Diario di un adolescente - Cap. 1

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(trovata su internet)



Capitolo 1.

Ogni giorno entro in quest'aula ed è come finire in un girone infernale. Oltrepasso la porta d'ingresso con il peso dell'ansia sulle spalle. Sono sempre la prima ad entrare in classe perché fare tardi vuol dire scontrarmi con gli sguardi pungenti dei miei compagni. Provo ad evitarli, a fuggire dai loro occhi e a tapparmi le orecchie per non sentire gli insulti. Vorrei scomparire, mimetizzarmi con l'ambiente e diventare invisibile.
Siedo in fondo, all'ultimo banco dove la compagna di ogni ora è la solitudine. Con il tempo ho imparato a fare amicizia con lei, non faccio più caso alla sua presenza.
Guardo fuori dalla finestra. Il cielo è buio e nuvoloso come il mio animo. Troppe nuvole oscurano il mio sorriso.

Questo posto grigio è una prigione, un incubo. Perché non posso essere libera? Sono stanca di venire etichettata come se fossi un oggetto. A loro non importa dei miei sentimenti, li calpestano, li distruggono senza neanche rendersene conto.
Vorrei liberarmi da queste catene e ritornare a sorridere. L'unica cosa che mi fa stare bene è scrivere fiumi di parole su questo foglio bianco. Porto sempre con me questo diario e una penna per raccontare tutto ciò che provo e che non ho il coraggio di dire. La scrittura diventa la mia voce nel silenzio. Mi sento più leggera quando scrivo, come se mi liberassi del peso che porto dentro.

La classe si sta riempiendo e nessuno si volta per rivolgermi un saluto. Mi squadrano e sorridono tra loro, scambiandosi parole all'orecchio. Posso sentire le loro cattiverie anche da qui... perché sono incise nella mia mente e non riesco a cancellarle.

"E' un mostro", "ma come si veste?", "che cesso, fa schifo" sono le parole che mi gettano addosso come se fossi immondizia. Ed io mi sento uno schifo, un rifiuto umano.

Sotto i miei occhi sfilano gruppetti di ragazzi che non hanno nulla di familiare. Sono tutti così diversi da me. Conosco i loro volti, i loro nomi, ma chi sono davvero? Ognuno porta una maschera. La scuola è come un grande teatro dove ognuno ha creato un personaggio.

Io non sono brava a fingere, non so dire bugie. I miei occhi sono come due specchi che riflettono anche la più piccola emozione. Forse è per questo che tutti mi prendono in giro. Sanno che mi feriscono, vedono i miei occhi lucidi quando mi colpiscono con i loro insulti. Perché sono così sensibile, così debole? Vorrei mettere un'armatura e diventare forte, indifferente. Così smetterei di soffrire e stare male per le loro cattiverie.
È orribile stare qui e sentirsi inesistenti, come se non importassi a nessuno, come se nessuno mi volesse. Nessuno si è accorto della mia presenza, nessuno mi ha salutato o sorriso. Sembra stupido, ma la loro indifferenza mi ferisce più delle parole. Ingoio il sapore amaro delle lacrime, devo resistere anche se ho voglia di piangere, urlare, gridare.

La classe si è ordinata in file ed ognuno ha il suo vicino di banco. Solo il posto accanto al mio resta libero da mesi. A volte vorrei qualcuno che riempisse questo vuoto troppo grande per me.
La prof d'italiano entra in classe e cala un silenzio assoluto. Ci presenta un nuovo compagno e in coro gli diamo il benvenuto. Si è trasferito da un'altra scuola. Mentre passa per i banchi gli occhi sono puntati su di lui. Lo scrutano dall'alto in basso. Lo fissano ma non lo guardano davvero. I loro occhi sono come specchi capaci di riflettere solo la superficie. Vedono un ragazzo alto 1 metro e 70, dai capelli biondo cenere con addosso una tuta militare e nient'altro. I miei occhi invece erano lenti di ingrandimento capaci di cogliere sfumature e dettagli nascosti. Mi piace osservare la gente, leggere loro emozioni e le loro storie.

Aria da duro, passo sicuro, sguardo fermo. Sembra che gli sguardi degli altri non riescano a sfiorarlo. A lui non sembra importare cosa pensano gli altri... cammina a testa alta come un giovane soldato su un campo di battaglia. Mi guado intorno, anche le altre ragazze lo stanno fissando curiose. Chi è? Qual è la sua storia?
Sono curiosa di sapere di più e capire cosa si nasconde dietro quell'aria fredda.

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