45 - Partenze anticipate

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Accarezzare la sua guancia ruvida a causa di un leggero velo di barba era rilassante.

Eravamo entrambi stesi nel mio lettone a castello, sotto le coperte calde.

Amavo l'inverno perché il freddo mi rigenerava ma, allo stesso tempo, potevo avere tutto il caldo di cui avevo bisogno.

Amavo stare sotto le coperte calde a dormicchiare o a guardare film, o anche solo a pensare.

"A che pensi?" Mi domandò il riccio smettendo per un secondo di accarezzarmi i capelli.

"A quanto mi piace tutto questo." Ammisi io appoggiando una mano sul suo petto da cui percepii il suo busto tonico.

"Cosa precisamente? Intendi noi?" Chiese voltando il viso dalla mia parte per guardarmi nonostante fossimo immersi nel buio della camera, illuminata unicamente dal fascio di luce che filtrava dal piccolo spiraglio della porta del bagno.

"Anche." Scherzai io.

Non volevo che sapesse che stavo pensando a noi così rilassati e tranquilli ma, allo stesso tempo, riflettevo anche sulla possibilità remota di rivedere Eduardo una volta tornata in America.

"Non so come farò quando te ne andrai..." Ammise il riccio, tornando a guardare il soffitto.

"Non lo so nemmeno io. Vorrei non doverti lasciare." Sussurrai piano, come per non farmi sentire neanche da me stessa.

"E se non ci lasciassimo?" Mi domandò come se avesse avuto il lampo di genio.

"Cioè?"

Non riuscivo a capire quel suo filo del discorso incomprensibile.

"Possiamo rimanere insieme. Potrei venirti a trovare in America, tanto nella mia università non c'è l'obbligo di frequenza. Mi farei passare tutti gli appunti dal mio migliore amico e tornerei a Londra nei giorni d'esame." Esclamò convintissimo di aver trovato la soluzione più adatta.

"Edward, ci sarebbe un oceano intero da attraversare. Non posso farti fare tutti questi viaggi!" Gli ricordai io palesemente sorpresa.

"Savannah, io non voglio perderti. È dalla sera che ti ho conosciuta che non riesco a fare a meno di te." Mi spiegò voltandosi dal mio lato.

"Sì, ma dove dormiresti? Non avresti una macchina e neanche un lavoro..." Cominciai a farneticare io quando lui mi prese per i fianchi.

Lo sentii vicinissimo, il suo respiro sulla mia bocca e le sue gambe attaccate alle mie.

Mi rannicchiai sempre di più contro il suo petto ed inspirai il suo profumo che sapeva di bucato.

"Vedrai che troveremo un modo per stare insieme." Mi rassicurò il riccio continuando ad impastare i miei capelli e sfiorandomi la schiena con l'altra mano.

Avrei voluto che tutte le possibilità che voleva darmi Edward me le avesse date anche Eduardo.

Ma forse il brasiliano aveva preferito non credermi perchè a lui faceva più comodo andarsene.

Forse ero un peso troppo immenso per lui o forse non lo ero stato abbastanza.

Con mille domande nella testa mi addormentai tra le sue braccia calde e toniche.

Non sentii neanche Ginevra e Saul tornare in camera quella sera per la troppa stanchezza e il nervosismo accumulati.

Quando mi risvegliai la mattina dopo, Edward era ancora girato dall'altra parte immerso nel mondo dei sogni.

Non riuscendo a rimanere un attimo di più nel letto, mi alzai per scendere con cautela le scale e dirigermi in cucina dove non vi era ancora nessuno.

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