"E così, come ho sempre fatto, mi rivolgo a te per un parere. Sebbene sappia che è impossibile, vorrei tanto sedermi e ragionare insieme ancora una volta. Hai sempre avuto la capacità di individuare i nodi intricati della politica, svelare le trame e risalire a chi aveva predisposto il cappio. Mi mancano molto le tue introspezioni. Come mi manca la tua compagnia. Non sei mai stato un guerriero, eppure con te al mio fianco non mi sono mai sentito più protetto.
Tuttavia devo anche ammettere che mi hai ferito come pochi altri nella vita. Hai scritto a Sera, a quell'elfa che a malapena conoscevi. Perché a me no? Se in tutti questi anni avessi ricevuto anche solo un messaggio da parte tua, avrei almeno avuto un indirizzo a cui inviare queste mie riflessioni. Tramite un messaggero o un piccione viaggiatore, te le avrei spedite, immaginando che, in qualche tempo o luogo remoto, ti avrebbero raggiunto e che allora mi avresti dedicato almeno un pensiero. Sai come sono fatto. Prendo i vaghi indizi a mia disposizione e immagino che non mi scrivi di proposito, affinché io non possa raggiungerti in alcun modo. Perché? Cosa devo pensare se non che temi che chissà come io possa disfare il tuo lavoro? E su questa base, mi domando se è questo che sono sempre stato per te. Soltanto il Catalizzatore? L'arma che si può brandire senza pietà, per poi scartarla nel timore che faccia del male a te o alla tua opera? Ho bisogno di un amico, e non ho nessuno a cui confidare le mie debolezze, le mie paure, i miei errori. Ho l'amore di Elanor e la piccola Haleira ha bisogno della mia forza. Non ammetterei mai che mi si spezza il cuore nel vedere Haleira restare inerte. Mentre i miei sogni di un futuro radioso per lei sfumano, e crescono i timori che resti per sempre infantile e ritardata, a chi posso confidare le mie pene? Ad Elanor, che la ama svisceratamente ed è convinta che il tempo le darà quello che adesso le manca? Non sembra rendersi conto che nostra figlia è meno intelligente di un pulcino di due giorni. Saggio, mia figlia non mi guarda negli occhi. Quando la tocco, si ritrae il più possibile da me. Non è molto evidente, perché ancora non riesce a rotolare via né ad alzare la testa. Non emette un suono, tranne quando piange. Cosa che non succede spesso. Non allunga la manina per afferrare il dito della mamma. È passiva, Avallac'h, più un vegetale che un essere umano, e il mio cuore sanguina ogni giorno per lei. Vorrei amarla, e invece scopro che ho dedicato il mio cuore a una figlia che non esiste, alla bambina che immaginavo sarebbe stata. E così guardo la mia Haleira e vorrei che fosse quello che non è. E che forse non sarà mai.
Ah, non so quale consolazione potrebbe offrirmi una persona, se non quella di lasciarmi esprimere questi pensieri ad alta voce senza inorridire davanti alla mia crudeltà.
Allora scrivo queste parole e le consegno alle fiamme o le strappo come ho fatto con le altre inutili riflessioni che ossessivamente scrivo ogni notte."
Aspettai quattro mesi prima di andare alla Rocca di Cintra per affrontare Abelas e Lunus. In quei giorni la casa era tranquilla, sebbene dedita alle consuete attività quotidiane. Mia figlia mangiava bene e dormiva per brevi intervalli come fanno tutti i neonati, a detta di Elanor, ma a me sembrava pochissimo. Eppure la notte non ci disturbava con il pianto, restava immobile e sveglia, con gli occhi spalancati che fissavano un angolo buio della stanza. Dormiva ancora in mezzo a Elanor e me, e di giorno passava tutto il tempo con la madre.
Haleira cresceva, seppure molto lentamente. Godeva di buona salute, però Elanor mi confidò che non riusciva a fare quello che facevano i bambini della sua età. All'inizio ignorai le preoccupazioni di mia moglie. Haleira era piccola, ma perfetta ai miei occhi. Quando la guardavo nella culla, lei fissava il soffitto con quello sguardo azzurro che mi colmava il cuore di amore. "Dalle tempo, - dissi a Elanor - ci riuscirà. Non hai idea di quanti cuccioli deboli abbia allevato, per vederli diventare in seguito i cani più svegli del branco. Ce la farà." "Lei non è un cucciolo!" esclamò mia moglie indignata, poi si addolcì con un sorriso e aggiunse: "«È stata a poco dentro di me ed è nata piccolina. Forse le ci vorrà tanto tempo per crescere fuori di me." Non pensavo di averla convinta con le mie parole, ma in qualche modo l'avevano consolata. Con il passare dei giorni, tuttavia, non potevo ignorare il fatto che la mia bambina non cambiava. A un mese, era poco più grande di quando era nata. All'inizio le domestiche si complimentavano per quanto fosse buona, calma e silenziosa. Ben presto però smisero di fare quei commenti, e sui loro volti si leggeva compassione. Dentro di me cresceva il terrore che nostra figlia fosse idiota. Non aveva nessuno dei tratti tipici dei bambini ritardati. La lingua non sporgeva gonfia dalla bocca, occhi e orecchie erano proporzionati al faccino. Era graziosa come una bambola, e altrettanto piccola e inerte. Decisi di non pensarci. Mi concentrai invece sulla spia che Abelas aveva mandato in casa mia. Nella quiete, la mia collera aumentava. Forse la alimentavo con le paure che non osavo confessare a me stesso. Ci riflettei a lungo. Non volevo contattare Abelas con un piccione. Mi dissi che avrei dovuto affrontarlo faccia a faccia e fargli capire che non ero un burattino da manovrare a suo piacimento, specie se era coinvolta mia figlia.
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You went looking for a Myth and found an elf
FanfictionSolas vive in pace con la famiglia nella tenuta che ha avuto in dono dalla Corona di Nilfgaard per gli anni di leale servizio. Ma dietro quella facciata di tranquillo e rispettabile signore di campagna si nasconde un passato turbolento. Perché Solas...