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Ottobre. Due mesi, due mesi sono passati da quella giornata di agosto. Due mesi dall'ultima volta in cui i loro sguardi si sono incrociati. Due mesi dall'ultima volta in cui sono stati nella stessa stanza.

E poi, il vuoto.

-Claudio-

Claudio aveva guardato Mario, impassibile e senza muoversi dal letto, l'aveva visto alzarsi in piedi, girarsi e sparire dalla sua vita. Non l'aveva più sentito, non sapeva dove si trovasse, non sapeva se fosse tornato a Roma. Aveva passato gli ultimi giorni ad Ibiza, chiuso in casa, senza parlare con nessuno. Senza piangere, senza pensare. Freddo ed impietrito, così aveva passato quei giorni. Poi aveva raccolto tutte le sue cose e come ogni anno aveva chiuso la casa per bene, il gas, staccato le spine dalla corrente, chiuso tutte le serrature, nascosto la chiave di riserva, la macchina nel garage, un ultimo sguardo alle sue cose di lì, e si era lasciato l'isola alle spalle. Aveva preso l'aereo accennando sì e no due parole quando era stato costretto a rispondere a qualche domanda per i documenti. Non aveva avvisato nessuno, non aveva scritto nessun messaggio. Era tornato a Padova di nascosto. Era corso a casa con la paura di incontrare qualcuno.

Freddo, dentro Claudio aveva il freddo. Chiuso, con la possibilità di aprirsi ad un qualsiasi sentimento aveva chiuso.

Passati due giorni qualcuno aveva bussato alla sua porta. Con totale indifferenza, dopo venti minuti si era trascinato fino all'ingresso e aveva aperto senza nemmeno guardare, più per il rompimento di cazzo del rumore che per altro, poi si era girato subito di spalle ed era tornato sul divano. Sapeva benissimo chi fosse. E non si era sbagliato.

«Ma porca troia Claudio, tu non sei normale. Che cazzo è successo?». Che cazzo urli, non c'è niente da urlare, voglio solo stare solo. «Oh, non mi rispondi nemmeno? Sono giorni che proviamo tutti a chiamarti, a scriverti, a capire dove cazzo eri finito. Stavamo per chiamare la polizia, ti rendi conto?».

Claudio aveva fatto una smorfia di fastidio per l'esagerazione di Luca e si era acceso una sigaretta. Luca era rimasto basito. Gli era andato di fronte, gli aveva preso la sigaretta dalla bocca e l'aveva lanciata nel lavello. La rabbia di Claudio evidente.

Luca gli aveva strattonato un braccio quasi in lacrime. «Cla, cazzo parlami, ma che succede? Sono davvero preoccupato. Sono riuscito a stento a tranquillizzare tua madre. Sono dieci giorni che non so un cazzo di te. E ora che ti ho davanti è ancora peggio».

Claudio aveva alzato un sopracciglio, aveva spostato Luca e si era acceso un'altra sigaretta guardando fuori dalla finestra.

Silenzio.

Luca gli si era avvicinato da dietro e gli aveva messo una mano sulla spalla, dolcemente. Claudio nemmeno l'aveva sentita.

«Cla... È successo qualcosa con Mario?».

Il respiro di Claudio si era fermato del tutto, aveva continuato a guardare fuori dalla finestra. Quel nome. Era stato chiuso e buttato nel profondo, dove ormai nessuno poteva arrivare. Nemmeno si era girato, impassibile. Il sospiro di Luca.

«Cla, per favore, con me puoi parlare, dimmi cos'è successo. Avete litigato? Avete discusso per la partenza?».

Claudio immobile. E poi quelle parole.

«C'è di mezzo qualcun altro?».

Claudio improvvisamente aveva iniziato a ridere, a ridere sempre più forte. Si era girato verso Luca che lo guardava confuso. E aveva riso, riso fortissimo ma con la risata più finta e innaturale che avesse mai fatto. Aveva continuato, come un pazzo. Aveva continuato a prendere fiato e a ridere. A Luca era venuto da piangere a vederlo così.

«Cla che cazzo ridi? Sembri fuori di testa, basta ti prego. Che ti ha fatto? Perché sei ridotto così? Se non mi rispondi prendo il telefono e lo chiamo».

E Claudio aveva smesso di colpo.

Aveva attraversato la stanza e aveva spinto Luca contro il muro. Gli occhi gelidi puntati su di lui. «Tu non fai un cazzo, capito? Non chiami proprio nessuno, capito? Non dici il suo nome, non parli di lui, non chiedi un cazzo. Per me non esiste e non è mai esistito. Smettila e lasciami stare. D'ora in poi faccio come voglio io, nessun consiglio, nessun discorso e nessun cazzo di cambiamento». Claudio aveva finito con il fiatone.

Luca totalmente incredulo. Claudio aveva allentato la presa ed era tornato verso la sua sigaretta. «Stai attento Claudio, allontanarmi è inutile, non vado da nessuna parte ma non ti permettere di trattarmi così anche se stai soffrendo, sia chiaro. Quando avrai voglia di parlare, io ci sarò».

Luca si era avviato verso l'uscita bloccandosi per le parole di Claudio. «Lu, un'ultima cosa». Luca si era girato verso Claudio in attesa. «Non voglio mai più sentire la parola amore». Con queste parole Claudio aveva spento la sigaretta e si era chiuso alle spalle la porta di camera sua e, con quella, anche l'estate più importante della sua vita.

Nei giorni successivi si era gettato a capofitto sul lavoro.

Faceva le quattro a leggere documenti, pratiche, notizie, a scrivere, a mandare email, a fare telefonate. E poi la sveglia alle sei e mezzo. Si vestiva, mangiava una cosa al volo e andava a correre quindici chilometri prima di entrare in ufficio. Più passavano i giorni e più i chilometri aumentavano. Venti, ventisette, trentaquattro, quarantatré. Spesso nemmeno dormiva tra quando finiva di lavorare e quando andava a correre. Ma durante la giornata era sempre iperattivo, pieno di energia, instancabile. Mai, mai fermo a pensare. Aveva ricominciato ad uscire con Luca e Mattia, a fare le solite cose. Loro erano preoccupati di quell'ostentazione di benessere ma preferivano averlo vicino che irraggiungibile. Riuscivano a stento a stargli dietro. Piani su piani, feste, cene, discoteche, after, bar, cinema, weekend fuori, palestra. Il problema era che ad ogni minimo riferimento alla sua salute o, nemmeno a dirlo, a Mario, vedevano calare un muro impenetrabile e avevano il terrore di vederlo sparire chissà dove. E quindi avevano lasciato passare i giorni, aspettando qualcosa, senza sapere cosa.

Luca non aveva mai visto quella versione di Claudio. La versione all'ennesima potenza. Tutti i suoi difetti mostrati senza il minimo contegno. La spavalderia, l'arroganza, la superbia, l'incuranza per qualsiasi emozione. Una fredda macchina da guerra. Lo vedeva nei suoi occhi, vedeva il suo amico chiedere aiuto, lo vedeva sepolto da quella copertura e segnato dal dolore e dalla mancanza. Tante volte Luca aveva pensato di andare a Roma a cercare la ragione dietro tutto questo, a cercare l'unica persona al mondo che lo avrebbe potuto aiutare. Ma finora era stato troppo preoccupato per lasciare Claudio anche solo per un momento. E in fondo erano passate solo delle settimane. Gli aveva scritto di nascosto ma non aveva ricevuto nessuna riposta. E anche quello lo aveva frenato dal partire. Quel ragazzo nero di capelli aveva sempre lottato per Claudio, evidentemente adesso non ne aveva più voglia.

E così erano passati due mesi. Tra lavoro senza sosta ed ogni spazio di tempo libero occupato. Ma soprattutto due mesi che Claudio aveva passato scopandosi qualsiasi essere vivente, senza parole, senza baci, senza convenevoli. Li prendeva, li girava e se li scopava fissando un punto nella stanza. Uno sfogo fisico privo di emozione.

Nessun numero di telefono, nessuna seconda volta, nessuna minima traccia di compromesso.

E oggi Claudio è ad una festa.

Mario è tutta un'altra storia.

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