tredici.

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non l'ho riletto, chiedo umilmente perdono per gli errori che sicuramente troverete e che sono troppo pigra per correggere

Jimin era esausto. Le sue giornate erano un continuo allenarsi, che fosse il suo fisico, la sua voce o i suoi movimenti da ballerino. Tutti contavano su di lui e sulle sue capacità e la responsabilità di avere un ruolo importante all'interno del gruppo lo costringeva a dare più del massimo, per non deludere i suoi compagni, lo staff, i produttori, i coreografi, se stesso. Le prove erano dure, gli prendevano quasi tutta la giornata e non sempre aveva abbastanza tempo per i pasti e per dormire. Non voleva ricadere in brutti circoli viziosi, non ancora, ma ciò sembrava inevitabile. Il suo corpo non aveva più abbastanza energie per andare avanti, eppure quello era solo l'inizio. Ogni mattina si muniva di un grosso sorriso forzato e dava tutto per il suo gruppo. Cercava di nascondere la stanchezza, il dolore agli arti del corpo, i forti mal di testa e i crampi allo stomaco. Continuava a supportare i suoi amici, ad aiutare chi come Seokjin non se la cavava particolarmente tanto con la danza, a stare dietro gli ordini del capo, a cercare nuovi modi di migliorare la propria voce. Si spremeva fino a spendere le ultime energie, fino a disidratare il suo corpo, però certe volte, di notte, quando era solo, si lasciava andare. Posava quella maschera che indossava ogni giorno da un anno a questa parte ormai e dava sfogo ai suoi stati d'animo.
Quella notte proprio non riusciva a prendere sonno, nonostante fosse stanchissimo, e pensò che forse fare una passeggiata all'aperto potesse stancarlo anche mentalmente e indurlo quindi ad approfittare di quelle poche ore di sonno.
Sgattaiolò dalla stanza che condivideva con Taehyung, il quale dormiva beatamene stravaccato sul suo letto, abbracciato ad un cuscino come di consueto perché proprio non riusciva a stare tranquillo se non abbracciava qualcuno o qualcosa nel sonno. Jimin lanciò un ultimo sguardo nella stanza buia per assicurarsi che il suo amico non si fosse accorto dei suoi movimenti e non si fosse dunque svegliato, poi si diresse verso l'ingresso del dormitorio. Indossò una giacca perché di notte le temperature calavano di molto e non voleva rischiarsi di prendere un bel raffreddore e danneggiare la sua voce. Infilò le chiavi della porta e il cellulare in tasca ed uscì dallo stabile.
Come previsto, una volta trovatosi all'aperto, un brivido gli percorse la spina dorsale per il freddo ed oltre lui non sembrava esserci nessun altro. Prese a camminare a passo lento, non volendosi allontanare troppo da quell'aria, anche perché avrebbe dovuto ritornare a letto il prima possibile. Il suo sguardo era rivolto verso l'asfalto sotto i suoi piedi, sembrava guidare oltre che il suo cammino, anche i suoi pensieri che presero a filare verso un'unica direzione mettendo un po' di pace in quel cervello sempre in moto. L'aria fresca e il silenzio della notte fanno miracoli. Tra l'altro a Jimin piaceva fare passeggiate, lo rilassava e gli fungevano da esercizio fisico, anche se non particolarmente intenso.

Incredibile come il mondo di notte, senza la presenza umana, possa sembrare pacifico.

In tutto quel silenzio dolce e fresco, un rumore spiccò e spezzò la tranquillità che aveva avvolto Jimin fino a quel momento. Il ragazzo in questione si fermò di scatto quando le sue orecchie udirono quel rumore, concentrandosi sul mondo circostante per capire se lo avesse solo immaginato o se fosse davvero successo qualcosa. Anche se Jimin era certo di aver sentito bene, iniziò quindi ad indietreggiare, il panico lentamente si impossessava di lui e mille maledizioni rivolte a se stesso scivolarono sottovoce dalle sue labbra carnose. Poi decise di calmarsi, in effetti poteva trattarsi solo di un gattino che aveva scavalcato un muretto. Mentre indietreggiava sentì qualcosa di molto simile ad un singhiozzo e lì capì che oltre lui, doveva esserci anche qualcun altro.

In un qualsiasi altro momento, Jimin avrebbe cercato di capire di chi si trattasse e di porgere una mano nel caso l'altra persona avesse avuto bisogno di aiuto, ma era notte e al ragazzo non andava di rischiare la sua incolumità a causa di un qualche ipotetico malintenzionato quando sarebbe potuto ritornare al calore delle sue lenzuola. Ritornò sui passi di casa, cioè il dormitorio, guardandosi intorno con sospetto, sempre all'erta. Quando gli parve di essere completamente solo e al sicuro, si tranquillizzò ma proprio in quel momento una figura si sollevò da un cespuglio e Jimin urlò di istinto, volando con un salto dall'altro lato della strada. Le sue urla, a sua volta, spaventarono l'altra persona, che urlò a sua volta senza capire cosa stesse succedendo. Jimin, ancora spaventato e con il cuore che gli batteva a mille, guardava l'altra presenza che si rivelò essere un ragazzo della sua età, paralizzato, non riuscendosi a muovere e a scappare, anche se le sue condizioni gli parvero poco adatte ad ammazzare persone. Il ragazzo, infatti, realizzando cosa era successo, cominciò a ridere sotto lo sguardo confuso di Jimin.

Coldness; m.yg [SEQUEL]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora