Incedemmo insieme tra un edificio e l'altro. La polvere, scura e quasi nera per l'inquinamento che flagellava quel centro urbano, invadeva i muri e le strade, rendendosi sottile e scellerato velo. Non poca era per giunta la sabbia proveniente dal deserto; che la tempesta assassina di Ronald fosse passata di qui?
A Baotou i raggi del sole erano ancora più scottanti, e desideravamo levarci di dosso quelle mimetiche.
Cercavamo un supermercato rimasto aperto, ma finora non eravamo andati incontro a nient'altro che vecchi bar, dai nomi incomprensibili, le cui insegne ancora, a malapena, s'illuminavano. Talvolta vi si ritrovavano bicchieri di vetro integri, contenenti ancora qualche cocktail andato a male, talaltra panini o carne ammuffiti, che giacevano calpestati sul terreno.
Poi alcuni passi felpati catturarono la nostra attenzione, assieme ad un affanno, seguito dal rumore di qualcosa che cade, che cade da un mobile o, forse, da uno scaffale.
«Avete sentito?», disse Alberto, che già recava il fucile sul proprio petto. Gli altri soldati lo fissarono, poi annuirono.
«Preparatevi. Appena l'obiettivo sarà individuato, spareremo. Ricordate l'ordine!».
Per un istante la mia mente fu abbacinata da un vuoto accecante, fulgido come luce divina, di quale ordine parlava?
Poi mi sovvennero le sofferenze e il dolore che lo stesso udire tal ordine mi avevano arrecato. Ma certo, come dimenticarlo. Si doveva sparare a vista, non esisteva pietà.«Da dove viene il tuo coraggio? Da dove la spietatezza che t'infiamma quando uccidi qualcuno?», chiesi titubante a Leonardo, che mi apparve quasi infastidito.
Seguì una risposta, poche parole che ruppero il silenzio dell'agguato:«Lo faccio perché è il mio lavoro, perché mi è stato detto di farlo».«No. No. Vi prego. Non lo fate! Chi siete?», urlò con voce stridula l'anziana. Era costei, che ormai agonizzante, si procacciava di che vivere in quella pattumiera, tra le macerie d'un vecchio mercato. Bramava di riempire la carne del suo desiderio prima di morire inevitabilmente. Era pallida in viso, probabilmente aveva già vomitato e il batterio stava procedendo con la distruzione dell'organismo, che, per quel mostro, non era nient'altro che un pezzo di carne da ridurre in poltiglia.
L'anziana donna cadde sulle ginocchia, che pel violento atto sembrarono rompersi, generando un sordo crepitio. Non urlò. Una lagrima percorse quella guancia diafana, onde trasparivano le ossa del cranio, mentre il crine nero le si attaccava sul volto perché rorido di sudore. Il colonnello non mosse un muscolo; che avesse ucciso troppo? Che cosa lo muoveva a pietà?
Fu Alberto ad afferrare la situazione: non poteva lasciare, in fondo, che tutti rimanessero a guardare, così caricò il fucile.
Dinanzi alle vesti della donna si ammassava del cibo, e non dubito che fosse scaduto da lungo tempo; era carne cruda, rossa. Rossissima come il sangue, lo stesso che ne prorompeva con estrema lentezza. Le venature bianche erano sporche di polvere. La lagrima cadde sul morbido dorso. Catturò la polvere in una perla di disperazione che rifulgeva su quelle membra. Poi l'atto convulso, i soldati si ritrassero in modo abruptivo. L'anziana aveva strappato quel lacerto di muscoli con le proprie mani, con forza ch'io mai avrei immaginato possedesse, quasi fosse invasata. Il sangue colò come un profluvio lungo le braccia della donna, insozzandone e rorandone gl'indumenti. Mentre altrettanto ne gocciolava a terra, come un pianto. Strappata la carne, fece per metterla in bocca, in quella bocca minuta. Ingoiò il primo pezzo, che passando per la gola produsse un rumore agghiacciante, come se le pareti del collo a momenti stessero per rompersi, in un cruore osceno. Seguì un conato di vomito. In quel viscidume, oltre al sangue coagulato, c'era altro cibo, forse erbe, e la stessa carne che aveva ingurgitato. L'altro pezzo le scivolò di mano, la donna cadde urtando il viso contro il pavimento sanguinante. Un altro crepitio. Il naso, la mascella. Si stava slegando qualcos'altro da quell'esile corpo, pensai.
Esplose in un pianto che scagionò urla belluine, d'arresa, di morte. Il sebo cominciava a fuoruscire dal collo, sola parte nuda del corpo a noi visibile.Alberto sparò, inorridito. Su quel volto si palesava una smorfia d'orrore, di paura, di pena ma non più di pietà. Era chiaro che non ne poteva più.
«Ben fatto!», disse il colonnello, dando una pacca tremante sulla spalla del giovanotto, «ben fatto!».
«Ho solo eseguito gli ordini».
Il plotone proseguì in silenzio, un silenzio diverso. Un silenzio che sapeva di paura, conscio di ciò cui stavamo per andare incontro. Un silenzio di ghiaccio, come il cielo di quella notte, che segnava la fine d'un altro giorno. Un altro giorno passato digiuno, con quella poca acqua che si riusciva a far passare pel filtro della maschera, timoroso che potesse rompersi.Tra le stelle regnava un languido spicchio di luna, albicante come un ghiacciaio, freddo come quel silenzio. Strappato all'altra metà come quelle fibre esangui.
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BACILLO
Gizem / GerilimItalia e Cina stringono un patto volto allo studio del batterio che sta decimando la popolazione mondiale. Viene inviato nel deserto del Gobi un plotone con lo scopo di congiungersi agli alleati e recuperare il campione, ma i soldati tradiscono la p...