55 - Amber Smith

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SAVANNAH'S POV.

Vederlo così immobile mi stava distruggendo.

Dicono che le persone in queste condizioni riescano a sentirti ma non sapevo se fosse solamente una diceria per fare stare tranquilla la famiglia del paziente in questione.

Avrei voluto delle risposte, vedere il suoi occhi magnifici, ammirare i suoi sorrisi o almeno sentirmi dire "ciao" ma, in cuor mio, sapevo benissimo che sarei uscita da quella porta senza niente di tutto ciò.

Singhiozzavo bagnando di lacrime il camice immacolato del ragazzo dinnanzi a me, aspettando qualcosa che non sarebbe mai arrivato.

Ormai non ce la facevo più a vederlo in quello stato, così mi misi in spalla lo zainetto che avevo portato con me e feci per salutarlo.

"Non so quando ci rivedremo, ma fino ad allora ti amerò." Lo rassicurai fissandolo per l'ultima volta, dai suoi capelli ora mossi fino alle sue mani pallide in cui entravano alcuni tubicini.

Come se mi avesse sentito una delle sue mani tremò impercettibilmente per forse un secondo.

Senza pensarci due volte, sbigottita ma piena di speranza, corsi fuori dalla stanza.

"Eduardo si è mosso!" Urlai verso le macchinette in fondo al corridoio per poi notare Bianca, Josè, Emily e Jay seduti proprio davanti alla porta della camera.

Bianca scattò in piedi come una molla e corse verso il corpo inerme del figlio.

In un attimo gli eravamo tutti intorno intenti a fissarlo in attesa di un altro segno che, però, non arrivò mai.

"Forse me lo sono solo immaginata..." Ammisi a me stessa sentendomi anche in colpa per aver dato una speranza che ormai non vi poteva più essere.

"Non ti preoccupare cara, ora andiamo a casa." Disse Bianca prendendomi per le spalle ed accompagnandomi per tutto l'ospedale fino alla macchina.

L'ammiravo perché era una donna forte nella sua debolezza.

Stava assistendo alla morte del proprio figlio senza battere ciglio e tenendosi tutto il suo dolore per sé, esattamente come avevo sempre fatto anche io.

Eravamo molto simili io e Bianca e per questo avevamo creato un rapporto speciale sin da subito.

Verso sera io e Jay apparecchiammo la tavola mentre Bianca e Josè ci cucinarono un piatto di spaghetti al sugo in nostro onore.

La cena andò liscia ma nessuno osò fiatare: si percepiva il nervosismo, la preoccupazione e l'impotenza tipica di quella situazione in cui stavamo tutti vivendo.

L'unico suono proveniva dai gridolini di Emily che, nella sua innocenza, non comprendeva la sua sfortuna: non avrebbe mai conosciuto suo fratello, un ragazzo pieno di emozioni pure e genuine che solo io avevo avuto il piacere di scoprire.

Subito dopo cena io e Jay ci recammo nella nostra camera in completo silenzio, presi il mio pigiama e andai in bagno a lavarmi per poi coricarmi a letto.

Scrissi un messaggio a Sole in cui le auguravo la buonanotte e, quando Jay mi raggiunse a letto, posai il telefono sul comodino al mio fianco pronta per porre fine a quella giornata.

"Sei sicura che per te non sia un problema dormire insieme?" Mi domandò per l'ennesima volta.

"Sei il mio migliore amico Jay, perché dovrebbe essere un problema?" Dissi con fare ovvio.

"Ok... hai un fazzoletto? Credo di essermi raffreddato." Domandò tirando su col naso.

Mi girai verso il comodino per cercare un pacchetto e controllai anche all'interno del cassetto ma vi trovai altro: scovai la foto che ci avevano scattato in Brasile quando Eduardo si era tinto i capelli di biondo e la foto che mi aveva fatto sul cavallo.

Feel it 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora