Questa è una storia.
La storia di qualcuno, casuale, mediocre, banale direi.
Questa è solamente una storia vera.Martedì mattina, presto, sono le cinque e mezza e l'estate sta finendo. A est il cielo rischiara mentre la luna prepotente inchiodata lassù, sembra non voglia scendere.
Fa fresco e mentre aspetto Angelo, il caro amico che devo accompagnare a Bracciano, sfoglio pigramente il blocco da disegno che mi porto sempre dietro.Lo devo accompagnare, dicevo, a Bracciano per svuotare la cantina della nonna morta di un suo amico, un tale Manolo, che io non conosco, che si è stufato di tutto quel ciarpame accatastato e vecchio.
Angelo detto "er cantina" appunto, vista la sua professione, che comunque gli permette di vivere dignitosamente poiché non solo si fa pagare per svuotare cantine, garage, container, giardini e orti ma che gli consente di rivendere ciò che trova; molto spesso dei piccoli tesori, ha un furgone che all'occorrenza usa come camera da letto ma molto più spesso lo usa per piccoli trasporti ed io dal canto mio sono sempre ben disposto ad arrotondare seppur faticando, visto che il lavoro di disegnatore mi permette a malapena di pagare le bollette."Ciao Giusè!"
"Oh cantí, alla bòn'ora!"
Salgo sul furgone e chiudo lo sportello.
"Che c'hai in mano?" Chiede.
Gli mostro il blocco con gli ultimi disegni e lui strabuzza gli occhi.
"Mortaccitua quanto sei forte."Mette in moto e partiamo.
Una quarantina di minuti dopo Bracciano ci sorride nella fresca mattina mentre ci fermiamo a fare colazione col classico cappuccino e cornetto in un piccolo e rumoroso bar dove poco dopo ci raggiunge Manolo.
"Grande, cantina!" Urla mentre gli batte una mano sulla spalla, poi la porge anche a me.
Gliela stringo e mi presento.Appena pagato risaliamo sul furgone e seguiamo l'auto di Manolo che ci conduce in una strada di campagna dove si trova la casa della defunta nonna.
"Eccoci. Nonna ha vissuto da sola per quarant'anni qui e ha ammucchiato una vita intera di ricordi e mondezza. Era vedova e tanto triste, pòra nonna." Ci dice abbassando gli occhi a guardarsi la punta dei piedi.
Dalla tasca tira fuori un grosso mazzo di chiavi e nell'ordine apre il cancello, la porta di casa e quella della cantina che si trova esattamente dietro al vecchio fabbricato. Angelo parcheggia nel giardino mentre io comincio il giro d'ispezione per farmi un'idea di quanta roba ci tocca caricare.
Effettivamente la roba è tanta, accatastata alla rinfusa e tanto impolverata da dovermi coprire il naso e la bocca con la bandana a mo' di bandito del west."Daje cominciamo." Esclamo per dar più coraggio a me stesso che non ad Angelo, inforco i guanti e comincio a togliere le consunte coperte da sopra gli antichi mobili.
"Oh Giusè, la roba bòna mettela da parte che se la caricamo domattina, oggi portamose via solo la monnezza." Mi dice mentre con occhio esperto soppesa le cianfrusaglie della pòra nonna di Manolo.
Come Mosè separava le acque, lui separa la mondezza con esperienza e abilità;
"Questo de qua e quello sur furgone, questo me lo venno e quello lo frullamo." Canticchia.I minuti e le ore passano e il furgone è ormai quasi del tutto carico, è quasi mezzogiorno e Angelo propone di mangiare un boccone, poi dopo pranzo chiamerà Manolo per fargli vedere come procede. Accetto molto volentieri e corro in bagno a lavare le mani e sciacquare un po' di polvere dal viso e dal collo. Siamo a fine agosto e sotto a quella cantina il caldo è torrido, per fortuna che al mio ritorno mi fa trovare una Peroni gelata.
Mentre beviamo e mangiamo mi chiede di poter dare un'occhiata ai disegni visti prima ed io, da buon artista vanitoso colgo subito l'occasione per farmi fare qualche complimento, apro lo zaino e gli porgo il blocco, intanto mi faccio un giro. Curioso, alzo coperte e apro cassetti finché la mia attenzione viene attratta da una valigia dietro ad un quadro dalle tinte fosche e cupe che mi inquieta un po'.
Lo scanso e prendo la valigia in mano, è leggera ma si sente che non è vuota, quindi la poggio a terra e istintivamente, prima di aprirla mi volto, per accertarmi che non vi sia nessuno alle mie spalle. Un gesto totalmente istintivo e privo di alcuna motivazione, eppure spontaneo che ammanta di mistero il piccolo momento di solitudine che sto vivendo.
Prendo la maniglia e alzo la valigetta, faccio scattare la serratura e quella si apre come fosse appena oliata. Peccato, mi dico, avrei preferito sudarmela di più, sarebbe stato più avventuroso. "Per aspera ad astra", dicevano i latini, che se ne intendevano; perciò non mi aspetto alcun tesoro qui dentro.Prendo le due estremità e la apro poggiandola sul pavimento facendo quanta più attenzione a non far rumore. Da lontano sento:
"Taccitua Giusè si 'n sei forte a disegnà!" Angelo è sempre colorito nella composizione dei complimenti.
"Grazie cantí!" Grido rispondendo.
Abbasso lo sguardo sulla valigetta e vedo un grosso panno rosso bordeaux, lucido, di seta forse che copre qualcosa di ampio e piatto. Lo tolgo e sotto c'è un foglio di cartone nero pieno di lettere e numeri in oro. Un grosso "SI" e un altrettanto grosso "NO" si trovano ai lati della composizione alfanumerica.
Cazzo ci faceva la nonna di Manolo con una tavola ouija?

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Quella cantina
Mystère / ThrillerÈ un racconto fosco, nero, dove tutto si mescola senza poter dare la possibilità di capire nulla fuorché ciò che si vede alla luce della torcia. Tutto il resto si può solamente percepire. In una Roma quotidiana e consueta ci sono storie che mai avre...