Capitolo 1.
Sinistra, destra, libero, accelera.
Ennesimo incrocio, ennesima strada, ennesimo giro in macchina senza alcuna meta. Ma in fondo ciò che conta è il viaggio non la destinazione, no?
Sicuramente chi ha enunciato questa massima di vita, aveva molti pensieri per la testa, proprio come me in questo momento.
Ho sempre amato viaggiare in auto, o in pullman, o anche in moto. Ho sempre amato il movimento. Quello intorno a me, però, non il mio. Mi sono ritrovato tante volte seduto in auto con lo sguardo rivolto verso il finestrino a osservare le case e le piante muoversi a ritmi sempre costanti, mentre io fermo, immobile, sul sedile della macchina li lasciavo correre via davanti ai miei occhi, accompagnati dal suono della musica sempre pronta a pomparmi nelle orecchie. L’ho sempre trovato confortante, l’idea di poter osservare da spettatore incolume dietro un vetro, la miriade di persone e cose che fuori dal mio abitacolo si muovono frenetiche, costrette a correre e a evolversi costantemente. Mi sono sempre crogiolato nella convinzione effimera, che seduto sul mio sedile, con in dosso la mia cintura e la musica a tutto volume a estraniarmi dal mondo circostante, io fossi protetto, avulso ai cambiamenti dettati dal tempo, la ragione, il destino. La pura realtà, è che ho sempre vissuto in un mondo fatto di spettri. Mi sono sempre diviso in due vite parallele. Ho sempre vissuto nella più totale e opprimente paura.
La realtà, è che ho un’irrazionale paura del cambiamento. Il me stesso seduto in macchina a osservare il mondo intorno a me muoversi e andare avanti, in totale indifferenza nei miei riguardi, è l’esatta metafora della mia vita. Io sono fermo. Tutto intorno a me muta, si evolve, mentre io non riesco a compiere nemmeno un passo verso alcuna direzione. Continuo a sfrecciare a tutta velocità per le strade, ma la realtà è che IO, sono fermo, è il mondo intorno a me a muoversi. Non so dire per certo quando tutto è cambiato. Quando io, sono cambiato. Una volta, il cambiamento non mi faceva così paura, una volta ero io stesso ad andare incontro a nuove esperienze, buttandomici a capofitto, senza paracadute, senza la benché minima paura di schiantarmi al suolo. Adesso invece sono semplicemente il fantasma di ciò che ero un tempo, e nonostante lo riconosca, non faccio nulla per far cambiare le cose. Sì perché ciò comporterebbe rischiare, ed io, non ne sono più capace. Non sono più in grado di uscire di casa senza la minima idea di come si svolgerà la mia giornata, prendendo tutto così come viene. No, adesso deve essere tutto prestabilito anzi tempo, devono essere valutati tutti i margini di errore e prestabilite le soluzioni a ognuno di essi.
Il sapere che sia rimasto solo l’involucro di ciò che un tempo fossi, mi porta sempre più spesso a estraniarmi dal mondo che mi circonda. Sono più le volte in cui immagino di vivere la mia vita, che non quelle in cui lo faccio davvero. Il punto è che nella mia testa, posso essere ciò che voglio, quando voglio, dove voglio. Posso provare emozioni, senza aver paura di rimanere scottato, posso rischiare senza la preoccupazione di apparire esagerato. Sono libero dal giudizio degli altri. Ma in fondo nemmeno nella mia mente sono davvero libero di essere ciò che voglio, perché nonostante tutto, il giudizio più pesante di tutti, resta comunque il mio. Sono sempre il primo a giudicare le mie scelte e le mie idee, in modo ancor più severo di come oserebbero fare gli altri, in modo ancor più influente. La realtà è che ormai sono schiavo di me stesso, delle mie fobie, delle mie manie e delle mie assurde convinzioni, che ai miei occhi appaiono dannatamente giuste. Continuo a domandarmi quando tutto è cambiato, ma la vera domanda che dovrei pormi, è quando deciderò di rimpossessarmi della mia vita, del vero me, quello di un tempo, che nonostante le macchinazioni, e le angosce, è ancora nascosto da qualche parte, in attesa di essere trovato e salvato. Forse il punto, è che non sono più in grado di ritrovarlo da solo. Il filo che mi sono lasciato in dietro con la speranza di non smarrire la strada del ritorno, ormai è diventato una matassa di pensieri e paure irrazionali, che m’impediscono di sbrogliare i fili in modo tale da ritornare indietro, e riportare a galla il vero Harry. Quello sempre allegro, con le fossette sulle guance e i ricci sbarazzini lasciati a ondeggiare al ritmo del vento. L’Harry sorridente, l’Harry vivo.
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Through the Dark
FanfictionDAL TESTO: Quando finalmente la campanella posta nell'andito al di fuori della nostra classe, annunciò il cambio dell'ora, qualcosa di totalmente inaspettato accadde. Non so dire quello che provai in quel preciso istante, né in quello subito dopo...