Capitolo 8.

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Faccio entrare l'idol davanti a me, il quale si avvicina a Daiki disteso sul pavimento e lo mette sdraiato sul materasso.
«È successa la stessa cosa alla tua padrona di casa.»
Lo guardo e analizzo il suo volto, la sua espressione, le vene del suo collo.
«Ho cambiato appartamento.»
«Lo so. Infatti le ho chiesto dove abitassi. Volevo farti gli auguri di buon compleanno.»
«Potevi mandarmi un messaggio.»
«Ti ho cercata tanto, non sei più entrata su quel sito da quel giorno.»
«Infatti.»
Rimaniamo in silenzio, lui seduto sul mio letto con Daiki incosciente, ed io in piedi in mezzo alla stanza, accanto alla torta caduta sul pavimento.
Sto ancora cercando di realizzare ciò che sta accadendo, ma soprattutto la persona che ho davanti.
«Mi hai seguita, quel giorno, vero?»
«No. Ti ho solamente rincorso e ho chiamato il tuo nome per almeno cinque minuti, senza mai catturare la tua attenzione. Poi ti ho vista entrare in casa tua e ho segnato la posizione sulla mappa del telefono.»
«Sei uno stalker.»
«Voglio parlare. Perché sei scappata?»
Mi mordo l'interno della guancia e mi giro nella direzione opposta per non fargli notare il rossore sulle mie guance.
«Sei un idol, come avresti voluto che reagissi? Saltandoti addosso e urlando il tuo nome?!»
Il coreano non dice più niente, dai rumori posso capire che sta sistemando l'altro ragazzo meglio sul letto.
«Non voglio problemi. Non voglio che ti vedano in giro con persone con cui non dovresti stare.»
«So che non ci conosciamo molto, e non so neanche cosa mi spinga a cercarti. Ma so che ogni volta che prendo il mano il telefono che uso in Giappone, non posso fare a meno di cercarti su quel sito e rileggere i messaggi che ci siamo mandati.»
Sospiro, mentre lascio che continui a spiegare.
«Ho aspettato il tuo compleanno per venire a cercarti, ma solo perché prima ero molto occupato e non potevo.»
Scuoto la testa, mi giro e lo fisso negli occhi, ma me ne pento all'istante. Indossa delle lenti a contatto più chiare e sta facendo una smorfia che gli permette di mostrare una delle sue fossette al lato della bocca. I suoi capelli sono color argento e giuro che nelle foto su Twitter non sembrava così perfetto.
«Ti senti in questo modo solo perché non sei abituato a vedere le persone scappare da te. Non avresti dovuto cercarmi.»
Afferro alcuni tovaglioli dal ripiano della cucina e pulisco il disastro di panna e pan di spagna sul pavimento.
Restiamo in silenzio finché non finisco di sparecchiare il tavolo e tutto torna in ordine, poi la voce di Daiki squilla nella stanza.
«Qualcuno mi porti a casa, per favore.»

«Non se ne parla neanche.» ripeto, cercando di spingere all'indietro il piede di Namjoon tra la porta e lo stipite di essa.
Ovviamente non sono abbastanza forte per resistere contro di lui, quindi alla fine vince ed entra nel mio appartamento.
Pensavo che la scusa di dover accompagnare Daiki a casa sua sarebbe bastata per tenerlo fuori di qui, ma a quanto pare mi sbagliavo.
«Le fan sanno che sono a Tokyo, assedieranno qualsiasi hotel per cercarmi!» spiega, togliendosi le scarpe e la giacca.
Ora le sue braccia sono scoperte, e giuro di averle guardate più e più volte.
«Questo non ti dà il permesso di irrompere in casa mia e pretendere di passare la notte qui.»
Il coreano si passa una mano tra i capelli scintillanti e sbuffa con un mezzo sorriso sulle labbra.
«Giuro che non farò niente. Non sono così disperato.»
Incrocio le braccia al petto e mi giro in un'altra direzione. Non che ci sperassi, ovviamente.
«D'accordo. Fai come vuoi.»

Due ore dopo siamo sdraiati nello stesso letto, la mia schiena guarda la sua, e non ho la più minima intenzione di girarmi.
Sono incredibilmente imbarazzata da questa situazione: mai e poi mai avrei immaginato di stare nello stesso letto con una star di fama mondiale; senza fare niente, poi.
All'improvviso sento un peso sollevarsi dal materasso e, girandomi, scopro che Namjoon si è alzato dal letto e si trova in piedi al centro della stanza.
«Non riesci a dormire?» chiedo, dopo alcuni secondi passati a esitare.
Lui si gira, colto di sorpresa, e posso vedere il suo sguardo su di me grazie alla luce della luna che passa dalla finestra.
Scuote la testa e ritorna verso di me, sedendosi sul letto.
«È il jet lag. Fino a dodici ore fa mi trovavo in America. Poi Jimin ha passato tutto il tempo al computer, quindi non ho fatto altro che dormire.» mentre lo dice, accarezza le lenzuola con una mano. Deve tenere molto alla loro amicizia.

Blind Date // Kim NamjoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora