59. Hymn for the weekend

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Canzone per il capitolo:

Hymn for the weekend – Coldplay

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Sara

Mi piacerebbe molto venire stasera... ma sinceramente, non saprei dove portarti a cena.

Il messaggio di Leonard mi fa sorridere di tenerezza. Con un ultima sbirciata fuori dalla porta del bagno, mi assicuro che Lavinia non venga a controllare cosa stia facendo e digito la risposta.

Non preoccuparti. Conosco una pizzeria molto buona in centro. Stiamo cercando di avvicinare Timon e Nate e pensavo di invitare anche loro, così magari riescono a combinare qualcosa. Pensi di essere pronto per le otto?

« Ecco dove ti eri cacciata! » sbotta Lavinia con agitazione quando, infilando la testa dalla porta, mi scopre con il telefono in mano. « Pensi di tornare a lavoro entro breve o devi ancora stare attaccata al tuo cellulare? Devo andare in bagno e se tu stai qui, io non posso. »

« Scusami, ho finito. »

Abbandonando il telefono nella mia borsa, torno al negozio con uno sbuffo ben udibile. Purtroppo oggi siamo soltanto io e Lavinia nel turno e, ovviamente, non è possibile stare entrambe nel retro del negozio, lasciando la cassa senza sorveglianza. Però, mentre lei può fare fondamentalmente tutto quello che le pare dato che è la responsabile, io invece sono costretta a sottostare alle sue regole. Di solito passa più di quindici minuti in bagno, a volte per fumare o per fare chissà cos'altro, eppure io non posso dirle nulla.

Oggi pomeriggio il negozio è abbastanza affollato; corro a destra e a sinistra per servire i clienti, ma per fortuna non incontro nessun maleducato e riesco persino a sentirmi utile quando indovino la camicetta adatta a una signora di mezza età che fatica a trovare abiti adeguati al suo seno prosperoso. Una volta alla cassa, le porgo lo scontrino con un sorriso educato e quando la osservo uscire dal negozio... eccolo rientrare nel mio campo visivo. Christian è solo; lascia passare la donna dalle porte a vetri prima di entrare, individuandomi subito con lo sguardo. Respiro più volte per placare l'agitazione. Devo ammettere che come il mio corpo reagisce alla sua presenza, non mi capita con nessun altro.

« GG, come te la passi? » esordisce con un gran sorriso sfacciato quando lo raggiungo.

« Lavoro, mi annoio... il solito. E tu? Cosa ci fai qui? »

« Mi annoio, il solito... allora, mi ha detto Nate che sei riuscita a convincerlo a venire a cena con te e la tua amica. »

« Ho insistito e ho convinto Timon a chiederglielo. A essere sincera non pensavo riuscisse a farlo. Nate cosa ti ha detto? »

Alza le spalle e si avvicina al reparto uomo, dove le camicie riposano sui ripiani ben ripiegate dalle mie mani attente. « Non ha detto molto, ma credo che se la stia facendo sotto. Quell'irlandese non ha mai smesso di parlare un secondo da quando l'ho conosciuto sull'aereo, mentre oggi invece è stato zitto tutto il tempo... Immagino che a cena venga anche quello. »

« Si chiama Leonard », gli faccio notare alzando gli occhi al cielo. « E sì. Sarà un'uscita a quattro. »

Sospira rapidamente, ma non commenta oltre. Si concentra su una delle camicie impilate, nera con il colletto e i polsini bianco gesso, e prende a spiegazzarla per estrarre il cartoncino con la taglia e il prezzo.

« Che diamine stai facendo? » Tolgo le sue mani da lì e tento di rimetterla in sesto. Se esiste una cosa al mondo che odio davvero fare oltre a stirare, questa è di certo ripiegare le camicie così come vuole Lavinia.

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