XIV

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Eravamo arrivati davanti ad un abete enorme, non ne avevo mai visto uno così bello e possente.
Sembrava arrivare fino al cielo e il suo fogliame scendeva fino alle folte radici sporgenti.

«È bellissimo», sussurrai, oltrepassando le radici e sporgendomi verso un grande buco nel centro. Misi lì dentro la testa e provai a vedere qualcosa, ma non c'era nulla.

«Che stai facendo?»

«Provo a vedere se c'è un passaggio segreto, o una grotta, come nelle favole», e solo allora mi resi conto di quello che avevo appena detto.

Lo sentii ridacchiare e ciò mi fece sorridere; ero felice di riuscire a farlo sorridere ancora. Feci uscire fuori la testa e sorrisi imbarazzata, alzando lo sguardo verso i numerevoli rami. Erano molto possenti e spessi ed erano in grado di sorreggere il mio peso.

Sorrisi tra me e me e allungai il braccio verso il ramo più vicino a me. Mi spinsi in su, aggrappandomi ad un secondo ramo.

«Cosa stai facendo?», richiese Damon.

«Mi arrampico sull'albero.»

«Stai giocando? Non puoi realmente essere così infantile», sembrava seriamente incredulo.

Lo ignorai e continuai la mia salita, sperai di poter vedere qualcosa dall'alto, qualsiasi cosa; una casa, un castello, un ponte, potevano essere dei punti di riferimento per la ricerca di mia madre, ma quando giunsi oltre la metà, oltre ad alberi non vi era altro.

Il mio sorriso si spense ed abbassai il viso, come poteva mia madre dire che non esistevano foreste nelle campagne dell'Ovest. Questa era enorme, impossibile da non vedere.

Sobbalzai all'indietro quando accanto a me vidi Damon. Si sorreggeva con un braccio ad un ramo in alto ed era leggermente più lontano da me, mentre io mi sorreggevo al tronco appoggiandomici con la schiena.

«Proprio come quando eravamo piccoli eh?», ridacchiai ed alzai il viso al cielo.

«Non ricordarmelo.»

«Non c'è nulla qui», incrociai le braccia al petto e sospirai. «È un po' inquietante come cosa.»

«Non mi dire», si avvicinò a me ed io appiattii ancor di più la schiena al tronco. «Finalmente hai paura di me.»

«Non ho detto questo», alzai gli occhi al cielo. Quando li riabbassai, notai quanto fosse vicino ed un brivido fresco e gradevole mi attraversò la spina dorsale. Un brivido che conoscevo bene e che avevo dimenticato.

«Perché mi guardi in quel modo?», chiese, aggrottando la fronte.

«Quale modo?»

«Con gli occhi.»

«Come dovrei guardarti?»

Sbuffò spazientito da non so cosa, «lascia perdere.»

«Hai dimenticato di dirmi che devo portarti rispetto e darti del voi

«Mi stai irritando, scendiamo da qui.»

Per un attimo rimasi ancora a contemplarlo, i miei occhi saettarono nuovamente al passato. I suoi lineamenti si erano di poco addolciti e mi mordicchiai il labbro inferiore quando un profondo desiderio di baciarlo mi fece tremare le gambe.

Non ero in me, stavo vaneggiando, eppure la scena delle sue labbra sulle mie mi faceva fare le capriole. Senza pensarci due volte lo afferrai per un braccio, voltandolo verso di me e posizionando la mano sulla sua nuca.
Allungai il collo e, in un nano secondo, potetti assecondare le mie voglie.

Percepivo la morbidezza delle sue labbra sulle mie, a differenza delle mie, che sembravano sul punto di spezzarsi come vetro.

La sorpresa lo percosse il corpo, ma non mi rifiutò, anzi; riprendendosi velocemente, mi afferrò le guance e schiacciò il mio corpo ancor di più contro il tronco dell'albero.

Ebbi soltanto il tempo di accogliere nuovamente le sue labbra,che lui si staccò improvvisamente con uno scatto e retrocesse. Mi fissò incredulo e, un secondo dopo, un ceffone si scontrò con la mia guancia.

Voltai il viso di lato, mentre fredde lacrime fuggivano dal forte bruciore che si stava propagando sulla pelle e scendevano lungo le guance.

«Cosa ti salta in mente? Non azzardarti a farlo più!», mi ringhiò contro, afferrandomi un braccio e balzando giù dal ramo che ci aveva osservati e che manteneva il segreto come noi. «Un secondo, un misero secondo ho abbassato la guardia con te e... Sono stato uno stupido!», borbottava con affanno mentre continuava a trascinarmi verso il castello.

Provai più volte a liberarmi dalla sua stretta, ma era impossibile.
Solo mentre salivamo le polverose scale mi resi conto della sciocchezza che avevo commesso. Gli istinti avevano avuto la meglio sulla ragione, ma ciò che più mi sconvolgeva era il mio desiderio in quel momento di baciarlo. Mai lo avevo avuto, neppure per un misero secondo in passato avevo sperato di essere baciata da lui.

Mi spinse dentro la sua camera e chiuse la porta a chiave. Mi allarmai immediatamente, infatti retrocessi di almeno tre passi.

Lui fece un passo in avanti, con il viso che inoltrava solo espressione negative, ma si fermò di botto. Scosse il viso, come se stesse lottando contro sé stesso, e infine mi afferrò nuovamente il polso e mi pressò sulle spalle per farmi posizionare in ginocchio.

Allungò il braccio sotto il letto e il suono metallico delle catene mi fece sussultare. Le avvolse attorno ai polsi e successivamente all'asta di legno del letto. «È inutile picchiarti o insultarti, non impareresti nulla. Ti farò patire la fame e la solitudine», detto ciò uscì dalla camera, lasciandomi da sola.

Quella situazione non era affatto nuova, ma non sapevo fino a quando avrei resistito.

Ecco qui il nuovo aggiornamento, spero che il capitolo vi piaccia!
Il prossimo lo pubblicherò venerdì, vi consiglio di tenervi pronti perché sarà moltoooo intenso (e non pensare a male, birbantelle 😏)
-Angel❤️

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