Epilogo

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Ethan non era tornato a casa. Era troppo sfinito ed era rimasto a dormire a casa della madre. 

Anche lei aveva visto il suo incontro ed era felice di trovare suo figlio ancora vivo.

L'indomani si era svegliato e ad aspettarlo c'era il padre, seduto sul ciglio del suo letto.

«Buongiorno.» aveva esordito il padre.

«Buongiorno.» aveva risposto freddo Ethan.

«Sei stato bravo ieri.»

«Com'è che mi hai visto?»

«Ha insistito tua madre.»

«Lo immaginavo. . . »

«Come ti senti?»

«Sto bene.»

Il padre si era alzato dal letto ed aveva cominciato a perlustrare la camera.
«Era da tanto che non dormivi qui. . . » aveva aggiunto poi.

«Già.» aveva risposto Ethan alzandosi per sedersi appoggiato con la schiena.

Aveva ancora i dolori post incontro e sentiva il labbro gonfio. E l'occhio sinistro semi-chiuso che lasciava che vedesse solo qualcosina.

«Ethan, io so di non essere stato un buon padre per te. Credimi se ti dico che lo so e ti capisco. Avevi bisogno di me e non ci sono mai stato. Comprendo ora finalmente il dolore che ti ho causato.»

Ethan era rimasto scioccato. Di certo non si aspettava di trovare il padre appena sveglio, di certo non si aspettava le sue scuse.

Ma il padre, ascoltando il silenzio del figlio, aveva deciso di continuare.

«Davvero non so come abbia fatto a stare lontano da te per due anni. Passare il Natale senza avere tue notizie, come se non avessi un figlio. Ad immaginarti sempre impegnato con i tuoi allenamenti che non avevi tempo per un vecchio rammollito in cerca del tuo perdono. Quante sono state le volte in cui mi sono preoccupato per te, sperando tu stessi bene, sperando tu ti rialzassi ogni volta che finivi al tappeto. Tua madre ha avuto sempre il coraggio di guardarti, io no. Non so, forse il timore di non vederti rialzare pensavo fosse peggio che solo pensarlo. Potrai anche non credermi, ma io ho sofferto la nostra lontananza. Cullarmi dei ricordi, rivivendo il passato: quando eri piccolino e ti tenevo in braccio, la prima volta che ti ho insegnato ad andare in bici, il primo giorno di scuola, la prima recita. Poi i problemi, e su questi problemi altri problemi, problemi che mi hanno tenuto lontano da te, e credimi, magari potessi tornare indietro solo per poterti dare un po più del mio tempo. Eppure non sono mai stato al tuo fianco, e ti ho visto crescere, ti ho visto diventare adulto senza che me ne accorgessi. Quasi come in un battito di ciglia, chiuso un occhio ed eri bambino e nel riaprirlo ti trovo adulto, grande ormai da prendere le tue decisioni. E sono stato uno stupido a lasciarti andare via, dovevo rincorrerti e fermarti. Chiederti scusa per tutto.»

«Oh, papà. . . » era stata l'unica cosa che era riuscito a dire Ethan.

Con qualche fatica si era alzato dal letto ed era andato ad abbracciare suo padre. Un padre che non vedeva ormai da tanto e che finalmente aveva trovato.

E in quell'abbraccio si era finalmente sentito grande. Sembrava strano, ma in quell'abbraccio e in quelle parole, Ethan aveva finalmente conosciuto suo padre. 

Ed era lui ora a voler tornare bambino con la consapevolezza di adesso, per parlare con lui da uomo a uomo. Magari un abbraccio come questo, allora poteva risolvere i loro problemi, senza per forza essere stati lontani due anni.

Perché, con quell'abbraccio, aveva capito molte cose che prima non capiva. Gli aveva sempre chiesto amore in maniera sbagliata, cercando in lui quelle cose che non poteva offrirgli. Solo ora capiva che di amore gliene aveva dato tanto e non l'aveva mai visto: un amore che gli aveva dato nei suoi sacrifici per mandarlo a scuola, in quelle privazioni per non farlo diventare viziato, nelle infinite ore di lavoro perché un padre di famiglia questo fa.

AMORE D'AUTUNNODove le storie prendono vita. Scoprilo ora