Non mi va di aspettare, quindi vado via. Ho chiuso il tuo libro e l'ho messo sulla sedia, lo rovini a lasciarlo aperto così. La ricerca è da finire. Ci vediamo domani a scuola. Thomas.
Trovai quel bigliettino lasciato sul libro che avevo poggiato sul letto, accuratamente richiuso. È di sicuro stato lui, pensai. Ero talmente stranito da tutto ciò che era successo, che decisi di mangiare qualcosa, e andare subito a letto, anche se era pieno pomeriggio. Niente in quella giornata era andato come mi sarei aspettato. Decisi quindi di dimenticarla al più presto, e quale modo migliore, se non dormire senza pensare e nient'altro?
Per qualche strana ragione a me ignota però, nemmeno i giorni successivi andarono come mi sarei aspettato. Tanto per cominciare, Thomas non mi ignorava più. Aveva preso l'abitudine di piazzarsi piuttosto vicino a me all'ingresso della scuola, e di salutarmi con un "Ehilà, nanetto!" sorridendo, seguito a ruota dai suoi compagni, Lettice, Grace e Matt. Loro però, non mi sorridevano, tutt'altro. Avevo l'impressione che Lettice e Grace mi guardassero male ogni volta che ne avevano l'occasione. Matt invece non sembrava essere particolarmente interessato a lanciarmi occhiatacce, o forse non ne aveva il tempo: quando erano insieme, non passavano cinque minuti senza che pomiciasse appassionatamente con Lettice. D'altro canto passavo il tempo a cercare in tutti i modi di evitare lo sguardo di Thomas. Dopo quello che era successo un po' di giorni prima, non riuscivo nemmeno a guardarlo negli occhi, a meno che non volessi morire di imbarazzo. E ovviamente morire di imbarazzo era una delle ultime cose che desideravo. Quindi, quando faceva il simpatico salutandomi, o mi giravo da un'altra parte, oppure rispondevo al saluto con un "hey" impercettibile, sempre senza guardarlo. Inoltre, a quanto pareva non ero l'unico stupito dal suo "strano" comportamento. Anche i professori avevano notato come mi salutasse prima di entrare in classe, e molto probabilmente non approvavano in nessun modo questo cambiamento: Jack Parker, l'agnellino escluso e silenzioso della classe, che si unisce a niente di meno che Thomas Wright. La fine che avrebbero fatto i miei voti già pessimi, potevo solo immaginarla. Infatti, se gli insegnanti erano abbastanza clementi con me, tanto che ero riuscito a passare tutti gli anni, cosa abbastanza strana date le mie valutazioni, certamente, e comprensibilmente, non lo erano con Thomas. Del resto, se fossi stato un professore, nemmeno io avrei trovato ragioni valide per essere comprensibile con lui. A quanto pareva però, questo non gli interessava minimamente. Così continuò a salutarmi in quel modo ogni giorno, ed io, quasi senza accorgermene, mi stavo lentamente abituando a questo cambiamento. Finché una fredda mattina di metà novembre, circa tre settimane dopo l'inizio di questa strana cosa, gli risposi guardandolo in volto. E non replicai con un "hey" impercettibile come avevo fatto fino ad allora. Ciò che uscì dalla mia bocca fu un chiaro "Hey, Thomas", accompagnato dal saluto della mia mano.
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Don't you trust me?
RomanceJack Parker, diciassette anni, frequenta la quarta superiore. Odia tutto e tutti, va male a scuola, è completamente asociale, e non ha alcun tipo di obiettivo se non quello di leggere dalla mattina alla sera. Non sopporta un'infinità di cose, in par...