dodici.

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Era una mattina di fine settembre, Hae non doveva lavorare perché il suo datore di lavoro aveva assunto un'altra ragazza per aiutarla, quindi le ore di lavoro si erano notevolmente ridotte. Jiyeon, tra l'altro, era una tipa davvero simpatica, sempre su di giri e non riusciva a stare ferma per più di due

minuti, l'esatto opposto di Hae. In pochi giorni avevano legato molto e alla ragazza faceva davvero piacere poter pensare di avere un'amica. Dopo così tanto tempo, finalmente era riuscita a far entrare qualcuno nella sua vita che non fosse un uomo, ma una ragazza della sua età che potesse comprenderla come solo le donne sanno fare.
Quel giorno si erano scambiate i turni perché Jiyeon doveva accompagnare sua madre in ospedale per fare dei controlli e così Hae aveva la mattina libera. La ragazza ne approfittò e chiese a Jimin se avesse del tempo da dedicarle, il quale affermò con sicurezza di essere liberissimo anche se non era così, solo per poter finalmente poter parlare un po' con Hae in tranquillità.
Era ancora abbastanza presto quando i due si incontrarono. Per le strade non vi era molta gente, bambini e ragazzi erano già entrati a scuola da un po' di tempo e quindi vi erano poche possibilità per Jimin di essere riconosciuto da qualcuno, anche perché a Seul non erano ancora abbastanza conosciuti avendo trascorso il loro primo anno di carriera tra le strade giapponesi.
Camminavano lungo la via dei negozi che man mano cominciavano ad aprirsi al pubblico, uno accanto all'altro, senza troppa fretta.
Hae indossava una leggera giacca di jeans, mentre Jimin portava una camicia di cotone a maniche lunghe, di un blu pastello, e la mascherina per coprire il viso era in quel momento abbassata sotto il suo mento.
"Allora, cosa hai da raccontarmi?" Le chiese Jimin con quel suo tono di voce così soffice che anche Hae vi si adattò quando gli rispose per non rompere la magia da lui creata.
"Sembrerà incredibile, ma in quest'anno per me non sono cambiate tante cose,"
Jimin la guardò scettico "stai scherzando? Sei andata a vivere da sola, hai trovato un nuovo lavoro e nel frattempo stai continuando gli studi, se non vogliamo parlare di aver trascorso un anno senza il tuo ragazzo e me, la persona più fantastica che conosci!" Il ragazzo dischiuse le labbra per mostrare una finta incredulità, alleggerendo la conversazione, anche se non aveva detto nessuna falsità.
"Nella lista delle cose da fare mi manca ancora: diventare una star," scherzò lei, ammiccando in sua direzione.
Jimin rise, tornando a guardare la strada dinanzi a sé, il Sole che man mano si levava in cielo.
"Lo so, lo so. Diventare una star non è una cosa da tutti," disse Jimin reggendole il gioco, anche se quel rimarco lo aveva imbarazzato, perché uno: Jimin non si sentiva una star e due: non era abituato a stare al centro dell'attenzione, per quanto non gli dispiacesse.
"Che ne diresti se ti invitassi a casa mia per bere qualcosa di buono e parlare comodi sul divano? Così ti faccio anche fare un giro della mia nuova dimora." Sorrise Hae, strofinandosi le mani emozionata.
"Accetterei volentieri il tuo invito," le rispose Jimin, con il suo sorriso dolce ed educato.

Dopo la loro passeggiata, i due si diressero dunque a casa di Hae, a pochi metri dal centro.

L'appartamento della ragazza era riconoscibile tra tutti gli altri perché si distingueva per il blu chiaro delle pareti esterne e per le tante piante che crescevano tranquille beandosi quel poco di sole che restava ancora dell'estate ormai giunta al termine. Appartenevano alla nonna di Hae, la signora le curava con tanto affetto come se fossero anche loro parte della famiglia e la nipote si sentì in dovere di continuare a prendersi cura di loro in onore della nonna defunta. Tra quelle piante, soprattutto tra le più alte, spesso si nascondevano dei micini e questo era un motivo in più per non toglierle e inoltre davano un certo tocco di curato e grazioso a tutto lo stabile.

A Jimin piacque molto quella visione, soprattutto fu felice di scovare tra le foglie un piccolo gattino che con le sue zampette corte cercava di arrampicarsi, fallendo miseramente.

"È incredibile come questo posto ti rappresenti," disse ad un certo punto il ragazzo, guardandosi curioso intorno mentre Hae lo accompagnava alla porta, sorridendo per le sue parole. Quando entrarono Jimin rimase ancora una volta stupito per come tutto era così piccolo e carino, dando nel complesso un'aria accogliente. Hae si era stabilita in quella casetta da qualche settimana, quindi ogni mobile e decorazione era ormai al suo posto. Un divano coperto di una tela blu notte era rivolto verso la tv di un modello antico, abbastanza spessa da potervici appoggiare sopra una candela, spenta per non dare fuoco all'intera casa. Il mobile sul quale era appoggiato il televisore, possedeva delle mensole dove erano appoggiati alcuni libri sistemati in ordine di colore e dei cofanetti di dvd. Alle pareti era attaccata una carta da parati vintage, ma ancora in perfette condizioni e dei quadri contenenti foto della famiglia di Hae, così che quest'ultima non potesse mai sentirsi sola.

Coldness; m.yg [SEQUEL]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora