoltini, una maglietta bianca semplice e una giacca in jeans strappata in vari punti.
Mi sorride e io non posso fare altro che ricambiare.
«Ehi.» Dico.
«Undici e mezza a casa.» Dice mia mamma intromettendosi. Alzo gli occhi al cielo ma continuo a sorridere.
«Sì, signora.» Dice Edward ritornando serio.
Lo fisso divertita perché quella faccia non si addice per niente a lui.
Usciamo da casa e quando entriamo nella sua macchina possiamo parlare come facciamo di solito.
«Forse ci seguirà per tutta la sera.» Dico divertita dal comportamento di mia madre.
«Nah, è solo preoccupata per sua figlia.» Dice lanciandomi uno sguardo prima di fare manovra e cominciare a guidare.
«Dove andiamo?» Chiedo non sapendo come iniziare la conversazione.
«In un posto dove si mangia piccante. Ti posso dire solo questo.» Afferma.
Lo fisso curiosa. «Non mi ucciderai, veroo?»
Lui ride e scuote la testa prima di sistemarsi il ciuffo. Oggi lo ha lasciato libero da gel fissanti e questo lo rende molto più sensuale ai miei occhi.
«In che università vuoi andare dopo la scuola?» Chiedo.
«Ad Harvard.» Dice. «È una università costosa, ma è l'unica che può darmi le basi necessarie.»
«È per questo che vuoi la borsa di studio, giusto?» Chiedo.
«È uno dei tanti motivi in realtà.» Mi guarda per qualche secondo e poi sospira. È come se volesse dirmi qualcosa. «Voglio anche non gravare tutte le spese sui miei genitori. Stanno cercabdo di guadagnare per darmi i migliori confort.» Dice.
«Lo fanno tutti.» Dico pensando a mia madre.
«A scuola mi hanno detto che stai facendo un progetto per il ballo di primavera.» Afferma sorridendo.
«Quel sorriso è per prendermi in giro?» Chiedo quasi indignata.
«Assolutamente no! Trovo carino che qualcuno s'imp...»
«Edward.» Lo avverto.
Lui scoppia a ridere. «Diciamo che io non amo i balli. Che siano in priamavera o a fine anno.» Ammette.
«Non sei mai andato a un ballo?» Chiedo sorpresa.
«No. Odio ballare.» Afferma facendo una smorfia. «E questo progetto lo fai da sola?»
«No, lo faccio con Mary, Mike e Zach.» Dico tranquillamente. Lui sembra quasi perplesso.
«Mary Nancy? La nazista?» Chiede deridendola.
Io lo fisso male. «Mary ride, cretuno. Ed è più simpatica di tutto il gruppo dei comici.» La difendo.
«Non volevo offenderla, scusa.» Dice lanciandomi uno sguardo. «Zach è nuovo?» Chiede dopo qualche minuto di silenzio.
«Sì.» Dico.
Parcheggia davanti a una roulette tutta illuminata piena di persone che aspettano il loro turno per ordinare cibo. Cibo non ancora identificato dalle mie narici.
Uscendo dalla macchina mi rendo conto che questa non è Santa Barbara ma una cittadella che si trova non so dove nella cartina. L'odore del mare però è sempre presente.
Raggiungo Edward che si è già messo in fila e ora capisco che cosa stanno cucinando quei due ragazzi dentro la roulotte.
Tacos.
Oh ma non tacos comuni...
«Tacos giganteschi.» Dico ad alta voce.
Edward se la ride perché devo avere una faccia che è un miscuglio tra disappunto e sorpresa.
«Tacos enormi e oltretutto i più buoni che abbia mai mangiato.» Dice sorridendomi.
Io lo guardo con un sorriso meravigliato e poi torno a guardare i due ragazzi che lavorano. Resto incantata finché non arriva il nostro turno.
«Okay, che cosa volete?» Chiede uno dei ragazzi.
«La specialità della casa.» Dice Edward.
E io che stavo per ordinare trenta tacos.
«Non mi ucciderai, vero?» Chiedo ad Edward che mi mette un braccio sulle spalle e mi stringe a se.
Io chiudo gli occhi per pochi istanti e mi godo il tepore della sua pelle e il suo profumo.
Il nostro tacos gigantesco arriva e io ed Edward facciamo la guerra per pagare.
Alla fine lui si mette davanti a me con la sua statura imponente e io resto con la bocca aperta dietro di lui, con i soldi in mano, mentre guardo la sua schiena muscolosa.
Appena ci allontaniamo dalla roulotte lo spingo per dispetto.
«Volevo pagare la mia metà!» Mi lamento.
Lui ride mettendomi di nuovo il suo braccio sulle spalle. «Andiamo, diavolo.»
Mi fa strada fino a una spiaggia immensa, con la sabbia fatta di chicchi di pietra. Resto meravigliata dal tramonto e da tutto.
Edward si siede a pochi metri dalla riva e io lo seguo. Mangiamo il tacos mentre guardiamo il tramonto e nel silenzio mi sento sempre più al sicuro.
Quanfo abbiamo finito di mangiarlo ci guardiamo divertiti. Sembriamo due bambini che di contendono un gioco.
Questa volta però il gioco è meno materiale. Qui si sta giocando con i miei sentimenti.
Lui mi porge la sua mano e io gliela stringo con la mia. Mi tira a se in un movimento dolce e poi mi stringe tra le sue braccia, lasciandomi inerme e senza speranze per ritornare alla me di due mesi fa.
«Ci vieni spesso qua?» Chiedo nel silenzio del nostro abbraccio.
«Quando voglio allontanarmi da tutto questo è il luogo perfetto. L'acqua è più sicura e bella.» Dice tranquillo.
«È un bel posto per rilassarsi.» Affermo dopi qualche minuto di silenzio.
«Qua dimentico maggior parte dei casini che invece mi assillano a Santa Barbara.»
Mi scosto un po' per guardarlo. I suoi occhi caramello brillano e i colori del tramonto si trasferiscono sulla sua pupilla.
È bello da far male e il mio cervello questo lo sa. Il cuore dice tutt'altra cosa.
Dice di godermelo finchè posso.
Perché se ne andrà via anche lui.
Lo so.
«Ti ricorderai di me quando sarai ad Harvard?» Chiedo in un momento di debolezza.
Lui mi guarda e sorride, mi mette apposto i capelli che sono stati scarmigliati dal vento e poi si avvicina.
«Come faccio a dimenticare il mio diavolo?» Sorride fino a farmi battere il cuore troppo forte e finisco per sapere che sono fottuta, spacciata.
Adios Elen Trainor! Buenos dias tizia innamorata!
«Sei fottuto se mi dimentichi. Dopo tutta la fatica che ci sto mettendo per sopportarti.» Lo prendo in giro.
«Ah sì? È così che parli del santo Edward Posey? Capitano degli Steed e presto famoso giocatore dell'NBA?» Dice facendo il vissuto e gonfiando il petto fiero di se stesso.
Gli do uno schiaffo sul petto e rido. «Stupido.»
Se la ride come un pazzo e allora mi allontano da lui. Mi accuccio da una parte come un cane ferito e fisso il mare.
Lui ride ancora di più ma sento il rumore dei chicchi che si spostano ad ogni suo movimento. Dopo poco il suo abbraccio mi trascina per terra e anziché vedere il mare vedo il cielo pieno di nuvole rosa.
Io comunque cerco di scappare rotolando via, ma le sue braccia mi prendono e mi stringono e poi lui ride e mi bacio sul collo.
Strillo per il solletico e provo a liberarmi, ma poi lui mi stringe i fianchi e smetto di dimenarmi. Mi bacia la guancia e poi si mette sopra di me senza gravare il suo peso sul mio corpo.
Lo guardo e lui guarda me.
Allungo le dita verso il suo naso e lo sfioro per poi passare al resto del volto.
«Riusciró mai ad essere così come sono con te?» Chiede guardandomi con una faccia piena di sentimenti.
«Così come?» Chiedo continuando ad accarezzare il suo corpo. Il mio dito si ferma sulla sua clavicola e sento il suo cuore che batte forte, quasi quanto il mio.
«Felice.» Sussurra.
Lo guardo e lo sto per baciare per un'altra fottuta volta, ma lui scappa e si alza. Guarda qualcosa nel telefono e poi mi porge la mano.
«Si sta facendo tardi. Andiamo.» Afferma.
Io resto muta per tutto il viaggio.
Penso e ripenso a cosa è successo.
Cerco di capirlo ma è quasi impossibile.
Quando arrivo a casa lo ringrazio e lo saluto con flebile: «Ciao.»
Poi scappo ed entro in casa.
Mia mamma mi chiede come è andata e io cerco di raccontarle solo le cose più belle.
Il resto lo lascio alla me sdraiata nel letto.
Che stupida che sono stata. Credevo davvero che lui fosse interessanto a me? Io? Quella orribile ragazzina nello specchio? Devo essere proprio scema.
Lui l'aveva detto che non si sarebbe mai messo con una come me.*Spazio Stellare*
Edward è abbastanza strano, eh? Anche se l'ho creato io il personaggio non lo capisco a pieno 🧐
Chi vedete come attrice che potrebbe interpretare Elen?
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Perché sono qui
Ficção AdolescenteElen Trainor vive a Santa Barbara, ha un amico fantastico e una mamma e un fratello che la supportano in tutto ciò che fa. Nella sua scuola tutto è ingarbugliato in un unico nodo pieno di cuffiette da cui esce un sacco di musica di diverso genere...