- sul ponte di un traghetto credevo di vedere dentro il mare il tuo riflesso
Due settimane da quando si era trasferita, due settimane da quando era tornata a casa sua, due settimane che Luna aveva preso l'abitudine di camminare per le strade di Los Angeles all'alba, il cappuccio grigio della felpa sulla testa e le solite cuffie nelle orecchie. Era quello il suo modo per isolarsi dai rumori delle prime auto in movimento che le ronzavano intorno e qualsiasi altro rumore poteva giungere alle sue orecchie. Camminava per le strade ancora silenziose alle prime luci di un'altra nuova giornata ascoltando in silenzio forse tutte le risposte che cercava alle sue domande, tutte quelle risposte che forse aveva anche paura ad ascoltare davvero. Le piaceva davvero camminare e osservare la città che alle cinque di mattina poteva ancora considerarsi tranquilla. Tutti erano ancora troppo impegnati a cercare conforto nei propri letti caldi, troppo impegnati a sfruttare al meglio quei pochi minuti che mancavano al suono delle loro sveglie metalliche e rumorose prima di affrontare un'altra giornata stancante di lavoro, o di studio per altri di loro. Ma per Luna quello era decisamente il momento migliore, il nero del cielo notturno che piano piano stava lasciando il posto al limpido cielo azzurro, la luna che ancora era un pò visibile li in alto tra le nuvole mentre i primi raggi del sole facevano capolino all'orizzonte.
Quella mattina si era svegliata di soprassalto a causa dello stesso incubo che sembrava aver deciso di perseguitarla da qualche mese. Non appena chiudeva gli occhi quella notte le appariva così nitida nella sua mente, puntuale come un orologio che suona allo scoccare della mezza notte. E ogni volta si sentiva mancare il respiro per qualche secondo, le si formava una voragine nel petto che non sarebbe mai riuscita a colmare. Fingeva un sorriso e andava avanti ma non bastava più ormai.
Incrociò le braccia attorno alla felpa quando sentì un brivido di freddo per il contatto con la sabbia umida sotto i piedi. Il silenzio regnava sovrano su quella spiaggia quella mattina, l'unico rumore che si poteva sentire era il fruscio del vento e l'infrangersi delle onde contro le rocce, rumore che per lei era ossigeno puro. Uno di quei rumori silenziosi che ti danno pace; e quel semplicissimo contatto le riportava alla mente le infinite passeggiate fino a vedere il sole sparire nell'acqua cristallina, la sua voce che ora poteva sentire fin troppo chiaramente come se fosse seduta proprio li accanto a lei.
Le spuntò un sorriso sincero sulle labbra rosee e sottili. Bagnò i piedi nell'acqua salata e gelida chiudendo gli occhi beandosi di quella sensazione di libertà che non riusciva più a provare da molto tempo. Oceano e musica erano per lei la combo perfetta facendola sentire terribilmente viva. Quel leggero venticello fresco le accarezzava le guance e le mani che stringevano quel ciondolo che portava sempre appeso al collo, un oggetto banale infondo, ma non per lei. Lo teneva stretto come se potesse perderlo da un momento all'altro, come se fosse il più prezioso dei tesori trovato su un'isola deserta.
Passo dopo passo vedeva le orme sulla sabbia che avevano lasciato i suoi piedi prima di sparire nell'acqua gelida fino ad arrampicarsi sugli scogli e scorgere l'oceano in tutta la sua immensità e notare quanto si era spinta in la. Sbuffò trattenendo una risata allontanando i pensieri mentre il telefono iniziò a vibrare insistentemente nella tasca dei suoi jeans chiari strappati. Mise in pausa il flusso della musica che continuava leggera in quelle cuffie per sbloccare il telefono restando sorpresa nel trovare almeno dieci messaggi da parte di Dylan..
Quella risata, poi, si ampliò l'immaginare la sua faccia buffa e rossa per non averla trovata a letto, la sua tipica faccia con il naso arricciato di quando si preoccupava troppo e poteva prevedere già la ramanzina che la aspettava non appena l'avrebbe vista e come dopo un solo secondo, però, si sarebbe ritrovata schiacciata in un abbraccio cercando di incatenarla.Lesse velocemente il messaggio mentre ripercorse il sentiero a ritroso sapendo di tornare a casa per evitare che gli venisse davvero un infarto stavolta.
" dove sei finita piccola peste? Torna sul pianeta terra e chiamami prima che il mio cuore si fermi"
Rise pensando che lei era davvero un disastro, riuscire a capirla era un'impresa e spesso si era trovata a domandarsi cosa avesse fatto di così bello nella sua vita, o in una vita precedente perchè no, per meritarsi una persona come lui accanto a se. A volte si sentiva persino un peso, lui avrebbe potuto continuare a vivere da solo in quel bellissimo appartamento con la sua bellissima fidanzata, invece aveva scelto di farla restare e vivere tutti e quattro insieme in quell'appartamento decisamente enorme ma caloroso. Aveva cambiato i suoi piani, le sue abitudini per lei ma a Dylan non importava neanche un pò in realtà.
***
Non era stato necessario prendere le chiavi per aprire la porta , non era necessario bussare o emettere qualche tipo di rumore per entrare dentro casa, non era necessario perchè un ragazzo moro alto 1,80 si presentasse davanti ai suoi occhi con tutti i capelli arruffati, gli occhi scuri completamente spalancati, quel naso all'insù che lei adorava e le labbra accartocciate.
Luna rise nel vederlo così buffo e concentrato allo stesso tempo mentre la osservava fingendosi arrabbiato con le braccia incrociate sul petto e lo sguardo fisso su di lei, cercando di restare serio come un padre fin troppo protettivo con la figlia più piccola. Ma nonostante gli sforzi del moro era bastato fargli un piccolo sorriso sbattendo le sue lunghe ciglia scure per fargli cambiare espressione, come sempre." scusami.. ti voglio bene Dyl"
gli disse dopo qualche secondo continuando a ridacchiare tra se e se trascinando anche lui alla fine.
Dylan si maledisse mentalmente perchè non riusciva a restare arrabbiato con lei per più di due secondi, di come una sua piccola frase o un suo semplice sorriso bastavano a farlo sciogliere completamente come ghiaccio al sole." non ti dirò che mi hai fatto preoccupare da morire, non ti dirò che stavo dando di matto e che stavo per uscire con il pigiama a cercarti perchè non renderebbe a pieno l'idea.. ma penso sia il caso che la prossima volta che ti salta in mente di sgattaiolare via nel cuore della notte avvisami, non so un biglietto o un segnale di fumo accidenti.."
le disse il moro senza prendere fiato tra una parola e l'altra provocando una risata ancora più grande da parte di Luna, soprattutto a causa di quella vena enorme che si gonfiava sempre di più e che pensava potesse esplodere da un momento all'altro.
" o meglio la prossima volta che decidi di andare al mare portami con te "
" cosa ti dice che io sia andata li?"
" ti conosco.. e io avrei fatto lo stesso scricciolo"
Quel soprannome, quel piccolo nomignolo le era sempre piaciuto, fin dal primo istante che le fu attribuito. Era piccola lei in tutto e per tutto, sempre sulle nuvole a sognare ad occhi aperti. A Dylan bastava guardarla per sapere esattamente cosa le stesse passando per la mente in quel momento. Sapeva che lei adorava quando la chiamava così, e non gli veniva difficile chiamarla così, lo aveva scelto lui e gli sembrava la cosa più naturale del mondo.
Lui non avrebbe mai potuto dimenticare niente. Dalla prima volta che l'aveva vista aveva sentito dentro di se il desiderio impellente di prendersene cura, di stringerla tra le sue braccia quando faceva un incubo, di alleggerire anche solo un pò la sua mente sempre piena di pensieri, di godere di quel sorriso spontaneo che le disegnava le labbra quando vedeva qualcosa che le piaceva, di quegli occhi che guardavano tutto attorno a se con estrema curiosità e genialità.
Era la donna più forte che lui avesse mai conosciuto, il suo piccolo uragano con quel sorriso che riusciva a contagiare chiunque nel raggio di chilometri e chilometri anche nei momenti più improponibili e Dylan aveva sempre ammirato questo lato un pò nascosto di lei, ma sapeva anche quanto allo stesso tempo lei potesse essere fragile e quanto avesse bisogno di amore, e di amare in maniera incondizionata." sarai sempre il mio piccolo scricciolo"
nel pronunciare quelle parole si sentì così fortunato ad averla nella sua vita, quando riusciva a farla sorridere con così poco, così fortunato a sentirsi invincibile per qualcuno.
" e tu sarai sempre il mio piccolo grande eroe"
non erano sicuri, infondo, di meritare quel bene.. non erano sicuri infondo che sarebbe stato tutto sempre così, leggero e perfetto.. non erano sicuri che le cose nel corso delle loro vite non sarebbero mai cambiate, ma di una cosa erano sicuri, di una sola cosa avevano la certezza.. che nessuno li avrebbe mai divisi.
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A un passo da te
Chick-Lit"E tu in che cosa credi? Nel destino o nelle coincidenze? Io semplicemente credo, per pura pigrizia o per estrema genialità, nella casualitá di coincidenze desinate a coincidere "