VIII

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Inspirai ed espirai, inspirai ed espirai, lo feci per quasi dieci volte, ma quella opprimente sensazione di soffocamento mi spingeva a farlo ancora e ancora.

Quando mi decisi ad aprire gli occhi, vidi una camera che non era la mia.
Spaventata mi guardai attorno e vidi una ragazza seduta ai piedi del letto, che mi squadrava da capo a piedi. «Sei sveglia, lo mando a chiamare», disse, alzandosi e camminando senza emettere il minimo rumore, sembrava un fantasma.

«Aspettate! Chi siete?»

Senza rispondermi, oltrepassò la porta e la chiuse a chiave, girando quest'ultima per tre volte. Sospirai e scesi dal letto, rabbrividendo quando i miei piedi calpestarono il pavimento freddo.

Corsi immediatamente verso la finestra chiusa e provai ad aprirla, ma sembrava essere sigillata dall'esterno. Iniziai a colpire il vetro, per romperlo, ma ottenni solo dolore alla mano.

Su tutte le furie, retrocessi di un paio di passi ed afferrai il primo oggetto che mi capitò a mano, pronto a scagliarlo contro il vetro, ma una voce mi fermò. «Fallo, ma ti assicuro che il vetro non si romperà.»

Balzai spaventata e mi voltai verso la porta, dove lo vidi: con un lungo mantello nero, avanzava verso di me con passo sicuro e deciso. Il suono dei suoi stivali faceva tremare persino le pareti, me compresa, ma non mi sarei mai lasciata intimidire da lui.

«Damon!», ringhiai, «cosa mi hai fatto? Dove sono?»
Non era di certo ciò che avevo immaginato per il nostro primo incontro dopo tanto tempo, ma in quel momento la rabbia mi scorreva nelle vene. Volevo abbracciarlo e dirgli quanto mi era mancato, invece mi ritrovai ad avanzare verso di lui, bloccandoci entrambi quando giungemmo a pochi metri di distanza.

«Non alzare la voce con me, sei a casa mia e ci resterai.»

«Ti sei bevuto il cervello oltre che al vino? Non puoi sparire per mesi interi, non farti vedere da me per anni e rapirmi portandomi qui!», mi alterai ancora di più, «merito delle spiegazioni!! Sei assolutamente-»

Un potente ceffone mi arrivò dritto al viso, facendolo voltare verso destra e barcollare l'intero corpo. Con occhi sgranati mi portai una mano sulla parte dolorante, nemmeno mio padre aveva mai osato colpirmi.

Con l'orologio a mille, alzai ancora una volta il viso e lo fissai: era serio, tranquillo, come se fosse il padrone del mondo.
«Ti ho detto che non devi alzare la voce con me e questo quello che capita quando mi disubbidisci.»

«Dammi delle maledette spiegazioni, cosa ti è successo in questi anni? Perché non-»

«Parli troppo per i miei gusti», mi interruppe, «ti basta solo sapere che tutto era già scritto, non pensare che a me faccia piacere averti qui, ma lui ha confermato le mie ipotesi e quindi sono stato costretto a prenderti. Non tornerai più a casa e i tuoi genitori non arriveranno mai a questo posto, nemmeno con la magia.»

«Cosa era scritto?!», ritornai all'attacco, «a che stramaledetto gioco stai giocando Damon! Vuoi commettere lo stesso errore di tuo padre? Hai visto che fine ha fatto, sii ragionevole, tutti commettiamo errori, ma basta-», lanciai un urlo quando fui scaraventata sulla parete adiacente alla finestra.

La sua mano stringeva forte la mia gola e il respiro mancava. «Chiudi quella diavolo di bocca, che tu sia dannata e anche quegli esseri che hanno osato metterti al mondo. Giuro che vendicherò mio padre e non osare mai più invocarlo anche solo per sbaglio, chiaro?», mi ringhiò contro, sbattendomi ancora una volta al muro ma con maggior forza. «Chiaro?!!», urlò poi.

«S-Si», dissi agonizzante. Mi lasciò andare con uno strattone e caddi a terra.

«Di certo non ripeterò gli errori di quell'idiota, io non ti ho rapito per ripicca o altro: tu sei mia per diritto.»

«Di cosa stai parlando?», dissi, inspirando quanto più ossigeno potevo e cercando di rialzarmi. Non ci volle molto, poiché fu proprio lui ad afferrarmi per un braccio e a sbattermi sul letto, afferrandomi la caviglia.

«Lo vedi questo segno?», indicò un punto preciso, ma non vidi nulla di strano.

«N-No.»

«Guarda meglio.»

Abbassai ed inclinai il viso, cercando di vedere qualcosa, ma vidi solo una piccola e quasi trasparente voglia di latte. «Ho lo stesso segno anch'io, l'ho notato fin dalla tua nascita.»

«È impossibile una cosa del genere!», dissi, intuendo cosa volesse intendere.

«È così. Tu sei il mio legame.»

«Non posso crederci, i legni nascono alla-»

«Alla stessa ora e allo stesso giorno, si, lo so, ma fidati se ti dico che ho fatto approfondite ricerche prima di prenderti. Di certo se avessi potuto scegliere, non avrei scelto te, che schifo.»

Si allontanò da me e colsi l'occasione per alzarmi. «Perché tanto odio nei miei confronti? Cosa ho fatto di male? Io e te eravamo molto legati!»

«Non farmici pensare, ero un illuso, un bambino.»

«Sei sparito dalla mia vita con uno schiocco di dita e non dai quanto ho sofferto la tua mancanza!», esclamo con le lacrime agli occhi e mostrando la mia vulnerabilità.

«Entrare nella tua vita è stato un errore.»



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