"Una delle prime cose che una giovane maga deve imparare è contenersi. Bisogna insegnarle che un contenitore non serve solo a trattenere quello che c'è dentro, ma impedisce a ciò che c'è fuori di entrare; in parole povere, un otre di pelle non solo contiene il vino, ma lascia fuori insetti, pioggia e polvere. Lo stesso vale per la mente di un'adepta. Deve imparare a tenere per sé le proprie considerazioni e a impedire a quelle degli altri di entrare. Se non riuscirà a innalzare questo doppio muro di protezione, cadrà presto vittima dei pensieri degli altri, che siano semplici riflessioni, desideri libidinosi o idee folli. Di seguito verrà illustrato un esercizio che insegnerà all'allieva non solo a tenere per sé i propri pensieri, ma anche a preservare la propria mente dall'intrusione di quelli altrui."
· Da 'Insegnare la magia', di Margarita Laux-Antille
Me ne stavo perfettamente immobile, chiedendomi se mio padre sapesse che ero lì. Era entrato nello studio e adesso fissava lo spioncino. Sapeva dove cercarlo, e se immaginava che fossi nascosta dietro il pannello, sarebbe stato il primo posto dove avrebbe rivolto lo sguardo. Aspettai. Se si fosse voltato e se ne fosse andato, allora significava che non sospettava nulla. "Da'len, ti stavo cercando. Se intendi continuare a scomparire all'improvviso, almeno fammelo sapere. Per favore, esci. Devo parlarti. esordì in tono tranquillo. Silenzio. Il gatto dormiva accanto a me. "Senti, Haleira - mi ammonì, si girò e chiuse la porta dello studio, dichiarando - Quando aprirò il pannello, farai meglio a trovarti lì dietro, pronta a uscire." Parlava sul serio. Lasciai il gatto nero che sonnecchiava e corsi lungo il passaggio che finiva dietro il pannello. Quando mio padre aprì la porta, io uscii, spazzolandomi di dosso le ragnatele. "Vuoi farmi conoscere il mio tutore?" Lui mi squadrò da capo a piedi. "No. Ma sono venuto a parlarti di lui. È qui, però le sue condizioni di salute non sono ottimali. Credo che ci vorrà ancora qualche giorno prima che sia pronto a farti da maestro." "Per me va bene" dissi in tono sommesso. Il sollievo aveva placato le mie emozioni contrastanti. Mi ero divertita a spiare il giovane elfo quando era arrivato; mi ero sentita più capace di gestire la situazione per il fatto di averlo visto prima che lui vedesse me, ma poi avevo scoperto di aver bisogno di tempo per abituarmi all'idea di un tutore. Finché non avessi saputo qualcos'altro su quel giovane, lo avrei evitato quanto possibile. Mio padre mi rivolse un'occhiata interrogativa, poi mi disse: "Hai paura di conoscere il tuo insegnante?" Avrei voluto chiedergli come faceva a saperlo, ma decisi di porgli un'altra domanda: "Pensi che sia venuto per uccidermi?" Per un istante il volto di mio padre impallidì. Durò meno di una frazione di secondo e si finse costernato quando mi domandò brusco: "Chi ti ha messo in testa certe idee?" Come rispondere? Cercai di avvicinarmi il più possibile alla verità, senza passare per una svitata. "Ho sognato che era venuto a uccidermi. Che era stato mandato a uccidermi, tanto tempo fa, ma tu lo avevi fermato. Forse adesso è tornato per riprovarci." Un altro silenzio. Mio padre stava contenendo la sua magia rabbiosa con una tale intensità da sembrare vacuo come la cuoca Tavia. Avevo rinvenuto una pergamena su quell'argomento e l'avevo letta; adesso sapevo come si chiamava quella cosa. Quando conteneva la magia o innalzava le sue barriere significava che io potevo almeno respirare se c'era lui nella stanza, ma significava anche che mi stava nascondendo qualcosa. "È stata tua sorella a mandarlo, e anche messer Abelas. Per insegnarti. Credi che loro due avrebbero mandato qualcuno a ucciderti?" "Ainwen avrebbe potuto farlo, se non avesse saputo che è un assassino." Non dissi niente a proposito di quello che pensavo di messer Abelas. Mio padre si sedette di schianto sulla sedia dietro la scrivania. "Da'len, perché pensi che qualcuno voglia ucciderti?" Guardai il bastone magico appoggiato alla parete, al suo fianco. Forse se avessi detto la verità anche lui l'avrebbe fatto. "Perché sono una figlia del Sangue Antico. Una erede. - risposi lentamente - Una di cui non hanno bisogno. O che non vogliono. O una minaccia al trono di Cirilla." Mio padre distolse lo sguardo. Quindi si girò sulla sedia e guardò il bastone insieme a me. Si udivano rumori distanti provenire dalla casa. Qualcuno che martellava. Una porta aperta e poi richiusa. "Non credevo che avremmo avuto questa conversazione così presto." Per un po' tamburellò le dita sul bordo della scrivania, poi tornò a guardarmi. Era talmente triste, come se si sentisse in colpa per essere la causa di quel problema. "Che cosa sai?" mi domandò gentile. Mi avvicinai e appoggiai le dita sulla scrivania. "So chi sei. So di chi sei figlio. So cos'hai fatto. E so che sono tua figlia." Lui chiuse gli occhi verdi per un istante ed esalò un breve sospiro. Senza riaprirli, mi chiese: "Chi te l'ha raccontato? Non tua madre." "No, non mia madre. Ci sono arrivata da sola mettendo insieme i vari pezzi. In realtà tu non mi hai mai nascosto niente. Quando ero piccola, prima che cominciassi a parlare, tu e la mamma chiacchieravate spesso in mia presenza, di tante cose. Storie che riguardavano Dorian e la magia temporale. E il motivo per cui sei dovuto fuggire. In casa ci sono tanti pezzetti della tua storia." Le sue dita rallentarono il ritmo sul piano di legno. Aprì gli occhi e guardò, oltre le mie spalle, il pannello della porta. Capii che avrei dovuto spiegarmi meglio. "La mamma a volte ti chiamava Fen'Harel. Ainwen a volte ti chiama Ombra del Lupo. Somigli molto a Cirilla. E nella libreria c'è una pergamena molto antica che parla di Lara Dorren, l'elfa perfetta, custode del Sangue Antico. Io somiglio a Pavetta, la mamma dell'imperatrice Cirilla." "Davvero?" osservò lui con un filo di voce. "Credo di sì. Il naso." "Vieni qui" mi disse, e quando io obbedii, mi sollevò e mi mise sulle sue gambe. Mi pareva di essere seduta su una sedia. Lui mi cinse il corpo con le braccia e mi strinse al petto. Era strano sentirmi tanto lontana eppure così vicina a lui. Come la mamma, mi venne in mente all'improvviso. Lei mi stringeva in quel modo. Appoggiai la fronte alla spalla di mio padre. Sentii il calore del suo braccio nervoso, un braccio che mi avrebbe protetta. Mi parlò all'orecchio: "Non importa con quale nome ci chiameranno, tu sarai sempre mia. E io sono tuo, da'len. E farò tutto quanto in mio potere per proteggerti. Lo capisci questo?" Annuii. "Avrò sempre bisogno di te. E vorrò sempre che tu faccia parte della mia vita. È chiaro questo?" continuò lui. Annuii di nuovo. "Ora, lo scrivano che è venuto a stare da noi... Lean? Bene. Abelas l'ha mandato da noi perché anche lui ha bisogno della mia protezione. È un elfo, come me. Solo che al contrario di noi due, viveva a corte e gli elfi non sono ben visti, nonostante Cirilla stia facendo di tutto per calmare le acque. La corte vorrebbe sbarazzarsene. Non vogliono orecchie a punta tra la nobiltà; perciò, per la sua incolumità, Abelas l'ha nascosto qui." "Come Ari" osservai. Nel silenzio che seguì, sentii battere il cuore di mio padre. "Hai indovinato anche questo, eh? Sì. Esattamente come Ari. Solo che al contrario di lei, Lean è stato addestrato sia come guardia del corpo sia come tutore. Abelas pensava che avrebbe potuto proteggerti oltre che insegnarti. E Ainwen è stata d'accordo con lui." "Non è di sangue nobile?" "Esatto." "Ma la sua famiglia non lo protegge?" "Non può. Ad ogni modo Lean non rappresenta alcun pericolo per te. Specie adesso." "Adesso?" "È stato picchiato a sangue. Da persone mandate da nobili senza scrupoli. È scappato qui perché non possano trovarlo e ucciderlo. Gli ci vorrà del tempo per rimettersi e cominciare a insegnarti." "Capisco. Perciò per adesso sono al sicuro." "Da'len, tu sarai sempre al sicuro finché ci sarò io con te. Lui non è venuto per ucciderti, ma per aiutarmi a proteggerti. E per farti da maestro. Ainwen lo conosce e parla molto bene di lui, e anche Narwain." A quel punto restammo in silenzio, io sempre seduta sulle sue gambe, con la testa appoggiata al suo petto, ad ascoltare il suo respiro. Percepivo che era assorto in pensieri profondi e immaginai che mi avrebbe chiesto che cos'altro sapevo o come l'avevo scoperto, ma non lo fece. Avevo la netta sensazione che già lo sapesse; ero stata molto attenta quando avevo sottratto le sue carte dallo studio e avevo sempre cercato di rimetterle esattamente come le avevo trovate. Aveva notato qualcosa fuori posto? Non potevo chiederglielo senza confessare che cos'avevo fatto e all'improvviso provai vergogna per averlo spiato. Spiarlo e fare finta di non sapere le cose era uguale a mentire? Domanda difficile. Intanto mi stava venendo sonno seduta sulle sue gambe. Forse perché mi sentivo al sicuro. Protetta. D'un tratto mio padre sospirò e mi rimise in piedi. Mi scrutò ancora, poi disse: "Ti ho trascurata." "Cosa?" "Ma guardati. Sembri una piccola stracciona. Sei cresciuta e i vestiti ti stanno piccoli. Quand'è stata l'ultima volta che ti sei pettinata?" Mi accarezzò la testa. I miei capelli erano troppo corti per stare giù, e troppo lunghi per essere in ordine. "Mi pare ieri" risposi, sapendo di mentire. Lui non fece obiezioni. "Non si tratta solo dei capelli o dei vestiti, Haleira. È tutto l'insieme. Come ho fatto a essere così cieco? Bisogna rimediare, cucciola. - mi disse - Tu e io dobbiamo fare di meglio." Non riuscivo a dare un senso a quanto stava dicendo, ma avevo la sensazione che si stesse rivolgendo più a se stesso che a me. "Mi pettinerò tutti i giorni" promisi. Mi nascosi le mani dietro la schiena, sapendo che non erano particolarmente pulite. "Bene. - mormorò lui - Bene." Mi stava guardando, ma non mi vedeva. "Anzi, vado subito a pettinarmi" aggiunsi. Lui annuì e i suoi occhi parvero rimettermi a fuoco. "E a partire da oggi farò quello che avrei dovuto fare da un pezzo" mi promise in cambio.
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You went looking for a Myth and found an elf
FanfictionSolas vive in pace con la famiglia nella tenuta che ha avuto in dono dalla Corona di Nilfgaard per gli anni di leale servizio. Ma dietro quella facciata di tranquillo e rispettabile signore di campagna si nasconde un passato turbolento. Perché Solas...