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I dolori per Ethan non passavano, e sembravano proprio non voler passare. Il suo coach era andato a trovarlo, per testare come stava il suo fisico. Insieme col secondo coach avevano previsto per lui un allenamento funzionale, giusto per non rimanere fuori forma, sperando che il suo corpo avesse reagito alle cure quanto prima.

Nonostante gli sforzi, il suo corpo si rifiutava di migliorare. Faceva abbastanza fatica a sollevare i pesi e la stanchezza si faceva sentire molto prima del previsto. 

E nel periodo che restava a casa, ripensava sempre ad Alyssa, alle sue parole. Al fatto che non accettava quello che faceva, soprattutto perché lo faceva. Secondo lei era solo un atto di un egoista. 

Lui credeva davvero in quello che aveva detto ai medici, voleva davvero smettere di lottare. Ma per forza di eventi, non poteva smettere. Lo faceva per ripagare gli sforzi dei suoi genitori per farlo rimettere in piedi, per permettergli tutte quelle cure. 

Non si sentiva egoista, anzi metteva il suo volere in secondo piano. Non poteva permettere che i suoi genitori perdessero l'unica cosa che avevano.

E nonostante provava a chiamare Alyssa, lei non rispondeva. L'aveva riempita di chiamate e mandato numerosi messaggi, ma lei non dava alcun cenno di risposta. 

Voleva andare a trovarla a lavoro ma ricordava lo sdegno che le aveva creato quando ci era andato l'unica volta. Però doveva vederla.

Aveva preso la macchina e sperato di trovarla col turno suo.

Si era parcheggiato e proprio in quel momento stava andando a lavoro Julia.

Le aveva chiesto se Alyssa si trovava a lavoro in quel momento, e per sua fortuna era il suo turno.

«Te la vado a chiamare.» aveva detto Julia, infine. 

Dopo un paio di minuti, l'aveva vista affacciarsi alla finestra. Dalla sua espressione si evinceva la sua titubanza se scendere o meno, e poi lei era scomparsa dalla finestra. 

Era passato un brevissimo tempo, prima che la porta dell'edificio si aprisse ed Alyssa si presentasse a lui.

«Che ci fai qui?» gli aveva chiesto, con tono freddo.

«Volevo vederti, e soprattutto scusarmi per non averti detto la verità.»

«Ok, ora l'hai fatto.» aveva detto Alyssa, per poi andarsene. Ma poi si era fermata. «Ho visto il tuo incontro, con Perez intendo.»

«Te l'avevo detto che era stata una brutta storia. . . »

«Tu la chiami solo una brutta storia?! Ethan, avevo capito che quello che praticavi era uno sport cruento e pericoloso, ma porca miseria quello là sembrava volesse ucciderti!» aveva risposto cercando di non piangere Alyssa.

Ethan, dal canto suo, non riusciva a guardarla. Anche se quel video l'aveva visto anche lui, dopo che era tornato a casa dopo essere stato in ospedale. Era anche per quel video che aveva detto basta con la lotta.

«Hai rischiato veramente di morire.» aveva continuato Alyssa. «Dovresti ritenerti fortunato. Non tutti hanno il privilegio di ottenere una seconda possibilità, e tu sei uno di quei pochi, e cosa ne decidi di fare? Ti metti a giocare con la morte?! E davvero, puoi dirmi quello che vuoi, ma non capisco davvero perché tu voglia rischiare così tanto. Fatico davvero a capire il perché tu voglia morire.»

«Ma io non voglio morire. . . »

«Sì, invece. Se non smetti di lottare, rischi di morire. Smetti di lottare e potrò finalmente tornare nella tua vita. Perché io non voglio vivere col pensiero di non vederti tornare a casa nostra. Tu sei libero di fare quello che vuoi con la tua vita, e non sei tenuto ad ascoltare nessuno ma non costringere me a seguirti. Io non ce la posso fare.»

AMORE D'AUTUNNODove le storie prendono vita. Scoprilo ora