XV

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Proprio come la prima volta che mi aveva rinchiusa, Damon non si fece vedere per un bel po' di tempo. Quella doveva essere la sua stanza, prima o poi speravo che sarebbe entrato per prendere un qualsiasi oggetto, ma non fu così.

In quel misero castello vi erano tante camera e Damon poteva usarle tutte, di oggetti non aveva nulla con sé, poiché la sua vita non era lì, ma chissà dove.

Avevo provato a contattare mia madre in qualche modo, ma tutti i miei tentativi erano persi. Iniziai seriamente a pensare che sarei morta lì, ma ciò che più mi rattristava era la consapevolezza dell'immortalità. Sapevo di essere un ibrido e quindi immortale, non sarei mai morta, ma il mio corpo si sarebbe imbalsamato con il tempo, senza nutrimento. 

Chiusi gli occhi e sospirai, stavo aspettando il momento giusto, non potevo più stare lì: se dovevo morire, volevo almeno provare a scappare. Sapevo quanto Damon fosse forte, ma anch'io lo ero. Mio padre mi aveva sempre detto che ero dotata di una straordinaria velocità e ciò me lo avevano confermato anche le numerose gare vinte contro lui e Damon.

Ero leggermente più debole, ciò significava che la velocità era mancante, ma dovevo farlo. Lui era cambiato, non gli importava più nulla di me, né della sua famiglia. Volevo riportarlo a casa con me, ma non in quelle condizioni, non con rabbia repressa ed odio.

Quando sentii la porta cigolare, tutti i miei sensi si attivarono e mi alzai dal pavimento sporco. Come già sospettavo, eccolo lì che fa la sua comparsa.

«Spero che tu abbia-», ma nemmeno il tempo di terminare la frase, che presi la rincorsa e lo superai. Dalla velocità non riuscii nemmeno a vedere la sua espressione.

Ancora non sentivo i suoi passi dietro di me, ciò significava che la sorpresa era tanta, ma non mi fermai a controllare se fosse vero: i miei sensi era indeboliti, quindi vi era la possibilità che, invece, mi stesse inseguendo.

Corsi senza sapere dove andare, superai tutte le poche stanze in cui raramente ero entrata e, quando vidi il pesante portone, una gioia immensa mi investì.

Lo aprii e corsi via, mi guardai attorno e -con mia grande sorpresa- non vidi nessun uomo dall'armatura scura. Ero confusa, ma non mi importava.

Corsi fino al bosco, era notte, e dietro di me finalmente sentivo i passi di Damon e le sue urla. Mi stava chiamando e solo Dio sapeva quanto volevo corrergli contro e abbracciarlo forte.

Un senso mai posseduto si attivò, riuscivo a percepire chiaramente la sua posizione, avvertivo una strana voglia di attrazione verso lui e quel piccolo segno che avevo sulla caviglia cominciò a bruciare maledettamente.

In lontananza vidi una grotta, quindi decisi di nascondermi lì fino a quando non avrei capito cosa fare. Non ebbi nemmeno il tempo di avvicinarmi di qualche metro, che qualcosa mi afferrò le spalle e mi buttò a terra.

Ero pronta a vedere un Damon arrabbiato, ma ciò che vidi era un mostro: alto, possente, con occhi neri e pupille di un bianco luminoso. Mi stringeva i polsi sopra la testa e mi ringhiava contro.

Non era un demone, non era un vampiro, che diavoleria era? Non aveva pelle rosea, era bianca ed era privo di capelli. Metteva i brividi, dovevo liberarmi, ma era troppo forte.

«Lascia-», il respiro mi si bloccò e non ebbi la forza di continuare la parola. Sentii la pelle del collo essere perforata e un assurdo bruciore mi fece stringere gli occhi. Mi aveva morsa, ma non poteva essere un vampiro!

Dopo nemmeno dieci secondi dall'attacco, la bestia venne tolta con prepotenza dal mio corpo e -seppur non avessi forze- mi alzai barcollando. Quell'essere aveva succhiato la mia linfa per poco, eppure avevo perso molte più forze del dovuto.

Avevo le lacrime agli occhi, quindi vedevo sfocato e non capivo contro chi stesse lottando. Un fischio tremendamente fastidioso mi fece tappare le orecchie con le mani, ma ciò comunque gli permise di stordirmi.

Sempre barcollando, mi allontanai lentamente e -ancor prima di voltarmi per fuggire- fui afferrata nuovamente per le spalle. Spaventata subito tolsi le mani dalle orecchie e le misi attorno al collo, non volevo morire a causa di cose non identificate.

Sbattei le palpebre lentamente e un secondo dopo sussurrai: «Damon?», prima di crollare e non percepire più nulla.

[...]

Sentivo la gola secca e l'unica parola che mi venne in mente non appena presi coscienza fu: sete. Avevo tanta sete e attorno a me annusavo un delizioso odore di buon sangue.

Il mio primo istinto era quello di balzare in piedi e attaccare chiunque egli fosse, ma non riuscivo nemmeno ad aprire la mano stretta in un pugno. Feci, infatti, una notevole fatica per riuscire ad aprire gli occhi e quando vidi la stanza in cui ero, desiderai che quella cosa mi avesse ucciso.

«Finalmente ti sei svegliata.»

«Ho sete», riuscii solo a dire.

«Lo so, ecco perché voglio sigillare i tuoi poteri, non possiamo andare avanti così, non ho sempre delle scorte con me», mi allungò una brocca di legno ed era proprio da lì che proveniva quel delizioso odorino.

Con mia grande sorpresa, mi aiutò persino ad alzare il busto e ad afferrarla. Ero sicura che prima o poi sarebbe esploso, avevo tentato la fuga e mi avrebbe punito come suo solito.

In quel momento, però, non ci pensai. Ingoiai tutto il liquido al suo interno e il mio palato si deliziò, chiedendone disperatamente dell'altro. «Di chi è questo sangue?»

«La cosa non deve importartene. Spiegami con quale coerenza hai deciso di sfidarmi e provare a scappare.»

Ed ecco che partì all'attacco. «Preferisco essere uccisa da quei mostri, piuttosto che essere punita da te.»

Si alzò dalla sedia e iniziò a passeggiare per la stanza. «Non ci posso credere, le ho provate tutte, ma ovviamente lei è lei e con lei niente funziona. Eppure lo sapevo che sarebbe stato difficile, ma non fino a questo punto!», borbottava più a sé stesse che a me e lo faceva freneticamente.

«Damon», lo chiamai, «cosa sono quelle cose?»

Si fermò e si voltò verso di me, «sono le creature che abitano in questo posto, ma stai tranquilla, non arriveranno qui; in questo momento i miei uomini sono nella foresta e gli stanno dando la caccia.»

«Se questo posto è così pericoloso, perché mi hai portata proprio qui?»

«Non l'ho scelto io», si sedette nuovamente, ma questa volta sul letto, accanto a me. «Penso che tua madre ti abbia raccontato del conflitto che aveva con mio padre. Lui era a "capo" di queste creature, ma esse furono uccise quasi tutte dagli uomini di tuo padre e di... Di William. Quella che ti ha attaccata non è altri che una delle tante discendenti, c'è ne sono a centinaia adesso-»

«Aspetta, fammi capire: hai detto che tuo padre era a comando di queste creature e, a quanto ne so, le ha sfruttate per aggredire la mia famiglia, ma tu non vuoi seguire le sue stesse traccie? Hai mandato i tuoi uomini a cacciarle», lo interruppi.

«Certo che no, io disprezzo quelle creature, mio padre su questo dettaglio era un folle e mia madre lo seguiva come una cagnolina. Io ho solo il compito di entrare in questa dimensione e comandare i cavalieri oscuri -così come li chiami tu-»

«Entrare in questa dimensione? Ciò significa che non viviamo nel nostro mondo, siamo in un parallelo!», ciò era la spiegazione al perché mia madre non riusciva a rintracciarmi.

«Abbiamo parlato fin troppo per i miei gusti. Adesso ti preparo un bagno caldo e ti porto degli abiti, questi puzzano troppo, ma non cantar vittoria: non ho dimenticato la tua fuga!»

Grazie mille per le 2,2k visualizzazioniii😍
-Angel ❤️

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