La tempestiva azione di Manuel aveva salvato Alberto da un'indeprecabile gangrena, giacché la necrosi del tessuto era ormai prossima, essendo ingente la carenza d'apporto sanguigno causata dal trauma. In quel momento, benché dolorante, il suo piede si cullava in poche fasce ricolme di farmaci cicatrizzanti, mentre i suoi occhi irrigiditi dalla maschera scrutavano ancora con astio Izabella. Alberto era un po' goffo, e secondo le stime di Manuel aveva bisogno di rimanere in tale stato per almeno due settimane, cambiando ogni volta la fasciatura per evitare che vi ristagnassero liquidi corporali e sporcizia. Tuttavia, sebbene fosse in tali condizioni, non perdeva la propria insita audacia.
Giungemmo presso il negozio d'armi da cui Izabella ed i suoi amici avevano sgraffignato quelle pistole. Non avevamo bisogno d'armi, ma di munizioni, essenziali qualora saremmo stati nuovamente attaccati.«Che ci fa quell'uomo morto vicino al bancone?», chiese Leonardo alla fanciulla.
«Non lo vedi? Ha un proiettile piantato in testa. Abbiamo dovuto farlo... Che maleducato», borbottò fissando il cadavere, che in apparenza era quello d'un uomo sulla quarantina, dalla pelle assai scura e i pronunciati occhi a mandorla.
«Ehm... Che cos'avete dovuto fare?», continuò Leonardo.
«E me lo chiedi anche? Questo bastardo non voleva venderci alcun'arma, così, senza pensarci due volte, ne abbiamo afferrata una e l'abbiamo preso in testa!».
«Non esistevano modi migliori per acquistare due pistole?».
«Ah, ma senti chi mi parla di modi migliori, voi che avete ammazzato in un sol colpo di fucile quant'era rimasto della mia miserabile vita...» e, dopo una breve pausa, «avrei dovuto spararti!».
«Certamente non avresti fatto una fine onorevole qualora ci avessi provato».
«Fate silenzio!», ingiunse il colonnello, «esigo che non si assumano comportamenti puerili, perciò chiudete il becco!».
Il colonnello e Joseph rovistavano tra macerie e fucili obsoleti, interrogandosi vicendevolmente su quali munizioni avrebbero dovuto prendere.
S'udiva infatti un continuo mormorio, in quel luogo angusto che difficilmente riusciva a contenere diciannove uomini, dal momento che Alberto e Manuel avevano preferito restare fuori, per non incrementare il disagio procurato al giovane soldato dalla momentanea disabilità.«Quindi... Queste... Per la Beretta...».
«No, sono per l'altro...».
«Non prendiamo... Pistole?».
«Converrebbero... Granate».
«Anche... Non dimenticare... Quelle per l'AR-10!»
«Prendi pure qualcosa per l'AO-63 di Jacky».
«Certo, certo!».Era questo quanto udii farfugliare tra i due, stemmo circa un'ora entro quella gabbia, poi, consultatici sul modus operandi che avremmo dovuto adottare in seguito, uscimmo di lì.
Intanto Alberto e Manuel ci attendevano presso gli argini del Fiume Giallo, che fluiva al centro della città.
Presto ci unimmo a loro, mente il colonnello distribuiva le munizioni a ciascun uomo.
In quel momento, in un sommesso vocio, la mia attenzione fu attirata da quel fiume che i cinesi solevano chiamare Huang He, il fiume culla della loro civiltà. Le Arundines donaces, dette anche canne comuni, in gran numero lungo la sponda destra, avevano lasciato candide scie d'un liquido in apparenza melmoso, o che almeno rimaneva al di sopra del liquame che aduggiava quelle che un tempo furono acque cristalline, fonte di vita; ed oggi soltanto un malefico concentrato di batteri e tumori, insomma, di morte. Non mi sarei stupito se quel fimo avesse esalato odori graveolenti e irrespirabili, ed effettivamente, per mia sfortuna, la maschera non schermava affatto quest'alone di putrefazione. Quella bava ricopriva interamente le canne ormai secche, e aveva tutta l'aria d'una sostanza dal pH acido, dal momento che le piante erano corrose, private della loro linfa vitale.
Izabella, intanto, come me, preferì restare in silenzio, osservando invece i soldati che estasiati s'impossessavano delle munizioni.
Poi aprì bocca, rivolgendosi al colonnello, e ponendo una domanda che incuriosì tutti, «sentite, ma perché la vostra maschera è diversa dalla mia? Non ve l'ha data il governo cinese?».
«No», disse il colonnello, «queste maschere sono state prodotte a seguito del Patto d'Amianto». Che cosa stava dicendo? Che cos'era questo Patto d'Amianto? Una parodia?
Stranamente il colonnello sorrideva, o m'illudevo che sorridesse, fissando Joseph, e poi il resto dei soldati, e generando un comune sollazzo.
«Con questo intendi l'alleanza stretta tra Italia e Cina? In America se ne parlava tanto, ma non credevo che avesse un nome simile».
«Infatti non è questo il nome dell'accordo bilaterale. È un nome inventato da noi soldati per far capire che gli scopi di questo patto sono più profondi e oscuri di quanto possa sembrare!»
«Ah, bene, capisco... Ma non m'interessa!», ribatté Izabella.
«Io voglio sapere quale differenza c'è tra la mia e la vostra. E soprattutto perché tutti coloro che indossavano questa maschera hanno fatto comunque una brutta fine».
Intervenne David, «questa maschera contiene acido perclorico in una percentuale pari al 70%, perché in fondo basta un soffio di anidride carbonica in più per vederci esplodere la faccia».
«Quindi senza quest'acido le altre maschere non servono a nulla? Allora posso toglierla, tanto morirò ugualmente...».
«No, non lo fare. In ogni modo la maschera riesce ad attenuare la penetrazione del batterio nell'organismo. Non lo fare».
«Io odio questo mondo. Fa sopravvivere soltanto i privilegiati e tutti quelli che se lo possono permettere, il resto può benissimo marcire sottoterra».
Gli sguardi del plotone s'intersecarono ripetutamente, in cerca d'una risposta che non trovarono.
«E sono anche sicura che quel coso mi sta già uccidendo dentro!», urlò, «ne sono sicura!».Izabella si allontanò dal gruppo. Io ero ancora meravigliato da quanto aveva detto David. Quindi si trattava di acido perclorico, era quella la sostanza che fluiva nelle membra della maschera antigas. Ma mi chiedevo ancora quale funzione avesse e come un acido potesse uccidere un microorganismo. Ma, del resto, pensai, lo stesso microorganismo, divenuto un acido, stava uccidendo un essere pluricellulare come la canna da fiume.
I miei pensieri furono interrotti da femminee parole: era Izabella, era venuta da me.
«Ehi, ciao. Qui sei tu quello senza palle?».
Rimasi impietrito. Quanta volgarità! I giovani d'un tempo non si sarebbero mai rivolti ad uno sconosciuto con così tanta sfacciataggine!
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BACILLO
Mystery / ThrillerItalia e Cina stringono un patto volto allo studio del batterio che sta decimando la popolazione mondiale. Viene inviato nel deserto del Gobi un plotone con lo scopo di congiungersi agli alleati e recuperare il campione, ma i soldati tradiscono la p...