-Due mesi prima-
Alessandro non aveva chiuso occhi quella notte e aveva continuato a pensare a ciò che gli aveva detto Elena la sera prima. Non posso accettare che tu sia felice con qualcun'altra. Quelle parole gli continuavano a ronzare in testa e non riusciva a farle smettere.
La sveglia suonò, segnando le sei e mezza. Un'altra giornata aveva inizio. Scese dal letto e andò in cucina, dove sua moglie stava preparando il caffè per entrambi. L'aroma pungente gli pizzicò le narici appena entrò nella stanza. Sofia si alzò dalla sedia su cui era seduta a leggere uno di quegli stupidi libri sulla maternità e su come badare a un bambino e lo baciò dolcemente. Alessandro non poté fare a meno di chiedersi se anche Elena avesse letto uno di quei manuali inutili quando aspettava Nina.
«Buongiorno» mormorò lei avvolgendogli le braccia attorno alla vita. Lui le cinse le spalle, rigido. «Non ti ho sentito rientrare ieri sera dopo che hai portato tua figlia a casa». Alessandro si era reso conto che sua moglie faticava a pronunciare il nome di Nina.
«Sì, ehm, la sorella di Elena è venuta a trovarla con il marito e il figlio, allora mi sono fermato a fare due parole» si inventò. La verità era che, dopo essere andato via da casa di Elena, si era rifugiato nel primo bar che aveva trovato lungo la strada e la cosa era andata un po' per le lunghe.
«Ah» fu tutto ciò che disse Sofia prima di mettersi di nuovo seduta.
Fecero colazione in silenzio quella mattina. Lei leggeva e lui pensava, non faceva altro che pensare da tutta la notte.***
«Ciao, Nina» salutò Elena mentre usciva dall'asilo dove aveva portato sua figlia. Salì in macchina e guidò fino a casa, dato che aveva preso un giorno di ferie aveva gran parte della mattinata per sé.
Arrivata a casa, si rese conto che forse avrebbe dovuto pulire, così afferrò l'aspirapolvere e cominciò a passarla per tutto il soggiorno. Finito di spolverare il piano terra, passò al piano superiore. Prese a sistemare il suo armadio: passò lo straccio sul ripiano più alto e proprio lì trovò una scatola che pensava di aver lasciato a casa dei suoi prima del trasloco. La afferrò e si mise ad estrarne il contenuto: decine e decine di lettere scritte anni prima e che non aveva mai avuto il coraggio di spedire. Sentì le lacrime punzecchiarle gli occhi mentre apriva la busta con la data meno recente.Caro Alessandro,
vorrei dirti queste parole di persona, ma tu hai scelto una strada diversa per noi due. Hai preferito andartene piuttosto che rimanere qui con me, con noi. Aspettiamo un figlio, Alessandro. Strano, vero? Non ho neanche ventidue anni e sono incinta. Se tempo fa qualcuno mi avesse detto che sarei diventata mamma così giovane, probabilmente gli avrei riso in faccia, ma invece...
Vorrei avertelo detto di persona. Mi ero già immaginata la scena: tu che mi abbracciavi e mi baciavi per poi accarezzarmi la pancia. Io sarei scoppiata in lacrime come al solito.
Mi piacerebbe averti qua vicino in questo momento, a parlare con me, a scegliere i nomi per il bambino e la sua cameretta, ma il destino (o tu stesso) ha scelto diversamente.
Vorrei che tu rimanessi.
Ti amo.Elena finì di leggere quelle poche righe quando ormai le sue guance erano rigate dalle lacrime. Si ricordava perfettamente il momento in cui aveva scritto quella lettera: era appena tornata a casa dopo l'appuntamento con Alessandro e non aveva voluto parlare con nessuno, nemmeno con Mary che avrebbe potuto sfondare la porta della sua camera se avesse continuato a bussare. Dopo che la sua amica si era arresa e, preoccupata, era tornata in salotto, Elena aveva preso carta e penna e senza smettere di piangere aveva cominciato a scrivere decine di lettere finché non aveva esaurito l'inchiostro della biro e le lacrime. Dopodiché aveva cercato una busta e ci aveva infilato la lettera che le piaceva di più, poi era rimasta con la mano a mezz'aria sulla maniglia della porta, indecisa se spedirla o meno. Dopo minuti interminabili di ragionamenti, aveva deciso che non lo avrebbe fatto: se Alessandro se n'era andato così all'improvviso, probabilmente non ne voleva sapere neanche di lei, allora non aveva senso metterlo al corrente del fatto che aspettava un figlio.
Al piano di sotto, il citofono emise un rumore metallico. Lisa pensò istintivamente Elena mentre correva in bagno per controllare lo stato in cui versava il suo viso. Guardandosi allo specchio notò due grandi occhiaie bluastre sotto gli occhi e il naso leggermente arrossato. Si sciacquò la faccia e poi scese di sotto, sperando che sua sorella non si rendesse conto che aveva appena pianto.
«Entra!» disse Elena alzando la cornetta mentre premeva il pulsante con la chiave per aprire il cancello, poi andò in cucina per afferrare il cardigan che aveva abbandonato sulla sedia.
«Permesso» la voce che arrivò dall'atrio non era quella di sua sorella e neanche di suo cognato. Era una voce troppo nota.
«Che cosa ci fai qua?» chiese precipitandosi all'entrata.
«Voglio parlare con te. Dobbiamo chiarire alcune cose» rispose Alessandro immaginandosi la frase che gli avrebbe detto Elena.
«Io non voglio parlare con te proprio per niente» ribadì la ragazza prendendolo per le spalle per spingerlo fuori dalla porta.
«Invece devi farlo. Non possiamo andare avanti così, Elena. Ti meriti una spiegazione»
«Su che cosa?»
«Sul motivo per cui me ne sono andato, cinque anni fa» rispose lui facendosi più serio in viso.
«Siediti» quelle parole avevano fatto scattare un allarme nella mente di Elena e non era riuscita ad opporsi.
Si sedettero entrambi sul divano in salotto, ma nessuno parlò.
«Okay, tutto questo è assurdo» esordì Elena quando il silenzio diventò insopportabile.
«Non so da dove cominciare!» esclamò Alessandro.
«Dall'inizio! Ecco da dove devi cominciare! Da quel marzo di cinque anni fa, quello è il tuo punto di partenza»
Lui respirò profondamente e poi cominciò a parlare. «Allora, ti ricordi la notte di capodanno di quell'anno? Era l'inizio del nuovo millennio, tutti erano emozionati all'idea di lasciarsi alle spalle il 1999 e tutti i problemi che aveva portato con sé...»
«Non mi serve una lezione di storia, arriva al punto» lo interruppe bruscamente Elena.
«Ci sto arrivando. Quando è iniziato il conto alla rovescia, a mezzanotte, io ti ho guardata per tutto il tempo. Penso siano stati i dieci secondi più lunghi della mia vita. Non riuscivo a smettere di ammirarti: eri bellissima con quel vestito di velluto nero. Metteva in evidenza il tuo corpo perfetto e la collana che portavi faceva brillare ancora di più i tuoi occhi magnifici...»
«Ma...?»
«Ma in quel momento scattò qualcosa dentro di me. Sentii che non ti amavo più come prima. Ti amavo, non ho mai smesso di farlo, però era come se quel sentimento si stesse attenuando poco a poco fino a spegnersi. Così ho pensato che la cosa migliore da fare fosse allontanarmi da te, prendere le distanze forse avrebbe fatto bene ad entrambi, ma probabilmente è stato un gesto egoista da parte mia. Non avevo pensato alle conseguenze, a come mi sarei sentito una volta trasferitomi in una città diversa, lontano da casa, lontano da te. Prima di partire ho pregato la mia famiglia di non dirti dove sarei andato, di far finta di non saperne niente, probabilmente mi avresti dimenticato più in fretta...»
«Arriviamo alla parte dove mi dimentichi completamente e ti innamori di Sofia?» chiese Elena, che stava male al ricordare quei mesi.
«Sì. Ehm, arrivato nel mio nuovo ufficio, ho conosciuto questo ragazzo, mi pare si chiamasse Aldo. Comunque, questo mio collega mi disse che una sua amica mi aveva visto qualche giorno prima e non smetteva di parlare di me, così mi ha proposto di conoscerla. Era più piccola di me di parecchio, non aveva neanche finito il liceo, però accettai comunque di incontrarla. Era carina, bassina, con i capelli biondi e lunghi, occhi stupendi... però le mancava qualcosa, pensavo che forse non eri tu. Cominciai a credere che avevo preso una decisione avventata e che sarei dovuto tornare indietro, ma allo stesso tempo sapevo che non mi avresti mai perdonato, così rimasi dov'ero e cercai di dimenticarti. Cominciai ad uscire con quell'amica del mio collega, ma ogni giorno che passava la trovavo sempre più... superficiale. Un giorno mi portò a casa sua e lì conobbi i suoi fratelli. Una di loro mi colpì particolarmente: aveva i capelli rossicci e gli occhi profondi come l'oceano. Inutile dire che me ne innamorai subito. Finimmo per metterci insieme e, bhè, sposarci. Il resto della storia lo sai già» Alessandro finì di parlare con il fiato corto. Elena rimase in silenzio mentre cercava di assimilare tante emozioni in una sola volta.
«Di' qualcosa, per favore» la pregò lui.
«Cosa vuoi sentire, Alessandro? Che sei stato uno stupido ad andartene per una cosa così futile? Che penso sia stato un bastardo a dimenticarmi in meno di un anno? Che tutto quello che hai fatto sia sbagliato? Sono sicura che lo sai già»
«Elena, io... mi dispiace» sembrava davvero mortificato.
«Ti dispiace» mormorò Elena alzandosi. «Ovvio che ti dispiace. Mi hai lasciato senza una spiegazione, non mi hai più chiamato o scritto. Non ti sei fatto vivo per cinque anni. CINQUE ANNI! E se non fossi stata io la wedding-planner? Se fosse stato qualcun altro? Mi avresti più cercato?»
Alessandro sospirò. «Probabilmente»
«Cosa vuol dire?» domandò lei voltandosi di scatto.
«Elena, te l'ho detto, io non hi mai smesso di amarti» si alzò dal divano e le si avvicinò, «Mi è sempre piaciuto pensare che tu saresti rimasta ad aspettarmi anche dopo il mio matrimonio. È egoista, lo so, ma mi permetteva di non provare rimorsi. Ero convinto che un giorno sarei tornato da te con un mazzo di rose rosse e che tu mi avresti perdonato. Ovviamente non avrei mai pensato che ad aspettarmi non ci fossi solo tu, ma anche nostra figlia...»
Ormai erano a pochi centimetri di distanza e sentivano sul viso l'uno il respiro dell'altra. Alessandro si mosse impercettibilmente, però fu abbastanza per far rabbrividire Elena, alla quale si mozzò il fiato mentre il suo cuore prendeva a battere talmente forte che temeva le sarebbe schizzato fuori dal petto.
«Io ti ho sempre aspettato» sussurrò, «Non ho passato neanche un giorno senza pensarti o sperare che tornassi a casa con un mazzo di rose rosse e un'espressione mortificata sul viso. Mi ero anche immaginata la scena» ridacchiarono entrambi, «Però tu non sei mai tornato, e allora mi sono rassegnata...»
Elena riuscì a trovare la forza di allontanarsi, ma Alessandro le prese il polso e la riportò vicino a sé. Si guardarono negli occhi per qualche istante, poi lui passò la mano sulla sua vita e la attirò a sé.
Le loro labbra si scontrarono ed entrambi non poterono fare altro che lasciarsi andare all'estasi del momento. Si erano mancati, tutti quegli anni lontano non avevano fatto altro che permettere al loro amore di crescere. Pure Alessandro, che aveva cercato in tutti i modi di dimenticarsi di lei e di negare quel sentimento, dovette ammetterlo a se stesso.
«Tutto questo è sbagliato» mormorò Elena, la fronte contro quella di lui.
«Lo so» sussurrò l'altro in risposta. Nessuno dei due, però, si allontanò dall'altro, persi com'erano l'uno nell'abbraccio dell'altra.-Un mese prima-
«Elena» Anita, la sua assistente, la chiamò appena la vide entrare dalla porta a vetri dell'ufficio.
«Ciao» salutò lei.
«Ciao. Ascolta, c'è una sposa che ti sta aspettando fuori dal tuo ufficio. Dice di chiamarsi Maria...»
«Ho capito. Grazie mille, Anita. Portami i fascicoli delle torte e i cataloghi di abiti da sposa, per favore» disse Elena prima di dirigersi verso il suo ufficio.
Mary, seduta sulla poltroncina di fronte alla porta, una collana di pietre verdi al collo, vide l'amica arrivare dal fondo del corridoio e si alzò per poterla abbracciare.
«Nena!» esclamò mentre la stringeva a sé.
«Ciao!» rispose l'altra ricambiando l'abbraccio. «Entra pure» la esortò aprendo la porta.
«Allora» sospirò sedendosi sulla sedia dietro la scrivania, «Cosa mi racconti?» domandò Elena a Mary, «Sei agitata?»
«Agitata è un eufemismo. Sto letteralmente tremando... e il bello è che manca ancora un mese»
«È normale. Ho visto decine e decine di ragazze nella tua situazione e posso assicurarti che passerà. Stai per sposare Mike! Ancora non ci credo»
Maria arrossì mentre appoggiava i gomiti al legno della scrivania. «Ho sempre pensato che avresti sposato mio fratello, e invece...» commentò la sua amica.
«O mio Dio! Ti ricordi ancora? Quante te ne ho fatte passare per quella stupida cotta!» esclamò.
«"Secondo te gli piaccio?", "Ma mi avrà notata?", "Lui non mi sopporta"... come sei paranoica!» scherzò Elena, che aveva imboccato il viale dei ricordi.
«Per tutta la mia vita mi sono immaginata io e te che ci sposavamo insieme, sai, un doppio matrimonio come quello di alcuni film, invece tu sei una madre single e io sto per sposare il mio migliore amico»
«A proposito...» azzardò l'altra, «Devo raccontarti una cosa»
«Elena.» disse seria Mary rizzandosi sulla sedia, «Dimmi che non sei incinta di nuovo»
«NO!» esclamò Elena con voce acuta, «Ma cosa te lo ha fatto pensare? No! No! No!»
«Menomale»
«Però si tratta di Alessandro...» quando la sua amica pronunciò quel nome, a Maria scattò un allarme nella mente, sapeva che non poteva essere successo niente di buono e quando Elena cominciò a raccontare gli avvenimenti di qualche settimana prima, confermò le sue ipotesi.
«LUI COSA HA FATTO?» urlò scioccata.
«Hai capito bene. Ma è stato solo un incidente, non si è più ripetuto, voglio dire, dopo quel giorno ci siamo visti poco e per pochi istanti. Lui è troppo preso dalla nascita di suo figlio e io dal mio lavoro e da mia figlia, quindi è quasi impossibile vederci per parlare di ciò che è successo...»
«Alt! Hai detto che è quasi impossibile. Vuol dire che potreste vedervi» sentenziò Mary con la mano alzata.
«Sì, bhè, potremmo, ma nessuno dei due ha voglia di farlo. Lui è sposato e io non ho intenzione di sistemarmi definitivamente con qualcuno. Mi bastano mia figlia e il mio lavoro»
«Ma Nina è anche sua figlia, Elena»
«Mary, da che parte stai? Un minuto fa sembrava quasi che stessi pensando di commettere un omicidio e adesso cerchi di spingermi tra le sue braccia. Potresti spiegarti meglio?»
«Nena, in tutta sincerità, tu sei la ragazza più indecisa che abbia mai conosciuto. Cioè prima dici che non vuoi più saperne di Alessandro e adesso sei ritornata la diciassettenne che eri quando l'hai conosciuto. Sei un bel po' confusa amica mia»
«Il nostro rapporto è sempre stato pieno di alti e bassi» spiegò Elena, «Come quando non lo chiamai per più di un mese mentre ero a Londra per quello stage. Mi pare avessimo litigato il giorno prima... Ma nonostante questo io non ho mai smesso di pensare a lui, Mary, neanche una volta. Nemmeno quando stavo con Simone, anche durante quel breve periodo non ho fatto altro che pensare a lui»
«E tu a lui l'hai detto?» domandò Maria. Elena annuì. «Bhè, mia nonna mi diceva sempre di dare tempo al tempo. Perché non lo fai anche tu? Un giorno o l'altro si accorgerà della persona meravigliosa che si è lasciato scappare»
«Grazie, Mary» disse l'altra, poi aggiunse con un sorriso malizioso: «Ma adesso perché non andiamo a prendere il tuo vestito da sposa?»
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Back to you
RomanceElena è una wedding-planner di ventisei anni. La sua vita è divisa tra il lavoro e la sua bambina, Nina, avuta con un uomo che non vede da anni. Non può togliersi dalla testa il suo ultimo fidanzato, Alessandro, conosciuto ai tempi del liceo e che l...