"Quindi il nostro primo bacio è quello a casa tua durante il pomeriggio profondo e deprimente o quello che mi rubasti la sera della vigilia di Natale?"
Yoongi quasi non si strozzò con l'acqua che stava bevendo quando sentì quella domanda. Tossì sentendo il liquido andargli di traverso e posò la bottiglietta sulla scrivania, ormai vuota.
Hae immaginò vividamente il ragazzo lanciarle un'occhiataccia e ridacchiò al solo pensiero."Lo feci solo per te, lo sai," affermò serio, dopo aver riottenuto la sua solita sicurezza. Al che sentì la ragazza ridere ancora di più in un modo adorabile e non riuscì a trattenere un sorriso.
"E non perché morivi dalla voglia di baciarmi, vero?" Continuò Hae, stuzzicandolo più del dovuto, nonostante sapesse che Yoongi gliel'avrebbe fatta pagare in un modo o nell'altro.
"Semmai è il contrario," mentì lui, mentre dava un'ultima occhiata alla stanza.
Non vi era più nulla che vi apparteneva. Solo un letto ed una scrivania vuota accanto alla finestra. La tastiera che aveva usato per quell'anno in assenza del proprio piano, era già arrivata a Seul nella propria casa, al suo posto. Il pc era nello zainetto e tutti i suoi vestiti già piegati in valigia."Ora devo proprio andare, ci sentiamo domani okay?" Disse chiudendo la porta della stanza dove aveva vissuto i primi momenti da vero e proprio artista e trascinò con se il trolley cercando di non fare troppo rumore e dare alcun indizio alla ragazza del suo ritorno.
"Okay, a domani."
Quanto era dispiaciuto a Yoongi di averla lasciata sola per tutto quel tempo, nessuno poteva saperlo. Le era più che grato per aver sopportato la situazione in cui lui l'aveva messa, risultando sempre comprensiva e fiera dei suoi risultati. Ed era felice di essere riuscito ad avere nella sua vita le due cose di cui aveva più bisogno, la musica e le persone che amava.
Dopo un anno di lontananza, il rapporto con Hae non aveva subito grandi cambiamenti e sperò vivamente che sarebbe stato lo stesso anche da vicino, che Hae lo avrebbe accettato a braccia aperte. Aveva, dunque, deciso di farle una sorpresa e le aveva tenuto nascosto per circa un mese la data della sua partenza per ritornare a Seul, nonostante avesse i biglietti dell'aereo con se già da un po'. Sarebbe partito quella notte stessa, poi giunto nella sua città avrebbe sistemato le proprie cose e la sera successiva si sarebbe presentato a casa sua con tutte le foto che aveva da farle vedere ed i vari ricordi che le aveva portato dal Giappone.
Era emozionantissimo, ma allo stesso tempo aveva un brutto presentimento. E se Hae lo avesse rifiutato? Se si fosse accorta durante quel lungo periodo di lontananza di non voler stare davvero con lui? Poteva essersi stufata della distanza e dei suoi impegni e magari stava aspettando di vederlo da vicino per poterglielo confessare, forse per questo era impaziente di sapere quando sarebbe tornato. O peggio, se in tutto quel tempo avesse conosciuto qualche altro ragazzo migliore di lui che le avrebbe potuto dare più attenzioni.
Sapeva che Hae era una brava ragazza, fedele, che non gli avrebbe mai mentito, eppure non riusciva a togliersi questi dubbi dalla mente e trascorse tutto il viaggio in aereo a pensarci costantemente, nonostante cercasse di convincersi che sarebbe andato tutto bene.La notte passò velocemente e si fece giorno per entrambi. Hae doveva andare a lavoro, come sempre, così si svegliò presto quella mattina ed in poco tempo si ritrovò in gelateria.
Mentre era indaffarata con i vari clienti, molti di loro erano stranieri, qualcuno entrò in gelateria e con i suoi lenti passì si avvicinò alla vetrina delle creme, appoggiandovisi con un braccio."Mi scusi, ma deve aspettare il suo turno," disse distrattamente la ragazza, impegnata ad riempire un cono di crema al pistacchio; quando poi alzò lo sguardo, vide davanti a sé Daehyun con un sorriso stampato sulle labbra.
"C'è una fila anche per vederti?" Chiese il ragazzo, con un tono sarcastico. Hae si sentì imbarazzata a quella domanda, anche perché si trovava sul luogo di lavoro e non poteva chiacchierare con i suoi 'amici' e le dava fastidio che altre persone estranee potessero impicciarsi nelle sue conversazioni.