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-Tre mesi prima-

«Elena» la chiamò la sua assistente quando arrivò in ufficio, «C'è il rappresentante della banca che ti aspetta» la avvisò.
  Lei strabuzzò gli occhi mentre il battito del suo cuore accelerava. «Quale?» chiese con voce strozzata.
  «Quello sexy» rispose la ragazza con un sorrisetto. Elena confermò la sua ipotesi: era Alessandro; la segretaria l'aveva definito così la settimana prima. Deglutì e poi si avviò a grandi passi verso la sala d'attesa davanti al suo ufficio. Lui era lì, sedeva sulla poltrona e leggeva una delle riviste di abiti da sposa e location che erano poggiate sul tavolino.
  «Alessandro» disse Elena in tono distaccato prima di fargli cenno di entrare.
  «Scusami se sono venuto senza preavviso...» disse l'uomo accomodandosi sulla poltroncina di fronte alla scrivania di Elena mentre questa appendeva la giacca all'appendiabiti.
  «Sei qui in qualità di banchiere o di padre di mia figlia?» domandò sempre con lo stesso tono freddo con il quale l'aveva trattato prima.
  «Mi serve un consiglio» confessò ignorando completamente la domanda della donna.
  «Mi dispiace, ma non posso aiutarti»
  «Si tratta di Nina». Quelle parole fecero scattare un allarme nella testa di Elena, che disse in tono accusatorio: «Cosa le avete fatto?»
  «Perché devi sempre accusare me e mia moglie?»
  «Per esperienze passate»
  Alessandro non rispose, ma si limitò a roteare gli occhi e a sbuffare. «Volevo chiederti se è stata molto male durante i mesi della mia assenza»
  «Come pensi che si sia sentita? Se fossi in lei, saresti felice se tuo padre, che hai conosciuto da poco, se ne andasse lontano da dove abiti per vivere con sua moglie? Che razza di domanda è, Alessandro?»
  «Lo sapevo. Questo week-end non ha praticamente parlato con Sofia e a me ha detto sì e no dieci frasi in due giorni. Dovevi vedere quando Sofia le ha detto di essere incinta...»
  «Glielo avete detto!?» esclamò arrabbiata Elena, che nel frattempo aveva acceso il computer.
  «Prima o poi avremmo dovuto dirglielo, Nena!»
  «Non azzardarti a chiamarmi così, Alessandro! Tu non hai più il diritto di usare il soprannome che usano i miei amici! E comunque avreste dovuto aspettare anche me per dirglielo»
  «Certo! Ecco che ritornano le tue manie di protagonismo. Perché avremmo dovuto dirle che stiamo aspettando un figlio quando ci saresti stata anche te? Cosa c'entri tu in questa storia?»
  «Sono la madre di tua figlia, Alessandro! Ho tutto il diritto di essere presente in certi momenti della vita della mia bambina!». Ormai stavano urlando entrambi e i colleghi che passavano davanti all'ufficio si fermavano ad origliare.
  «Ah sì? E dov'era questo tuo spirito materno quando ti chiedeva di suo padre? Non le hai mai raccontato niente di me per anni, Elena! NIENTE! Non le hai mostrato neanche una foto. Perché ora dovresti iniziare a comportarti come una madre efficiente se non l'hai mai fatto»
  A quella frase, Elena esaurì la pazienza. «Va bene, io potrei non essere la migliore madre del mondo, ma non me ne sono andata dopo averti trattato malissimo, non ho girato i tacchi quando qualcuno mi ha detto che aveva una ragione per farmi restare! Io non ho voltato le spalle alla persona che amo, Alessandro!» si fermò un attimo per riprendere fiato, «Forse ho sbagliato ad accettare l'incarico di organizzare il tuo matrimonio quel giorno. Probabilmente avrei dovuto rifiutarmi e mandare la tua fidanzata perfetta da un'altra parte. Se l'avessi fatto, a quest'ora io sarei qui a lavorare e non a litigare con te!»
  «E io penso che non sarei mai dovuto tornare in città lo scorso settembre. Me ne sarei dovuto rimanere dov'ero, ma invece ho deciso di ritornare dove tutto è cominciato, dove ho conosciuto la ragazza che mi ha cambiato la vita per sempre!»
  Si pentì di aver detto quella frase un secondo dopo averla pronunciata.
  «Adesso è troppo! Esci dal mio ufficio, Alessandro. Vattene!» urlò Elena al limite dell'esasperazione.
  «Non aspettavo altro. Non so neanche perché ci sono venuto qui»
  Lui si alzò, afferrò la sua ventiquattrore e uscì sbattendo la porta mentre Elena cominciava a pensare alla conversazione appena avuta.
  Le aveva detto di non essere una brava madre, ma aveva anche confessato – in modo implicito – di essere tornato in città solo per lei. Cosa voleva realmente dire con quelle parole? Dove tutto è cominciato, dove ho conosciuto la ragazza che mi ha cambiato la vita per sempre.

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