Capitolo 9.

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Sarebbe bello svegliarsi con accanto la persona dei propri sogni, girarsi verso di lui e scoprire che ha passato minuti, o forse ore, a guardarti mentre dormivi. Sarebbe bello se, mentre ti metti seduta, ti accarezzasse il viso, poi i capelli, e ti dicesse: "Sei bellissima, non potevo smettere di guardarti." Il tutto accompagnato da un sorriso ammiccante.
Meglio precisare che ho detto "Sarebbe bello", proprio perché la scena davanti ai miei occhi di bello non ha proprio niente.
Un braccio sotto al cuscino, l'altro sopra, il lenzuolo completamente aggrovigliato tra le sue gambe lunghe, la maglia sollevata fino a metà busto e, come tocco di classe, la bocca aperta che sbava sul cuscino.
Penso che in questi casi sia maglio lasciar perdere e continuare per la propria vita, ma l'idea di fargli una foto che resterà nei secoli supera ogni altro pensiero razionale.
Quindi afferro il telefono, apro la fotocamera e gli scatto una fotografia.
Mentre la guardo per l'ennesima volta penso, però, che dovrò essere l'unica ad essere in possesso di questo pezzo di vita di Kim Namjoon, e nessun altro.

Accendo il gas e metto dell'acqua a bollire per il the, poi apro le tende e spalanco le finestre per far cambiare aria alla casa.
Il brutto di abitare in un mini appartamento di venticinque metri quadri, è che non c'è spazio, una divisione tra le stanze e, sopratutto, non c'è privacy.
Anche se, in questo momento, vedere il ragazzo coreano completamente inerme, a pancia in su, mentre si strofina gli occhi con la pancia scoperta, non mi dispiace affatto.
«Che ore sono?» chiede, nel bel mezzo di uno sbadiglio.
Guardo l'orologio e quasi mi sorprendo di quanto tardi io stessa mi sia svegliata.
«Le undici meno un quarto.»
Per un attimo lo vedo rimanere immobile, poi scatta seduto e mi guarda con gli occhi sbarrati.
«Che cosa?!»
Gli indico la parete dietro di lui con un cenno del capo e osservo la sua reazione.
Improvvisamente salta in piedi e si mette le mani tra i capelli, disperato. Poi comincia a girare per la casa alla ricerca di qualcosa.
«Li ho messi in bagno, i tuoi vestiti.»
Fa un sospiro di sollievo e mi dedica un leggero inchino, prima di correre verso il bagno e chiudersi dentro.
«Posso farmi una doccia?» chiede, dalla stanza accanto, subito dopo aver acceso il soffione della vasca.
Alzo gli occhi al cielo, tanto non può vedermi, e decido che è meglio non rispondere. Tanto, in ogni caso, ha già aperto l'acqua, quindi la mia risposta non ha molta importanza.
Mi avvicino all'entrata, che è subito accanto alla porta del bagno e, proprio quando sto ritirando la posta, vedo il ragazzo spuntare accanto a me, con un asciugamano alla vita.
Ha le mani sui fianchi e si nasconde per metà con la porta, il busto è completamente nudo. Istintivamente arrossisco e mi copro il volto con le mani.
«Cosa?!» chiedo, con la voce strozzata dall'imbarazzo.
«Allora? Posso farla questa doccia?»
Chiudo la porta con un calcio e cammino verso la cucina con passi pesanti per sottolineare il mio disappunto.
Namjoon ridacchia, nell'altra stanza, poi inizia a canticchiare qualche canzone, che però non riesco a riconoscere a causa del rumore dell'acqua. Anche quando esce dalla vasca e il rumore del soffione finisce, non riesco a identificare quale canzone stia cantando.
Ci mette relativamente poco a uscire dal bagno, comparato al tempo che ci metto io di solito, e quando mi passa davanti per recuperare la giacca, mi accorgo che si è pure messo il mio deodorante all'estratto di cetriolo e the verde.
Dopo alcuni secondo passati a fissare lo schermo del suo telefono, mi guarda e sospira.
«Scommetto che non hai un rasoio, vero?» scuoto la testa e aspetto che continui.
«Una mascherina?»
Ci penso su per un po', anche se sono sicura di averle lasciate in uno degli scatoloni che arriveranno oggi pomeriggio con la ditta dei traslochi. Però, pensandoci meglio, dovrei avere qualcosa che fa al caso suo.
Quindi, passo accanto al ragazzo, vicino al piccolo tavolo da pranzo, e mi abbasso fino a raggiungere le scatole sotto al mio letto.
Frugo per un un po' tra le cianfrusaglie che comprai qualche anno fa, finché non trovo quello che stavo cercando: la mascherina originale del merchandise dei BTS.
La mostro al coreano, che si leva finalmente la mano dal mento, rivelando un leggero strato di barba, poi si mette a ridere e annuisce.
«Sì, penso possa andare bene.»

Dieci minuti dopo, lo sto già salutando sullo stipite della porta.
«Devo partire. Mi sgrideranno a vita per ciò che ho fatto.» guarda altrove, mezzo sofferente e mezzo divertito. Capisco che si aspetta che io dica qualcosa, quindi entro un attimo in casa, prendo una bottiglietta d'acqua e un melon pan ancora incartato e li consegno a Namjoon.
«Non hai fatto colazione.» dico, porgendoglieli.
Lui sorride e mi ringrazia, poi si avvicina per baciarmi la fronte, ma mi sottraggo lasciandolo perplesso. Mi guarda con uno sguardo interrogativo, come se non capisse. Ci riprova, quindi, un'altra volta, e ne esce vittorioso. Il punto in cui le sue labbra si sono posate brucia come se fosse stato punto da milioni di aghi incandescenti, e anche le mie guance percepiscono lo stesso effetto.
Allora scuoto la testa e indico la mascherina che tiene in mano.
«Non potrai scappare neanche tu. Quella la rivoglio indietro.»

Blind Date // Kim NamjoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora