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-Tre mesi prima-

Elena affondò i piedi nella fredda sabbia dei primi giorni di marzo mentre un vento freddo le sferzava sul viso e i capelli appena tagliati le sfioravano le spalle. Chiuse gli occhi e sospirò. Quella mattina la spiaggia era quasi deserta ad eccezione di un gruppo di ragazzi a qualche metro da lei. Dopotutto, chi sarebbe andato in riva al mare in una giornata come quella? Il cielo era nuvoloso e l'aria fredda di fine inverno penetrava attraverso i vestiti facendo rabbrividire. Ma ad Elena non importava: aveva sempre voluto andare al mare in inverno. Voleva vedere il cielo grigio confondersi con il mare all'orizzonte e sentire l'aria fredda sul viso, e finalmente ci era riuscita. Lei e Nina si erano trasferite lì solo da qualche settimana, intorno a metà febbraio, e pian piano si stavano abituando alla nuova città. Ovviamente non era stato facile lasciare quella vecchia, anche perché Elena aveva vissuto tutta la sua vita là, però non avrebbe rinunciato all'offerta del suo capo. Era determinata a fare del suo meglio nel suo nuovo ruolo di dirigente.
«Ciao». Elena si girò dopo aver sentito la voce della sua nuova collega, Alice. «Anche tu qui? Pensavo di essere l'unica che viene in spiaggia con questo tempo»
«Bhè, ho sempre sognato di vedere il mare in inverno»
«Strano, vero?» domandò. Elena annuì sospirando.
«Nostalgia di casa?» chiese Alice accomodandosi accanto a lei.
«Un po'» confessò con un sorriso, «Però tra un paio di settimane mio fratello verrà qui con la sua fidanzata a trovarmi... bhè, a trovare Nina»
«Glielo organizzerai tu il matrimonio?» chiese Alice.
«Certo! Non ho aspettato altro tutta la vita. Quando mi ha detto che aveva chiesto a Noemi di sposarlo mi sono messa a piangere dalla felicità: non pensavo che sarebbe potuto succedere, a essere sincera»
Thomas e Noemi erano piombati a casa sua qualche settimana prima dicendo di avere una grande sorpresa per lei e quando la ragazza le ha mostrato l'anello di diamante che portava all'anulare, quasi le era venuto un colpo al cuore - anche perché loro stavano insieme da neanche un anno.
«Non vedo l'ora di iniziare i preparativi. Ho già in mente qualche idea che potrebbe essere perfetta per loro, ma devo mettermi d'accordo con gli sposi prima»
Rimasero entrambe in silenzio per qualche minuto, poi Elena si ricordò di avere un appuntamento. «Sono in ritardo!» esclamò scattando in piedi. Si pulì i pantaloni, raccolse la borsa e poi salutò Alice. «Devo andare, ho appuntamento con il rappresentante della banca. Ci vediamo dopo pranzo» disse prima di correre verso la passerella per poi mettersi le scarpe.
«Elena» la chiamò la ragazza al bancone della reception appena la vide entrare nell'ufficio. La donna si fermò e la guardò. «Ci sono i rappresentanti della banca nel tuo ufficio»
«Sono lì da tanto?» domandò preoccupata.
«Da una decina di minuti» rispose l'altra.
«Va bene. Grazie». E si mise a correre di nuovo verso il suo ufficio.

Alessandro era seduto su una poltroncina grigia di fronte a una scrivania vuota in attesa dell'arrivo della sua cliente. Giocherellava con la fede al dito canticchiando una vecchia canzone.
Ad un tratto, il cellulare vibrò nella tasca della sua giacca. Sofia pensò. Quando aprì il telefono gli comparve la foto di Nina e non poté fare a meno di sorridere alla vista della sua bambina. Pensò che gli mancava e che presto sarebbe dovuto tornare da lei a trovarla. Avrebbe voluto tanto abbracciarla e giocare con lei in quel momento, ma lei non era lì con lui. No, Nina era con sua madre lontano da lui.
«Tua figlia?» gli chiese Marika, la sua collega.
«Già» sospirò lui chiudendo il cellulare per riporlo dove l'aveva preso.
«Ti assomiglia» commentò lei accavallando le gambe. Quando si spostò, l'odore del profumo che usava per coprire quello della sigaretta nauseò Alessandro.
«Dici? Secondo me è identica a sua madre». È bella come lei.
«Non conosco tua moglie, quindi non posso dirlo»
«La madre di Nina non è mia moglie... cioè io sono sposato, ma non con questa donna» spiegò.
Marika rimase in silenzio vergognandosi della figuraccia appena fatta. Osservò attorno a sé per un po' e poi sbuffò. «Ma quando arriva?» si lamentò alzando gli occhi al cielo. Alessandro la guardò senza dire niente e poi tornò a giocherellare con la fede che portava al dito.
La porta si aprì e la donna che stavano aspettando entrò di corsa. «Scusatemi. Ero in pausa e ho perso di vista l'orologio» si giustificò mentre appendeva la giacca. Non aveva ancora guardato le due persone sedute di fronte alla sua scrivania e non lo fece fino a quando non si sedette. «Piacere, sono Elena Ferrara, la nuova dirigente dell'ufficio» disse guardando Marika per tenderle la mano. Poi si voltò verso Alessandro e fu certa di aver sentito il suo cuore fermarsi per un istante.
«Cosa ci fai qui?» furono le parole dell'uomo.
«Lavoro» rispose freddamente Elena ritirando la mano, «Piuttosto cosa ci fai tu nel mio ufficio. Non ti vedo da quanto? Tre mesi?»
Alessandro la guardò negli occhi mortificato, consapevole di aver sbagliato un'altra volta ad allontanarsi da lei e, soprattutto, da sua figlia.
Per tutto il tempo Elena non lo degnò di uno sguardo e continuò a rivolgersi solo a Marika, anche se era lui a parlare. Era arrabbiata e delusa e sentiva che ogni minuto che passava queste emozioni crescevano dentro di lei e il nodo che aveva in gola diventava sempre più stretto fino a non permetterle di respirare.
«Direi che è tutto» annunciò Marika raccogliendo i fogli che aveva sparso su tutta la scrivania. «È stato un piacere conoscerla, signorina Ferrara» disse con un sorriso per poi stringere la mano che lei le stava tendendo.
«Anche per me» rispose Elena cordialmente.
«È stato bello rivederti» azzardò Alessandro.
«Vorrei ricambiare, ma non posso» mormorò lei a denti stretti.
L'uomo abbassò lo sguardo e poi seguì la sua collega fuori dall'ufficio lasciando Elena finalmente da sola.

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