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È sera.

Shawn non smette più di ripensare a ciò che è accaduto con Alyssa, poco prima.

Se prima non ne era sicuro, ora ne è certo: la ama. La ama, tanto, tantissimo. E l'ultima cosa che vorrebbe, per lei, è quella di vederla soffrire.

Ha sofferto così tanto, troppo. Perché la vita è sempre così ingiusta con certa gente? E, per di più, non permette loro di essere qualcosa. Lei ha paura, okay. Ma perché? Per tutto quello che le è successo! Principalmente, tutto per colpa di Ethan!

Shawn inizia a riordinare la sua stanza, lo fa per provare a calmarsi. Intanto, canticchia qualche nota di Fallin' All In You, quella canzone così bella, purtroppo perduta... Chissà a chi è finita in mano.

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Alyssa legge ancora una volta quella canzone, così bella e sconosciuta, come il suo autore. Chissà chi l'ha scritta. Magari, è dedicata a qualcuno di speciale. Oh, certo che lo è! Basta vedere com'è scritta!

Molti passaggi le ricordano tutto quello che ha passato con Shawn. Quella mattina, quando lei era appoggiata al suo petto, a guardare l'alba in silenzio. Quando Shawn era disteso accanto a lei, e la teneva stretta a sé, nonostante fosse un gesto così dolce e affettuoso. Protettivo, ecco.

Vorrebbe rivivere quei momenti all'infinito, non le basta ricordarli. Vorrebbe proprio riviverli, in senso fisico. Era tutto così perfetto. In quel momento, esistevano soltanto loro due, loro due e nessun altro. Il mondo erano loro.

Lui è ancora il suo mondo. Lei, sicuramente, non è il suo. D'accordo, le ha detto di amarla. Ma se fosse solo una cosa passeggera? Questa è la sua più grande paura. Senza Shawn, è sopravvissuta a stento. Con Shawn, sta sopravvivendo. Senza di lui, però, dopo averlo vissuto così... Beh, impossibile.

Cosa starà facendo in questo momento? Dovrebbe chiamarlo? No. Poi sembra troppo appiccicosa, e bisognosa d'attenzioni. Gli darebbe una bruttissima impressione... Lui cosa farebbe, al suo posto? La chiamerebbe, o si farebbe le sue stesse paranoie?

Alyssa stringe il foglio al petto. Chiude gli occhi. Lo ama.

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A venti chilometri di distanza da Los Angeles, dove tutto sembra così perfetto, un ragazzo dai capelli scurissimi siede per terra, sul pavimento sporco, lurido di una cella piccola. Al suo interno, ci sono solo un letto, un gabinetto, un lavandino.

Il ragazzo incide nel pavimento dei segni. Sono i giorni che mancano alla sua uscita da lì, al suo ritorno a casa. Casa. La sua casa è qui, a Los Angeles, con lei. Ma ormai è troppo tardi. Il danno è fatto.

Una volta tornato a Phoenix, non potrà uscire di casa. Massimo in giardino. Non potrà parlare con Rosie, lei non si avvicinerebbe a lui, volontariamente, nemmeno sotto tortura. Chissà cosa ne pensa sua madre. Suo padre lo saprà? No, certo che no. Non parlano da anni, lui e sua madre. Lui, invece, Ethan, non ci ha mai parlato, e non ha intenzione di farlo.

Quale padre abbandona il proprio figlio alla nascita? Nessun padre, ecco chi! Quel Robert del quale porta il cognome, Keller, era così contento della sua nascita! Per lui è soltanto Robert Keller. Non è suo padre. Suo padre non l'avrebbe mai abbandonato.

Potrebbe essere morto. E per lui lo è sul serio. Ricorda quando chiese a sua madre, a 14 anni, qualcosa su suo padre. Lei lo fece sedere, e gli raccontò tutto. Dalla prima all'ultima parola.

Cinque anni prima.
«Mamma?» Il quattordicenne, dall'aria così solitaria e timida, entra nella cucina, puntando lo sguardo su sua madre. La donna, ancora così giovane, si volta e gli regala uno dei suoi bellissimi sorrisi. «Ethan, tesoro! Tutto bene? Ti serve una mano con i compiti?» Ethan scuote la testa. Si siede al tavolo, guardando sua madre cucinare la cena. «Devo chiederti una cosa» Sua madre si volta, posando il mestolo e regolando il gas. «Dimmi» Gli sorride, e solo in quel momento Ethan nota la stanchezza, così anormale. «Posso sapere cosa è successo con papà?» Jenna abbassa lo sguardo, tacendo improvvisamente. Ethan attende, con pazienza. «Sei sicuro?» Ethan sbuffa, stringendo i denti. «Sì! Sono abbastanza grande, ormai!» Il suo tono di voce si alza, e Jenna sobbalza. Ethan abbassa lo sguardo, imbarazzato. «Va bene. D'accordo. Come vuoi» Jenna si siede di fronte al figlio, sciogliendo i capelli dalla lunga coda bionda. «Sai benissimo che sei nato quando io e Robert, tuo padre, avevamo 18 anni. Non era stato programmato, ma eravamo felici. Molto, molto felici. Sai, tuo padre ha dovuto lasciare la scuola per starmi accanto, come sai ho sempre studiato a casa. La lasciò, felicissimo di star per diventare un padre. Poi arrivasti tu. La cosa più bella che mi potesse capitare. Eravamo felici, tu crescevi bene e sano, eri la nostra gioia più grande. Compiesti 6 mesi. Tuo padre iniziava ad essere irascibile, freddo e distante. Una mattina se ne andò. Fu terribile. Non lo trovai nel letto. Aveva lasciato un biglietto in cucina. "Non rimpiangerò mai questi 6 mesi, sono stati i più belli della mia vita. Ma non ce la faccio più. Scusami." Non seppi mai la sua destinazione. Mai. E mi manca» Jenna finisce di parlare, tra le lacrime. Ethan la abbraccia, senza dire niente. Non è più suo padre. Non lo è mai stato.

Bad Reputation || Shawn MendesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora