La sera dello stesso lunedì sono raggomitolata nelle coperte mentre guardo un film natalizio dove tutto va per il verso giusto.
Vorrei che la mia vita fosse così. Che tutto andasse per un verso e non per mille. Anche il verso sbagliato sarebbe meglio di non riuscire a capire dove andare.
Non sono una che si lamenta spesso, eppure adesso ho bisogno di farlo.
Sono stanca di dover stare sempre bene.
Vivo in una famiglia che ha bisogno di me ventiquattro ore su ventiquattro.
Ho la scuola che mi pesa sulle spalle per ogni singolo errore che combino.
E poi ho nel cuore un macigno che non se me va via neanche se butto giù mille sonniferi.
Sono sola.
Mi sento sola.
Anche se ho affianco tre amici fantastici, una mamma d'oro e un fratello che amo.
Mi sento sola e non so che cosa fare.
Non ho mai desideri, ma adesso vorrei esprimerne uno: essere felice.
Vorrei esserlo una volta nella mia vita.
Chiudo gli occhi e mi asciugo le poche lacrime che sono uscite.
Sto più male con me stessa, per avermi deluso fin dall'inizio, che per la storia di Edward.
Ovviamente tutto questo non può che essere per mano sua. Non sono ingenua.
Edward ha tanti problemi, tra questi c'è quello di non riuscire a non vantarsi delle sue conquiste.
Saranno pure poche ma l'abitudine non passa.
Vorrei non vederlo più. Chiudermi dentro casa e restare qui a mangiare schifezze e guardare film natalizi.
Ma tutti questo farebbe ancora più male. Lasciare che una stronzata del genere possa rovinare la mia intera vita è un grosso errore.
Più grosso di quello fatto il venerdì precendente.
Prendo il mio telefono e leggo i messaggi dei miei amici.
Tra questi peró c'è un messaggio su instagram che arriva da una certa Wendy Addison.
Lo apro e leggo.Ehi, sono una delle tante insignificanti persone della scuola. Volevo sapere se fossi ancora viva? Ovviamente so che è così. Molte ragazze della scuola hanno avuto il tuo stesso problema: sono state ingannate. Tu e la tua amica spaccate e ci rappresentate con forza.
Potere alle donne!Sorrido e mando lo screen del messaggio a Mary. Lei mi risponde subito con una chiamata.
"Sei in vena di fare una cosa?" Chiede.
"Sarebbe?"
"Vendicarci. Ho chiamato delle amiche."*
Chiudo la felpa nera e sistemo le scarpe da ginnastica del medesimo colore.
Mary mi ha ordinato di vestirmi così.
Aspetto che arrivi nel vialetto di casa e nel frattempo spero che non arrivi Edward da nessuna parte.
«Ehilà bellezza!» Urla Mary alle otto di sera. La vecchia del vicinato deve aver fotografato la situazione e la descriverà sicuramente a mia mamma in poco tempo.
«Ciao Wonder Woman.» Dico.
Lei frena con la sua bici in mezzo alla strada. «Vieni, forza. Le altre ci aspettano.» Dice.
«Ma le altre chi?» Chiedo mentre salgo sul retro della bici e mi stringo a lei.
«Ragazze della scuola che hanno sentito ciò che ho detto oggi.» Afferma. «E che sono state illuse, molte sono state anche violentate.» Dice seria.
La guardo con un sorriso dolce sulle labbra. «Sei veramente Wonder Woman.»
«Una specie.» Afferma ridendo prima di partire.
Arriviamo davanti ad una casa gialla in periferia. Mary si ferma davanti ad essa e poi smonta. Io resto sopra la bici per sorvegliare.
Uno di questi giorni dovrei imparare ad andare in bici, penso.
Mary suona al campanello mentre il cielo si scurisce ancora di più. Alla porta apre una ragazza bionda, gli occhi sono due palle di ghiaccio.
«Wow, siete venute!» Afferma la ragazza. Dietro di lei spuntano le teste di altre.
Sorrido vedendo che sono in molte.
«Ovvio, non ci perderemo mai quello per cui abbiamo lottato.» Dice Mary.
«Forza entrate.» Dice la ragazza bionda.
In poco tempo siamo dentro la casa.
Davanti a noi ci sono forse una cinquantina di candele messe in modo elelgante. Ed è tutto stupendo.
«Siamo arrivate quasi tutte. Ne mancano solo quattro.» Dice la ragazza. «Elen, io sono Catherine.» Afferma sorridendomi.
«Piacere.» Dico io sorridendole.
«Abbiamo comprato pizza e tacos. A quanto pare non siamo tutte uguali nei gusti.» Afferma.
Ci conduce fino a un grande salotto antico e qui si trovano le altre ragazze.
«Ehi, bellezze.» Affermo sorridendo per salutarle. Loro mi salutano e finiamo per sistemarci per formare un grande cerchio.
Siamo tutte vestite con abiti sportivi. C'è addirittura chi ha il pigiama.
«Prendete tutto il cibo che volete.» Dice una ragazza dai capelli neri e lisci di origine asiatica.
«Beh, io prendo pizza.» Affermo pensando che i tacos possano tradire la mia felicità. Troppi ricordi a quanto pare.
«Traditrice. Io scelgo i tacos per tutta la vita.» Dice Mary sedendosi affianco a me. La guardo male per poi mangiare la mia pizza.
Aspettiamo che arrivino le altre ragazze e poi ci sistemiamo definitivamente.
Io mi ritrovo tra due ragazze gentilissime.
Una di loro è la ragazza afro che tutti guardavano con sguardi carichi di sesso l'altra volta.
Si chiama Grace e mi racconta che vorrebbe andarsene via dall'America. Vorrebbe girare per l'Oriente.
Dall'altra parte c'è Terrence, ragazza dai capelli rossi e gli occhi verde rugiada.
«Bene. Finalmente mi siedo.» Sbuffa Catherine sedendosi. Nel salotto sale una risata generale.
«Chi ha avuto delusioni amorose qui?» Chiede una ragazza vicino a Terrence.
Io sollevo la mano come tante altre.
Le guardo con un sorriso che mi fa battere forte il cuore.
«Chi vuole essere la prima a raccontarlo?» La ragazza ci guarda e alla fine, dato che nessuna si offre, mi butto io.
Mi presento e poi incomincio a raccontare della prima volta che ho visto Edward Posey, del suo portamento, delle sue maniere forti. «Era bello non perché popolare o cose simili, ma perché soffriva. E nei primi giorni non lo sapevo mica. Lo odiavo e speravo di non incontrarlo. Poi è diventato un pensiero fisso. Lui ha aiutato me, io ho aiutato lui. Ma quando ho capito che ero cotta era troppo tardi. Avevo già memorizzato ogni sua espressione e pregavo di aiutarlo anche se per stupide cose. Mi sono innamorata di lui troppo velocemente per riuscire a capirlo perfettamente. Poi gliel'ho detto. Per tre giorni è restato muto senza parlarmi o niente. E poi mi ha portata a letto. Immaginate quanto stavo bene. Era la prima volta. Ed ero innamorata. Poi è finita che lui l'ha detto e io sono svenuta in mensa.» Dico divertita.
«Io sarei morta d'infarto al posto tuo.» Dice una ragazza davanti a me.
«Beh, non sono una tipa forte. Lei sì.» Dico indicando Mary.
Lei sorride. «Siamo tutte forti, qui. Però ognuna ha la sua debolezza.»
La seconda a raccontare è Margaret Hudson. È una ragazza minuta anche se è più grande di me, ha occhi azzurri e una carnagione olivastra. «Ho incontrato Daniel quando ero piccola. Lui era il migliore amico di mio cugino e sembrava anche simpatico e dolce...»
I racconti durano fino a notte fonda. C'è chi parla di amori imoossibili e chi di violenze. Piango quando Terrence e Grace parlano di ciò che è accaduto a loro.
Alla fine tutte le ragazze hanno gli occhi e il naso rossi. Sorridiamo esauste e ci abbracciamo se ce n'è bisogno.
Molte di queste ragazze hanno parlato del loro stupro solo oggi, davanti ad un gruppo di quindici ragazze.
«Ora facciamo un bel selfie, lo voglio vedere su ogni nostro sito, eh!» Urla Mary.
Ci stringiamo tutte e alla fine il selfie esce. Posto la foto che mi hanno inviato nel nostro gruppo e scrivo la frase diventata mia regola taggando tutte le ragazze.
Fidati del tuo istinto. Se andrà male, finirà presto. (S. 2004), scrivo sotto la foto.
Terrence mi abbraccia quando me ne sto per andare. Mi dice che è felice e glielo dico anche io, perché è così.
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Perché sono qui
Teen FictionElen Trainor vive a Santa Barbara, ha un amico fantastico e una mamma e un fratello che la supportano in tutto ciò che fa. Nella sua scuola tutto è ingarbugliato in un unico nodo pieno di cuffiette da cui esce un sacco di musica di diverso genere...