IX

3K 178 83
                                    

Immersa nel buio più totale, facevo ciondolare le gambe dal letto e le muovevo in sincronia, ripetendo mentalmente una melodia che solitamente suonavo al pianoforte. Ancora non potevo crederci di aver rivisto Damon, ma un dolore al petto mi fermava il fiato quando ricordavo la bestia che era diventato.

Aveva osato colpirmi non una, ma ben due volte e la storia che aveva inventato su me e lui faceva ridere persino i ragni sul davanzale della finestra. Era impossibile che io e lui fossimo legami, non poteva essere vero, ma mi sembrava così convinto quando lo aveva detto.

Ripensai ai bellissimi momenti passati insieme e mi salirono le lacrime agli occhi, pensai anche ai miei genitori; mia madre sarebbe morta di crepacuore una volta ricevuta la notizia. Sorrisi, quando ricordai che lei era immortale, perfetto.

Provai ancora una volta a maneggiare con il mio braccialetto, ma non riuscii a toglierlo. Ricordai che la mamma mi disse cosa fare per toglierlo, ma in quel momento proprio non ricordavo.

La porta della camera in cui ero venne aperta e si presentò la stessa ragazza della scorsa volta. «Bevi, è acqua», mi porse una brocca di legno.

Subito l'afferrai e bevvi, impossibile che al suo interno ci fosse qualcosa di velenoso, sarebbe stato incoerente con il mio rapimento. Non sapevo esattamente quanto tempo fosse passato, ma lo stomaco brontolava e la gola era secca, nonostante l'acqua appena bevuta.

Dopo di lei, fece il suo magnifico ingresso colui che popolava i miei pensieri. «Se vuoi restare sana e salva qui, dovrai seguire alcune mie regole.»

«Buongiorno anche a te Damon, sempre se siamo in pieno giorno... non so esattamente che ora sia.»

Sospirò pesantemente e fece uscire la ragazza della stanza, che girò per tre volte la chiave. «Apri bene le orecchie, non lo ripeterò ancora una volta: uno, quando ti rivolgi a me devi parlarmi con il dovuto rispetto; due, devi sempre assecondare la mia volontà, qualsiasi essa sia; tre, se farai la brava, ti farò uscire da qui e anche fuori dal palazzo.»

Mi schiarii la voce, «uno, se qualcuno non mi rispetta, non vedo perché io dovrei farlo; due, non so cosa ti frulla in quella testolina maligna e non asseconderò mai le tue volontà; tre, dovresti conoscermi, Damon, sai che sono una ragazza ribelle.»

Ed ecco che un altro potente ceffone arrivo dritto sulla gote sinistra e quella volta mi colse talmente di sorpresa che non riuscii a non perdere l'equilibrio e cadere a terra.
«Io non rispetto i figli di bastardi assassini, se non vuoi capirlo con le buone, lo capirai con le cattive.»

Mi portai una mano sulla guancia e le lacrime subito salirono, non erano comandate da me, salivano da sé.
«Sei diventato un mostro!! Preferisco di gran lunga il bambino che mi coccolava e mi portava nel campo di margherite!!», urlai, singhiozzando.

Gemetti dal dolore quando una ginocchiata mi arrivò dritta allo stomaco e mi ritrovai piegata in avanti e a carponi.

«Viola le regole e farò peggio di così.»

«Allora comincia a preparare altre punizioni, perché sarà sicuramente peggio di cosi», gemetti ancora e mi rannicchiai al suolo.

Si avvicinò e si abbassò alla mia altezza, sorridendomi beffardo. «Più che altro dovresti prepararti tu. Quando ti rivolgi a me devi darmi del "voi", intesi?»

«Mai, Damon, non ti ho mai dato del voi e mai lo farò!», non demorsi.

Chiusi gli occhi e mi preparai a ricevere un altro colpo, che non tardo ad arrivare, insieme ad un secondo e ad un terzo. Mi chiusi nel mio guscio e i suoi colpi vennero parati dalle mie braccia e dalle gambe. Ad ogni colpo ci metteva sempre più forza. Sentivo le gambe chiedere pietà, così come le braccia, ma il mio pianto non lo fermò, anzi.

Non mi stava punendo perché gli avevo mancato di rispetto, lo stava facendo per odio e per vendetta. Su di me stava riversando tutta la sua rabbia, finché non arrivò qualcuno che lo trattenne e lo allontanò da me.

Fu allora che tolsi le braccia dal viso e lo osservai, vedevo sfocato ed avvertivo del bruciore dappertutto.
«Cosa l'ammazzate!», urlò un uomo dall'armatura scura.

Damon si scansò dalla sua presa e andò via, l'uomo lo seguì e chiuse a chiave la stanza.
Mi rannicchiai al muro e, con un veloce gesto, strappai la veste della mia gonna, avvolgendo la stoffa sulle ferite. Avevo una guarigione veloce, ma per giorni sarebbero rimasti i lividi.

Mi ritrovai a pensare a mia madre e alla sua protezione che in quel momento desideravo più di ogni altra cosa al mondo. Non riuscivo nemmeno ad alzarmi e avvertivo la gote pulsare.

Passò non so quanto tempo, ancora non capivo se fosse giorno o notte, né tantomeno quanti giorni fossero passati. Se la sua prossima punizione era farmi partire la fame e la sete, ci stava riuscendo alla grande.
Mi bastava anche un semplice pezzo di pane, o del sangue, andava bene tutto.

I miei genitori mi avevano cresciuta come un'umana, limitando notevolmente la mia sete da ibrida, ma in caso di emergenza potevo ricorrere alla mia vera natura.
Chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dal suono del mio respiro.

«Papà era di nuovo arrabbiata con me!», dissi, sedendomi sulla staccionata.

«Sei di nuovo scappata di casa, è logico», sbuffò un piccolo Damon dai capelli lunghi e ricci.

«Non sono scappata, sa che vengo qui con te, eppure mi ha messa in punizione.»

Abbassai il viso e repressi le lacrime. Papà proprio non mi capiva, io necessitavo di passare del tempo con lui, lo desideravo!

Qualcosa mi solleticò sotto il naso e, quando abbassai lo sguardo, vidi una meraviglia margherita. «Non piangere, un giorno capirà.»

Gli sorrisi, afferrando la margherita e stampandogli un bacio sulla guancia.

Oh, Damon, non sapeva quanto mi mancava.

Spazio Autrice:
Come avete ben capito, in questa storia non ci sono legami basati su coccole e protezioni.
Damon sicuramente non è Abel e Jane è fin troppo orgogliosa per lasciarsi intimidire da lui.
Vi aspettavate un Damon tanto violento?
-Angel ❤️

Sentimenti Mai ProvatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora