Capitolo XII

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Sento subito una risata nervosa provenire dall'altra parte del telefono, poi delle altre voci mi fanno capire che non è solo.
«Allora? Cosa vuoi?» chiedo, accavallando le gambe sul bordo del letto e adottando un tono indifferente.
«Ti stavo cercando.»
«Quindi?»
«Hai di nuovo cambiato casa?»
«Sono tornata in Italia.»
Restiamo entrambi in silenzio, anche se le voci di sottofondo continuano a riecheggiare dal mio telefono in viva voce.
Dopo alcuni secondi, finalmente riprende a parlare.
«Finirò mai di rincorrerti?» chiede, a bassa voce, che quasi faccio fatica a sentirlo.
Subito sento le mie guance avvampare e, istintivamente, mi copro la faccia con la manica del pigiama.
Non posso credere che abbia appena detto una cosa così imbarazzante con tanta facilità. Quindi sospiro dall'esasperazione e mi schiarisco di nuovo la voce.
«Non te l'ha chiesto nessuno.»
Sento alcune frasi in coreano, in lontananza, poi lo sbattere di una portiera.
«Pensi che riuscirò a venire da te entro Natale?» chiede, tranquillamente, come se la mia opinione non contasse affatto.

Kim Namjoon, per la miseria, smettila di fare il dominatore e ascoltami per un momento.

«Perché dovresti venire da me a Natale?» chiedo a mia volta, marcando l'ultima parola.
«Giusto.» fa una piccola pausa e riprende a parlare solo dopo una decina di secondi.
«Dovrei venire da te la vigilia.»
Perdo all'istante un battito, forse due, o magari tre. Non riesco a respirare, e forse è solo perché sto trattenendo il fiato dentro di me dalla paura di lasciare andare i miei sentimenti, di vederli uscire da me con tanta facilità e forse dalla paura di rimanere delusa ancora.
Però, nonostante anche io faccia fatica a crederci, mi ritrovo a dettargli il mio indirizzo e a precisare che, se non sarà sotto casa mia entro le venti del ventiquattro, lo lascerò fuori al freddo sul muretto del condominio.

Apro gli occhi e la scena che mi si presenta davanti è la stessa della mattina prima, solo che qualcosa dentro di me sembra essere cambiato. Mi sono svegliata dieci minuti prima del suono della sveglia, eppure mi sembra di non essermi nemmeno addormentata, ieri sera, dopo la telefonata.
Mi ricordo che il coreano mi ha promesso di chiamarmi tra poco, quindi mi vesto velocemente dopo essere uscita dal bagno e mi preparo per uscire di casa. Non voglio uscire parlando al telefono in giapponese, quindi prego tutti i santi affinché mi chiami entro poco tempo.
Infatti, non faccio in tempo a dirlo due volte che il telefono vibra e risuona tra le mie mani.
Faccio finta di essere estremamente occupata e aspetto almeno tre o quattro squilli prima di rispondere.
«Pronto?» dico, distrattamente, nonostante la voce esca tremando dalla mia bocca.
«Bonciorno!» esclama, nella mia lingua, ridendo alla fine.
Scuoto la testa e afferro la sciarpa dall'appendiabiti in salotto, ridacchiando un po' anche io.
«Com'era? L'ho detto bene?» chiede, titubante, e comincio a pensare che anche uno come lui possa avere un lato insicuro, forse.
Ci penso per un po', poi sospiro e rispondo.
«Dobbiamo migliorare, ma va bene così.»
«Anche tu non sai mezza parola di coreano, non dovresti dire così.»
«Non è vero, Namjoon oppa
Ancora silenzio, mi rendo conto che non a tutti i coreani piace essere chiamati in quel modo, quindi ora temo la sua risposta.
Fortunatamente, lo sento ridacchiare e successivamente sospira.
«Mi hai sorpreso, lo ammetto.»
Sorrido, soddisfatta, sapendo che non può vedermi.
«Ho prenotato un volo per domani, comunque.» dice tranquillamente, cogliendo di sorpresa me, questa volta.
«Davvero?» chiedo, quasi a bocca aperta.
«Sì, sul serio. Dovrei farcela, salvo imprevisti.»
Capisco subito a cosa si riferisce. Vorrebbe essere da me entro le venti della vigilia, esattamente come un anno fa.
Involontariamente arrossisco davanti a un atto tanto nobile, dedicato esclusivamente a me e a nessun altro.
I miei genitori partiranno questa sera e andranno a stare per qualche giorno da alcuni parenti in montagna, lasciando a me le redini della casa. Hanno cercato di convincermi, ma i canti di Natale davanti al camino non fanno proprio per me e, in ogni caso, penso di avere di meglio da fare.
«Spero tu abbia già un regalo di Natale per me.» dico, dopo un po', ricordandomi che quest'anno l'unico regalo dei miei genitori è la possibilità di stare a casa con loro finché non avrò uno stipendio stabile.
Namjoon sbuffa, a quanto pare è una cosa che fa molto spesso, poi sento un coro di voci salutare dall'altra parte del telefono.
«Non ti basta la mia presenza?»
«Sto solo sperando che non mi regali altri Pocky, siccome ho ancora una decina di scatole da finire.»
Faccio una breve pausa poi, sentendo ancora innumerevoli voci, mi incuriosisco.
«Sei con il tuo gruppo? Gli altri membri dei Bangtan
«Sì, iniziamo a provare tra poco.»
«Oh, capisco.» forse il mio tono di voce potrà sembrare leggermente deluso, perché so che tra pochi istanti dovremo chiudere la telefonata, ma il ragazzo mi fa un'altra promessa che mi rassicura all'istante.
«Ti chiamo quando finiamo, va bene?»
Annuisco, ma mi ricordo che non può vedermi. «Sì, va bene.»
«Potrei portare uno di loro con me, a Natale, che ne pensi?»
«Penso che morirei.»

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Scrivere sta diventando un'impresa, con la scuola e tutto il resto, ma ce l'ho fatta YEAH
Spero il capitolo vi sia piaciuto ///

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Bye xx

Blind Date // Kim NamjoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora