Epilogo

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-Quindici mesi dopo-

Il sole che entrava dalla finestra la colpì sul viso facendole aprire gli occhi. Si sedette e si stropicciò gli occhi col dorso della mano, poi guardò la sua stanza: era esattamente come l'aveva lasciata la sera precedente, niente fuori posto, non una maglietta sulla sedia di fronte alla scrivania né le scarpe abbandonate all'ingresso come aveva il vizio di fare quando tornava a casa stremata dopo una lunga giornata di lavoro.
  Sorrise conoscendo la giornata che l'attendeva mentre si alzava dal letto stranamente piena di energie. Quando aprì la porta il profumo del caffè appena fatto la investì facendole pizzicare le narici per il suo aroma pungente. Scese le scale di corsa fino ad arrivare in cucina dove si trovavano suo fratello e sua cognata, da poco sposati pure loro.
  «Buongiorno, sorellina» la salutò Thomas appena comparve sulla porta.
  «Buongiorno» cinguettò Elena avanzando verso la credenza in una maniera così elegante che i piedi sembrarono non toccare il suolo.
  «Vedo che sei di buon umore oggi» constatò Noemi versando il caffè in tre tazze e ponendo su un piattino i biscotti che aveva preparato la sera prima.
  «Come potrei non esserlo?» la domanda di Elena era retorica. Sognava quel giorno da una vita (letteralmente) e finalmente era arrivato. «Speriamo solo che il tempo regga» commentò dando una rapida occhiata fuori dalla finestra sopra il lavabo.
  «Andrà tutto bene» la rassicurò la cognata ponendole la mano con la quale non reggeva il piatto sulla spalla.
  Mentre facevano colazione Elena non riuscì a stare zitta un attimo e continuava a parlare di quella o di questa cosa pensando al dettaglio che avrebbe dovuto sistemare più tardi o a chi avrebbe dovuto cambiare il posto in seguito. Il compito del suo gemello era quello di continuare a ripeterle che sarebbe andato tutto bene – l'aveva detto talmente tante volte che ormai sembrava quasi un disco rotto.
  Qualche decina di minuti dopo suonò il campanello e la voce squillante di Mary risuonò metallica quando rispose al citofono. Elena pigiò il bottone per aprirle il cancellino e aprì la porta per accogliere i suoi amici sulla soglia di casa con ancora indosso il pigiama e senza essersi sistemata i capelli né essersi truccata.
  Mary l'abbracciò con fatica, ostacolata dal pancione. «Elena! Sono quasi più felice di te!» le disse.
  «Questo è impossibile: non sono mai stata così felice in vita mia» ribatté l'amica allontanandosi per abbracciare Mike.
«Non vedevo l'ora che questo giorno arrivasse» confessò lui prima di schioccare un bacio sulla guancia di Elena, la quale sorrise ampiamente. Si spostò di lato per farli entrare.
  «Allora,» cominciò a dire Elena una volta che i suoi amici ebbero salutato Thomas e Noemi, «sapete se avrò una nipotina o un nipotino?» domandò a Maria e Michele incrociando le dita e appoggiandoci sopra il mento.
  «Alla fine abbiamo deciso di non scoprirlo» rispose Mike adagiando la mano sulla pancia della moglie con dolcezza.
  Il campanello suonò un'altra volta ed Elena si accorse guardando fuori dalla finestra che si trattava dei suoi genitori.

***

«Ci sarà anche il piccolo Simone oggi?» chiese la madre di Elena mentre la parrucchiera arricciava i capelli della figlia.
  «Non lo so» rispose la ragazza, «Alessandro ha detto che avrebbe chiesto a Sofia, ma non credo che acconsentirà»
  «Peccato» fu il commento della donna, che leggeva una rivista che Elena si era portata a casa dall'ufficio seduta al tavolo della sala da pranzo, cercando di mascherare l'emozione – stava fallendo miseramente, per la cronaca.
  Il figlio di Alessandro era nato una notte di dicembre, il giorno prima di una grossa nevicata. Alessandro quella sera si trovava da Elena, che l'aveva dovuto accompagnare da Sofia subito dopo che questa lo ebbe chiamato dal momento che era sbiancato appena aveva sentito le parole "acque" e "rotte". Avevano dovuto portarsi dietro anche Nina poiché non sapevano a chi avrebbero potuto lasciarla. Così avevano passato la notte in ospedale perché il bambino non era ancora del tutto pronto a nascere. Elena non si sarebbe mai dimenticata l'espressione sul volto di Alessandro quando con un'espressione orgogliosa in volto aveva portato la culla dove riposava il piccolo Simone: fu una delle poche volte in cui lo vide piangere. È bellissimo gli aveva detto proprio come suo padre aveva aggiunto e poi l'aveva baciato lì in sala d'attesa sotto lo sguardo contrariato e incuriosito dei presenti.
  Dopo trucco e parrucco Elena salì al piano di sopra seguita da sua madre, sua sorella – che era arrivata mentre stava finendo l'acconciatura – e Mary. Quando estrasse dall'armadio il suo vestito rilegato nel cellofan, l'espressione di tutte fu quella di puro stupore. Elena aveva comprato l'abito insieme a suo fratello e a Nina e l'aveva tenuto nascosto a tutti (nonostante l'insistenza di sua madre e sua sorella).
  «Nena, ma è stupendo» commentò sua madre asciugandosi una lacrima.
  «Mamma non cominciare a piangere ora, ti prego» la supplicò Lisa, anche lei sull'orlo di una crisi di pianto.
  «Io posso dare la colpa agli ormoni?» domandò Mary, che stava estraendo un fazzoletto dalla confezione.
  «Regola numero uno: non si piange fino a quando saremo là. Ok?» ordinò Elena in tono autoritario. Deformazione professionale pensò con orgoglio nascondendo un sorriso compiaciuto. Le tre donne annuirono asciugandosi le guance, poi la aiutarono ad indossare il vestito bianco.
  Elena si guardò allo specchio e quasi non le venne da piangere. In quel momento si sentì bella.
  «Potete lasciarmi da sola per favore?» domandò senza smettere di osservare la sua immagine riflessa nello specchio dell'armadio. Sua madre, sua sorella e la sua migliore amica si guardarono l'un l'altra e poi acconsentirono in silenzio, permettendo ad Elena di restare da sola nella sua stanza.
  Appena rimase sola, prese a camminare avanti e indietro per la camera cercando di mettere i suoi pensieri a tacere, ma non ci riusciva. Si aspettava il peggio da quella giornata, sentiva dentro di sé che qualcosa sarebbe andato storto e all'improvviso sentì il bisogno di scappare, di allontanarsi da quella città. Il suo istinto le gridava corri e nel suo petto cresceva il forte impulso di uscire dalla porta sul retro per evitare che qualcuno la vedesse, di salire in auto e di guidare il più lontano possibile senza mai guardarsi indietro. E fu in quel momento che capì tutto e si sentì male per ciò che pensava: sei anni prima Alessandro non se n'era andato perché non l'amava, se n'era andato perché l'amava troppo, perché l'amore che provava per lei era talmente forte che sembrava divorarlo da dentro e pian piano distruggerlo.
  La verità sembrò schiacciarla come se fosse un masso: tutto quel tempo passato ad odiare Alessandro, a cercare di dimenticarlo le sembrò un sogno, un incubo dal quale si era risvegliata improvvisamente dopo che qualcuno le aveva rovesciato un secchio di acqua ghiacciata sul viso.
  Sentì di amarlo ancora di più in quel momento e capì che anche l'impossibile era possibile: non avrebbe mai pensato che si potessero provare delle emozioni così forti per qualcuno, e invece... Pensò di essere in un sogno, uno di quelli belli stavolta.
  «Nena!» la voce di Thomas al di là della porta la riportò coi piedi per terra. Allora si accorse del tremendo ritardo in cui si trovava.
  «Eccomi» annunciò aprendo l'uscio e rivelando al fratello la sua figura esile avvolta nel tulle bianco.
  «Wow!» mormorò il suo gemello. «Sei stupenda, sorellina» si complimentò sistemandosi il nodo della cravatta.
  «Grazie» sussurrò lei con un timido sorriso.
  «Pronta?» le chiese.
  Elena fece un respiro profondo prima di annuire.

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