«Quindi sei americana?», le chiesi con discrezione.
«Vedi per caso occhi a mandorla qui sul mio viso?», ribatté fulminea.
Io sorrisi, poi dissi:«Da quale Stato vieni?».
«California, San Diego. Ah...», sospirò, «la mia cara vecchia California, appena sette mesi fa ero a sguazzare nella piscina del mio giardino».
«Ti piace nuotare?».
«Ad esser sincera, preferisco restare seduta sul mio caro divano a guardare film d'azione e ad abbuffarmi di dolci, ma sono fortunata...».
«Perché saresti fortunata?».
«Oh, ti devono spiegare proprio tutto! Secondo te perché sarei fortunata? Mia madre mi diceva che ho un metabolismo veloce, quindi per questo riesco a mantenermi in forma...».
«Capisco».
«Ma in ogni caso non vedo anche un solo granello di zucchero da quando sono arrivata in questa maledetta città».
Avrei voluto chiederle perché un'americana si trovasse a Baotou, quel viscido posto abbandonato tra le grinfie del deserto, ma poi Izabella sopraggiunse con una nuova domanda.
«E tu? Tu da dove vieni?».
«Io, be', io non ho mai avuto una fissa dimora», risposi, «ho viaggiato tanto, sin da quand'ero ancora un pargolo, ma...», feci un lungo respiro, «ho passato gran parte della mia infanzia a Roma, dunque la reputo anche la mia città natale».
«Wow, davvero? Roma?».
«Sì, proprio così. Roma».
«Sai, avrei sempre voluto fare un viaggio in Europa e, incredibilmente, Parigi non è mai stata una delle mie mete preferite. Le città che avrei voluto visitare erano Oslo, per vedere i fiordi, Berlino, perché memore della guerra e poi... Be', poi Roma, insomma, vedere il Colosseo, Castel Sant'Angelo, i fori imperiali, il Vaticano, il Tevere... Tutto ciò mi ha sempre affascinato: in fondo, ora, anch'io mi ritrovo a lottare come un soldato romano, o peggio».
Forse fui troppo ardito, ma osai chiedere degli amici che noi stessi le avevamo assassinato.
«Ehm... Quei due... Peng e... Peng...», borbottai.
«Peng e Cai. Peng e Cai», disse lei imperiosa.
«Ecco, loro erano tuoi amici? Come li hai conosciuti?».
«Ah, preferisco non parlarne».
Istintivamente le porsi una mano sulla spalla, «no, non farlo. Non devi rifuggire da ciò che ti arreca dolore. Parliamone. Vedrai che potrai stare meglio».
Gli occhi d'Izabella brillarono di dolcezza, «e va bene, ma non mi perderò troppo in chiacchiere!».
«Come preferisci!».
«Be', Cai era quello in carne, anche se dubito che vi siate accorti di che aspetto avesse chi avete ammazzato... Comunque Cai era un tipo simpatico, aveva sempre la battuta pronta e, nonostante a volte avesse paura, come quand'è caduto l'elicottero al suolo, gli bastava essere esortato un po' da noi per prender coraggio. Ah, era un fifone! E poi... Poi quelle guance, sembravano di marshmallow, erano così morbide. Gliele avrò strizzate un centinaio di volte. Ah, mi manca così tanto...».
«E Peng? Com'era lui?».
«Peng era alto e magro. A furia di correre e sparare cominciava a crescergli qualche muscolo, lui ne era fiero. Era un tipo più freddo e riservato, diceva che sua madre l'aveva educato al silenzio perché il silenzio è alla base dell'ordine, anche se io credo che soltanto il caos possa portare ordine... Comunque, al di fuori di questo, ho sempre avuto grande stima di lui, e soprattutto di come riuscisse a mantenere la calma sempre, in qualsiasi circostanza. Ricordo che una volta un gruppo di adulti ci ha inseguito perché credeva che avessimo rubato i loro fucili, che dopo essersi svegliati non avevano trovato al loro fianco. Così, accusati d'ingiustizie di cui non sapevamo nulla, abbiamo cominciato a correre. Quella mattina abbiamo corso tantissimo, fino a sentire i battiti del cuore in ogni parte del corpo. Li avevamo seminati, tutti. Tutti tranne uno. Così quel tipo è giunto fino al vicolo in cui ci eravamo nascosti. Ci avrebbe ucciso. Ma Peng l'ha spinto al muro mentre era distratto e l'ha strozzato, in silenzio, in quel silenzio che lo rendeva affascinante, misterioso, valoroso. L'uomo ha smesso di respirare e quand'è morto, ci siamo abbracciati. È stato il nostro ultimo abbraccio. Anche se quel bacio, quel bacio mancato, ah... Che stupida illusa!».
«Che cosa vai farfugliando?», le chiesi.
«Promettimi di non dirlo a nessuno. O ti uccido».
«Va bene!», replicai ridendo.
«Sai, io... Io ero innamorata, innamorata di Peng», le si stese un velo roseo sulle guance, «quante volte avrei voluto che mi stringesse tra le sue braccia, che mi baciasse, ma non l'ha mai fatto. Restava lì, in silenzio, mentre io l'osservavo, in cerca d'una vana attenzione, tramutata in mera illusione».
«Non sempre, in ogni caso, le attenzioni umane sono veritiere, a volte nascondono secondi fini, per poi abbandonarti ad un'atroce desolazione. Come ha fatto Claire...», dissi perdendomi nei ricordi.
«Claire? Chi è Claire? Non dirmi che hai una ragazza?», domandò meravigliata.
«Sì, avevo... Avevo una ragazza, era parigina. Proprio di quella città che tu non ami. L'avevo conosciuta mentre vi sostavo per gli studi presso l'Académie Française. Era una ragazza brillante. Si sarebbe laureata in psicologia un anno più tardi, se solo ci fosse arrivata».
«Non dirmi, anche lei...».
«Purtroppo è morta da sola, senza nessuno che l'amasse. Tre mesi prima mi aveva lasciato perché spesso non ero presente, per via del mio lavoro. Soltanto una settimana dopo seppi della sua morte. Ah, quale rammarico!», sospirai.
«Hai studiato all'Académie Française? Credevo che fossi al servizio dell'esercito... Allora non è così».
«No, non sono e non mi ritengo un soldato. Più che al servizio dell'esercito, ero al servizio del governo, ora lavoro per il colonnello Amaldi», risposi con artato sollazzo.
«Che cosa facevi per il governo?».
«Giocavo con le parole!».
«Mi prendi in giro?».
«No, sono un linguista».
«Ah, sì. Credo di aver capito. Che noia! E perché ora sei qui?».
«Sono giunto fin qui per tradurre una tavoletta che serviva al governo».
«Ma se non lavori più per il governo, perché la porti ancora con te?».
«Be', vuoi per ordine del colonnello vuoi per mia curiosità!».
«Ah, va bene. E sei riuscito ad abbozzare una traduzione?».
«No, ancora no. Per ora soltanto ipotesi. È da lì che si parte! Basta sforzare un po' il cervello ed è fatta!», dissi con tono ottimistico, sebbene sapessi che non sarebbe stato così semplice.
«Oh, ti prego. Non mi parlare di cervello. Ti prego!».
«Perché, Izabella?».
«Perché è colpa di quell'organo se mia madre ora è bella che defunta!».
«Izabella, che cosa intendi? Non riesco a capirti».
«Lasciami, tanto nessuno mi capisce», tuonò adirata.
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BACILLO
Misterio / SuspensoItalia e Cina stringono un patto volto allo studio del batterio che sta decimando la popolazione mondiale. Viene inviato nel deserto del Gobi un plotone con lo scopo di congiungersi agli alleati e recuperare il campione, ma i soldati tradiscono la p...