Cap. 3 - La caduta del Comandante

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"Un segreto è tuo finché non lo condividi. Dillo a una sola persona, e non sarà più un segreto."

· Sorella Leliana. Mano Sinistra della Divina. Capo spia. Usignolo della Corte Imperiale. Siniscalco dell'Inquisizione.

Le galline chiocciavano, i bambini strillavano e l'aroma stuzzicante della carne arrostita aleggiava nell'aria estiva. Un cielo azzurro e limpido splendeva sui banchi del mercato di Beauclair, la più grande cittadina nei dintorni della tenuta di Corvo Bianco, nonché capitale del ducato di Toussaint. Beauclair si trovava al crocevia di numerose strade commerciali, con un buon accesso alle fattorie circostanti della valle e una via d'accesso ben tenuta che portava al porto sul fiume Sansretour. Le merci arrivavano seguendo la via d'acqua oppure dai villaggi circostanti. I mercati del decimo giorno erano i più affollati e i carri dei contadini riempivano la piazza circolare, mentre i venditori ambulanti allestivano i banchi o stendevano coperte sui prati del villaggio sotto le grandi querce che orlavano le rive del gorgogliante ruscello e davano il nome alla città. I contadini più umili non avevano che verdure fresche oppure oggetti di artigianato da esporre sulle stuoie, mentre gli agricoltori delle fattorie più grandi sistemavano banchi temporanei per vendere matasse di lana tinta, forme di formaggio o fette di maiale affumicato. Dietro i banchi del mercato del decimo giorno c'erano le botteghe dei mercanti residenti a Beauclair: il calzolaio, la merciaia, il giocattolaio, lo stagnaio e il fabbro. La taverna dello Zoccolo Brillante aveva disposto fuori all'ombra tavoli e panche. Il venditore di tessuti esponeva rotoli di stoffa e di filati tinti; il fabbro offriva articoli di latta, ferro e rame; il calzolaio si era seduto all'esterno della bottega e stava cucendo una morbida pantofolina rossa da signora, mentre il giocattolaio stava sgrossando con un coltellino la zampa di un piccolo cavallo di legno scuro. Il piacevole brusio dei baratti e dei pettegolezzi giungeva alle mie orecchie a ondate, come una marea. Ero seduto su una delle panche della taverna sotto una quercia, con davanti un boccale di birra. Avevo sbrigato tutte le mie commissioni. Avevamo ricevuto un messaggio da Lunus e Abelas, il primo ad arrivare dopo molti mesi. Lunus aveva dato alla luce un bambino sulla fine della primavera e la creatura sembrava godere di buona salute. Abelas e Lunus non potevano esser più felici ed io lo ero per loro. Anche Elanor ne era entusiasta e accolse la notizia accarezzando il gonfiore del suo ventre.

Mentre osservavo il calzolaio, mi domandai se a mia moglie sarebbero piaciute quelle scarpette rosse. Ma evidentemente quel paio era stato ordinato, perché una donna giovane e snella con una massa ribelle di riccioli neri sbucò dalla calca del mercato per avvicinarsi al calzolaio. Non udii cosa disse, però l'uomo diede altri tre punti, fece un piccolo nodo e spezzò il filo con i denti; poi offrì la scarpetta e la sua compagna alla donna. Con il volto illuminato da un sorriso soddisfatto, la giovane posò un mucchietto di monete di rame sulla panca e si sedette per provarsi le scarpe nuove. Si alzò, si sollevò le sottane fin quasi al ginocchio e accennò qualche passo di danza sulla via polverosa. Io sorrisi e mi guardai intorno in cerca di qualcuno con cui condividere lo spasso della sua gioia irrefrenabile, ma i due vecchi agricoltori seduti dall'altro lato della mia panca si stavano lamentando della pioggia o della sua mancanza, mentre Elanor era immersa nella folla a godersi la giornata di contrattazioni con i mercanti. Qualche mese fa, quando Dorian era ancora vivo, andare al mercato era una faccenda molto più complicata. Tuttavia, nel giro di poco più di due mesi avevamo perso Dorian. Penso che per la gran parte di quel periodo restammo entrambi sconvolti da quel brusco cambiamento nella nostra vita. Per le settimane successive, avevamo vagato in una casa improvvisamente troppo grande. Solo di recente avevamo cominciato a esplorare con cautela la nostra nuova situazione. Oggi eravamo fuggiti dai nostri ruoli di signore e signora del castello per prenderci una giornata tutta per noi. L'avevamo progettata per bene. Elanor aveva una breve lista di articoli che voleva comprare. Io non avevo bisogno di alcuna lista per ricordarmi che quella era una giornata dedicata all'ozio. Già pregustavo la musica che avremmo ascoltato alla locanda durante la cena. Se ci fossimo attardati, avremmo potuto persino passare lì la notte e tornare a Giuncheto il mattino dopo. Chissà perché l'idea di me ed Elanor da soli in una locanda mi suscitò pensieri più indicati a un ragazzo di quindici anni che a un adulto di nobili origini. Mi venne da sorridere.

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