XXXVI

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«M-Madre», dissi con voce roca e un paio di colpetti di tosse. Ero sdraiata sul letto e tutto attorno a me era illuminato dalla luce che provocava il camino.
Davanti a me, ai piedi del letto, vidi mio padre, mentre alla mia sinistra Angel.

«Come ti senti bambina mia? Sei crollata davanti ai nostri occhi», continuò lei in apprensione.

«Sto bene», annuii, alzando il busto. «Penso sia solo stanchezza.»
E realmente la pensavo così. Avevo ormai capito che in me non vi era nulla di anomalo, ma che esisteva uno spirito che si metteva in contatto con me. Il mio primo pensiero volò a Damon e a ciò che Ken aveva detto, poi mi ricordai che lui era nella stanza accanto e -come mi aveva detto- voleva fare ricerche per capire cosa non andasse in me.

«Per poco non morivo di crepacuore, pensavo che questa volta non vi sareste più svegliata», confessò Angel, «chi è Ken? Non facevate altro che ripetere il suo nome.»

Le lanciai una veloce occhiata, per poi concentrarmi sugli sguardi dei miei genitori. Le mani iniziarono a sudarmi e non sapevo cosa dire loro. Se avessi accennato qualcosa di Damon, mio padre avrebbe colto la palla al balzo e mi avrebbe ripetuto in eterno che aveva ragione e che Damon era pericoloso.
Ero incerta sulle parole di Ken, non potevo -anzi, non volevo- pensare che Damon ci avesse traditi, mentendo addirittura a me.

Ammisi a me stessa di non conoscerlo bene come pensavo, anche se più volte avevo provato a capirlo. Sospirai e tamburellai le dite sulle coperte bordeaux. «È un uomo, uno spirito che ha provato più volte a mettersi in contatto con me», confessai.

«Uno spirito? Non ho mai sentito qualcosa del genere e mi è sconosciuto anche il nome», intervenne mio padre.

«Vi dico la verità, si è messo in contatto con me dicendomi che era un amico di Caleb, ma una volta morto egli non lo ha lasciato riposare in pace. Mi ha riferito che siamo in pericolo», non sapevo che altro dire.

«Ne siamo già a conoscenza di questo enorme dettaglio. Ha detto altro?»

«No», scossi il viso, mentendo spudoratamente.

Sospirò e si passò una mano tra i capelli. «Va bene, riferirò tutto a William e vedremo cosa fare. Abbiamo fatto passi da giganti e, se ci attaccasserò nuovamente, sapremo cosa fare.»

«Dato che sapete dove si trovano, non potete fare voi un attacco a sorpresa?», chiese Angel.

«Sarebbe un suicidio, non sappiamo quanti uomini e creature ha a sua disposizione. Vado a scrivere a William, se Jane sta di nuovo male, chiamatemi», terminò come se io non fossi lì.

Mia madre restò con me per altri venti o trenta minuti, dopodiché anche lei andò via, dicendomi di voler riposare. Angel la seguì a ruota, non prima di avermi chiesto dove sia Damon; quest'ultimo, poi, si presentò in camera mia dopo dieci minuti.

Sicura come mai lo ero stata, presi un po' della polvere che mia madre mi aveva lasciato come difesa personale e gliela diedi. «Ecco a te la tua polvere.»

«Ho sentito tutto dalla camera accanto, prima o poi lo avrebbero scoperto. Sono rimasto molto sorpreso, però, dalla disponibilità di tua madre», disse, afferrando il sacchetto e sospirando.

Feci spallucce e mi sedetti al bordo del letto, «coraggio, usala.»

Aggrottò la fronte e mi fissò confuso, guardandosi poi attorno. «Su chi posso provarla?»

«Su me, sulla mia famiglia; siamo tutti a tua disposizione», pronunciai perennemente calma. La voglia di urlargli contro era tanta, ma con le urla avremmo solo attirato l'attenzione dei miei e non avremmo risolto nulla. Ero stanca, troppo stanca, più moralmente che fisicamente. Damon in quei mesi mi aveva distrutta troppe volte e la rivelazione di Ken era la goccia che faceva traboccare il vaso.

Sentimenti Mai ProvatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora