"La penna vacilla, poi sfugge alla mia presa, lasciando una striscia d'inchiostro come la traccia di una lumaca attraverso la carta. Ho rovinato un'altra pagina di buon materiale per quella che sospetto sia un'impresa futile. Mi chiedo se sono in grado scrivere questa storia, o se ogni pagina conterrà la subdola manifestazione di un'amarezza che credevo morta da tempo. Mi considero guarito da ogni rancore, ma quando la penna tocca il foglio, il dolore e gli errori di un ragazzo, e poi di un adulto trasudano come sangue insieme all'inchiostro creato dal mare, al punto da farmi sospettare che ciascuna lettera nera accuratamente tracciata sia una crosta sopra un'antica ferita scarlatta. Abelas e Cirilla erano sempre così entusiasti ogni volta che si discuteva di un resoconto scritto della storia degli antichi elfi, dunque mi sono persuaso che stenderlo sarebbe stato uno sforzo lodevole. Mi sono convinto che l'esercizio avrebbe allontanato i miei pensieri dal dolore e mi avrebbe aiutato a passare il tempo. Ma ciascun evento storico che prendo in considerazione riesce solo a risvegliare le mie personali ombre di solitudine e perdita. Temo che dovrò interamente accantonare questo lavoro, o rassegnarmi a riconsiderare tutto ciò che mi ha plasmato come sono. E così ricomincio ancora una volta, e un'altra, ma scopro sempre che sto scrivendo dei miei inizi piuttosto che degli inizi di una civiltà. Non so neppure a chi sto cercando di spiegare me stesso. La mia vita è stata una ragnatela di segreti, segreti che perfino adesso è pericoloso rivelare. Dovrò stenderli tutti su questa bella carta, solo per sprigionare da essi fiamme e cenere? Forse."
Lettera mai spedita di Solas Dorren aep Shiadhal a Crevan Espane aep Caomhan Macha
Da ragazzo avrei detestato tutto questo. Ricordo la prima volta che mio padre, il grande re degli Ontani mi disse che, una volta completato il mio addestramento al Tempio, avrei avuto le spalle abbastanza larghe e la schiena abbastanza robusta da reggere il peso di Elvhenan. A quei tempi ero un giovane arrogante e presuntuoso. Un ragazzino ribelle e irascibile. Eppure, a volte mi domando se sia stato solo per un caso che io non sia nato morto o semplicemente svanito nell'ombra, oppure se sia stata una mossa deliberata da parte di Mythal. A quei tempi era la mia mentore, mi insegnava l'arte della magia. Mythal collaborava con il re, suo fratello, in veste di spia e consigliera e mi insegnò a seguire le sue orme. Un gemello reale, mi disse, è al sicuro finché si rende utile, anche se erediterà il trono. Ero un gemello sopravvissuto, cosa molto rara negli elfi, ignorato o maltrattato mentre solcavo le pericolose acque della politica; ma re Auberon ed io sapevamo bene che ero protetto dalla mano del re e dai suoi sicari. Mythal non solo mi spiegò tutto sui sotterfugi e le magie più arcane e pericolose, ma soprattutto quello che dovevo fare per sopravvivere come un figlio scomodo stirpe reale. Aveva cercato forse di mettermi in guardia o di insegnarmi a odiare per legarmi ancora di più a sé? Perfino queste domande mi sono venute in mente troppo tardi.
Nel corso degli anni ho visto re Auberon sotto molteplici forme. Dapprima come la persona orribile che detestava gli elfi e ancora di più me, la persona con il potere di condannare me a un'esistenza dove persino il mio nome era il marchio della mia nascita sconsiderata. Ricordo un periodo della mia vita in cui addirittura temevo di comparirgli davanti. Anni dopo, quando il mio Lupo morì di stenti cercando la libertà, con ogni probabilità fu lui a martoriarlo. E non ci fu niente che Lara o io io potessimo fare, nessuna giustizia da invocare. Ricordo di essermi chiesto se Mythal non lo sapesse o non gliene importasse niente. Ricordo di aver realizzato con assoluta certezza che se mio padre avesse voluto la mia morte, l'avrebbe chiesta. Chissà se in tal caso Mythal mi avrebbe protetto o si sarebbe piegata al suo volere, lasciando che accadesse. Queste erano le cose che mi domandavo da bambino.
Tir Nà Lia per me era un'idea, un luogo ostile di esilio e umiliazione. Quando ero piccolo e vivevo ancora a Sherisia, mi fu detto che era lì che mio padre si era rifugiato per nascondersi dalla vergogna che io rappresentavo. Era sul punto di abdicare in favore della sorella, si sarebbe chiuso nel suo muto cordoglio e avrebbe convissuto con la collera nei miei confronti, avrebbe chiesto scusa a Mythal ed Elgar'nan per la mancanza di assennatezza che aveva dimostrato, ed era fuggito lontano dal figlio che aveva generato e aveva ucciso la sua amata regina. Perciò immaginavo quel luogo basandomi sugli unici altri luoghi che avessi mai conosciuto: come un maniero su una collina. Me lo figuravo simile all'avamposto fortificato del castello di Skyhold, o come le mura invalicabili del Tempio di Mythal, arroccato in cima alle nere scogliere a strapiombo sul fiume. Immaginavo mio padre aggirarsi incupito e solitario in una gelida sala di pietra tappezzata di vessilli di guerra e antiche armi. Immaginavo campi aridi e pietrosi che cedevano il passo ad acquitrini ammantati di nebbia. Immaginai che Corvo Bianco avesse esattamente quell'aspetto. Sbagliai su entrambi. Tir Nà Lia era una ridente cittadina ai piedi del Tempio con un florido borgo dai colori candidi e sempre curato e Corvo Bianco era una grande dimora, elegante e confortevole, costruita in un'ampia valle fertile. Le sue mura non erano di pietra, ma di quercia e di acero, e sebbene i pavimenti fossero lastricati di sassi piatti di fiume, le pareti erano rivestite di caldo legno. I tiepidi raggi di sole della florida valle filtravano nelle stanze dalle finestre alte e strette. Il viale d'ingresso era ampio e fiancheggiato da delicate betulle bianche, che in autunno lasciavano un tappeto di foglie dorate e d'inverno, appesantite dalla neve, si piegavano formando una candida galleria di ghiaccio trapunta di squarci di cielo azzurro. Come Tir Nà Lia, anche Corvo Bianco non era una fortezza dove scontare l'esilio, ma un piacevole rifugio. Penso che mia zia amasse mio padre tanto quanto lui odiasse se stesso. Mythal consigliò a mio padre di ritirarsi dalla vita corte per qualche tempo e lo ospitò a Tir Nà Lia per salvarlo. Perciò quando io andai a Corvo Bianco con la donna che amavo, per un certo periodo divenne un luogo di pace e tranquillità per tutti noi.
Il tempo è un maestro severo che ci impartisce lezioni che apprendiamo troppo tardi perché possano tornare utili. Anni dopo dacché avrei potuto trarne vantaggio, ho capito tante cose. Ora ripenso a mio padre e vedo un elfo afflitto dalle pene di un regno sull'orlo della guerra civile che a poco a poco lo avevano privato delle energie del corpo e della lucidità di mente. Peggio ancora, vedo mio padre per quello che era: non una persona malvagia, decisa a rendermi la vita impossibile, ma un padre che a modo suo voleva proteggere un figlio anche se la sua nascita significò la morte della sua amata.

YOU ARE READING
You went looking for a Myth and found an elf
FanfictionSolas vive in pace con la famiglia nella tenuta che ha avuto in dono dalla Corona di Nilfgaard per gli anni di leale servizio. Ma dietro quella facciata di tranquillo e rispettabile signore di campagna si nasconde un passato turbolento. Perché Solas...