Capitolo 8

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Capitolo  8.

Liam

 

Quando finalmente Zayn riesce a prendere sonno sono le quattro del mattino e la mia maglia è madida di lacrime, le sue lacrime.  Quando mi sono presentato da lui dopo aver trascorso l’intera giornata a compilare scartoffie riguardanti gli inviti alla mia personale credevo che non mi avrebbe permesso di entrare, visto la crisi di cui ero stato testimone solo poche ore prima, invece, con mia grande sorpresa, una volta aperta la porta del suo appartamento, dopo le mie due toccate, mi ha semplicemente guardato per poi voltarsi e incamminarsi verso la cucina invitandomi tacitamente ad entrare a casa sua. Quello che più mi ha lasciato sorpreso, però, è stato il suo sguardo nel momento esatto in cui i suoi occhi si sono incontrati con i miei mentre stavo ancora sull’uscio. Per un momento i suoi occhi si sono persi, come se non fossi veramente io quello che stava osservando, come se in me vedesse qualcun altro, ma è durato solo una frazione di secondo, perché l’attimo dopo il suo sguardo è cambiato, facendosi consapevole che ero davvero io quello che aveva davanti, e a quel punto è mutato ancora una volta, e ciò che vi ho letto dentro è stata rassegnazione.

Abbiamo cenato in silenzio uno di fronte all’altro seduti sul divano del salotto con le ginocchia portate al petto e i piedi scalzi, una volta terminata la cena Zayn si è alzato senza proferire parola e si è dileguato in camera da letto. Per un momento ho pensato di alzarmi e andare via, ma nonostante lo conosca da appena una settimana, ho sviluppato un senso di protezione e affetto nei suoi confronti, e questa volta non ho intenzione di mollare senza lottare, se mai vorrà tenersi lontano da me, allora dovrà essere lui a cacciarmi via, perché questa volta non sarò io il codardo. In passato non sono stato in grado di impormi per la persona che amavo, per la persona più importante della mia vita, e nonostante abbia fatto ciò che ho fatto solo con l’intento di proteggerlo, non posso negare che mi pento ogni giorno di averlo abbandonato proprio nel momento del bisogno. Questa volta, però, sarà diverso, Zayn sarà il mio riscatto.

Dopo l’iniziale momento di incertezza, mi sono fatto coraggio e l’ho raggiunto nella sua camera. Il suo corpo era sul letto, totalmente avvolto dal piumone e l’unica cosa in grado di affermare la sua presenza li sotto, era un ciuffo di capelli corvini che fuoriusciva da uno spiraglio lasciato aperto per far passare l’aria, forse.

Mi sono avvicinato a lui senza indugio e una volta poggiato il peso del mio corpo su di un ginocchio posato sul letto, l’ho privato delle coperte rivelandolo con in dosso solamente una maglietta logora di una qualche band indie a me sconosciuta e dei boxer neri. In un altro momento la sua mise, quasi del tutto inesistente, mi avrebbe portato a privarlo di quei due straccetti e farlo mio prima sul letto e poi sul piumone posato a terra come tappeto, ma in quel momento, la visione di Zayn, l’artista pluripremiato e ragazzo desiderato per eccellenza, mi fece solo stringere il cuore. Sembrava più piccolo di almeno sei anni, i capelli scomposti, il viso deformato da una smorfia di dolore, le guance segnate dal passaggio delle lacrime appena versate e il corpo rannicchiato in posizione fetale. Zayn in quel momento era solo un uomo distrutto. Da cosa non lo sapevo, ma lo avrei scoperto presto.

Ricordo ancora il giorno in cui fumai la mia prima sigaretta, e ricordo perfettamente chi fu testimone con me di quella prima esperienza. Harry.

“Sul serio Liam io non penso che sia una buona idea, insomma, sai che queste sono quel genere di cose che farebbe Tack Connor, e quello si veste con tutti quegli abiti scuri e ha la faccia piena di piercing per non parlare di tutti quei tatuaggi, e .. poi scusa posso almeno sapere da chi l’hai presa?”

Adoravo Harry, era il mio migliore amico praticamente da sempre e da sempre testimone delle mie bravate. Non che fossi un bulletto o uno scapestrato, ma mi piaceva fare nuove esperienze e divertirmi, e il tutto risultava ancora migliore se insieme a me c’era anche lui. ecco perché quel giorno mi ero presentato a casa sua con una sigaretta in una mano e un accendino in un'altra.

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