14- Puzza

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Rientrai tardi, quella sera. Avevo passato tutto il pomeriggio a parlare del più e del meno con Morgan, giusto per conoscerci meglio. Lui lavorava stabilmente al locale, faceva un po' di tutto in base alle necessità. Mi confidò che là nella cittadina si conoscevano tutti fra loro, anche se in realtà lui abitava in un villaggio poco distante e disperso nel bosco con gli altri del suo clan. Era una società un po' tribale e di vecchio stampo, quella dove abitava lui, collegata alla cittadina principale tramite una strada sterrata. Forse era il vecchio nucleo della città, provai anche a chiedere ma non ottenni mai risposta. Amen. Tuttavia mi assicurò che nel paesino principale mi sarei trovata benissimo, nonostante la diffidenza iniziale. Io invece gli raccontai della mia vita di prima, di Jan, di Lidia e anche di Noah, ma non accennai mai all'omicidio dei miei. E poi tutta la parte su Alec e sul nostro trasferimento qua me la inventai di sana pianta. Dissi che era un importante membro di una società dal nome famoso (che prontamente inventai al momento) e che ci eravamo conosciuti per caso in un locale.
Poco verosimile, la romanzai molto, ammetto.
E poi dissi che continuava a provarci nonostante stessi con Noah e che io finalmente cedetti alle sue lusinghe quando quest'ultimo morì investito da un'auto con un ubriaco al volante.
Un po' tragica, sì, ma forse la realtà era molto peggio e non era certo il caso di dire tutto ad una persona appena conosciuta. Anzi, non era il caso di parlarne proprio, nemmeno se fosse stato un amico di vecchia data. Insomma! Chi mai avrebbe creduto a tutte 'ste stronzate sovrannaturali? (*)

Il resto della giornata passò in fretta: io seduta sullo sgabello sul fondo del bancone a mangiucchiare qualche patatina e Morgan che mi dava retta fra un ordine e l'altro. Nonostante fosse un paesino con poche anime rispetto alla più grande Salt Lake, aveva il suo bel da fare. C'era solo lui al bancone e un paio di persone nella cucina dietro. Come faceva a seguire tutto quanto per me era un bel mistero. Magari avrei potuto offrirmi per dargli una mano, alla fine il lavoro già lo conoscevo.

Quando ritornai a casa ero esausta e la pancia non la smetteva di brontolare, nonostante tutte le schifezze mangiate prima. Sapevo di essere tremendamente in ritardo per la cena, speravo solo che Alec non ci facesse troppo caso.
Aprii la porta con cautela ed entrai cercando di non fare rumore.
"Sei tornata finalmente! Pensavo ti avessero mangiato"
Sarcasmo. Ecco cos'era quella strana inflessione nella sua voce.
"Sì, abbiamo fatto tardi e ci siamo persi a parlare del più e del meno"
"Oh, ecco perché sento così tanta puzza. Vatti a lavare" disse passando dal sarcastico al lapidario. Vallo a capire. In ogni caso mi ritenni offesa dalle sue parole. Avevo sudato, sì, ma non puzzavo così tanto.
"Villano" borbottai, salendo le scale
"Ti ho sentito!" mi urlò di rimando lui
"Ben ti sta!" e sbattei la porta del bagno, mimando una linguaccia che non avrebbe mai potuto vedere. Ero decisa ad ignorarlo o rispondergli male per tutto il resto della serata.

Scesi in cucina almeno un'ora più tardi, giusto per dargli ulteriore fastidio. Non si doveva permettere di trattarmi così. Di contro trovai un misero piatto al centro del tavolo, senza nemmeno una tovaglietta, un bicchiere o, che so, delle posate. Mi ci avvicinai con cautela, facendo una smorfia non appena constatai che quel petto di pollo con patatine fritte era ormai freddo.
"Grazie eh! Potevi almeno tenerlo al caldo!" dissi ad alta voce al nulla, perché lui non c'era al pian terreno
"E tu potevi scendere prima!" urlò lui di rimando
Sbuffai, presi delle posate, dell'acqua e mi sedetti a mangiare.
Poco dopo scese pure lui. 

Quando alzai lo sguardo notai che aveva una scatolina nera in mano ed avanzava in mia direzione con un sorrisetto tremendamente soddisfatto e la postura rilassata. Almeno lui era tranquillo, io no. Ero arrabbiata. Con lui. Non mi aveva scaldato il pollo.

"Tieni, questo è per te. Abbi cura di non toglierlo mai"
"Per favore" aggiunsi io, prendendo delicatamente la scatolina che mi aveva porto. Lui aggrottò le sopracciglia confuso.
"Non toglierlo mai, per favore" ripetei ridendo. Poi senza aspettare una sua risposta tornai a concentrarmi sul suo regalo, ero... felice. Nonostante tutto ero felice. Era burbero, sì, ma anche attento. Sembrava ci tenesse a quelle piccole cose.
Quando finalmente aprii la scatolina rimasi completamente senza fiato. Era una collana con un bellissimo opale nero di forma ovale incastonato su un intreccio di fili argentati, molto fine ed elegante. Anche la catenina era del medesimo materiale, non troppo lunga in modo che la pietra potesse adagiarsi sul petto subito sotto alle clavicole.
La mossi un po' per vederne i riflessi. Aveva i colori dell'arcobaleno, ogni angolazione ne proiettava sempre di diversi e i vari bagliori erano evidenziati dal fondo nero come la notte.
"È... È bellissima! Ma... perché?" e mi portai la mano alla bocca, gli occhi erano lucidi. Perché un regalo così prezioso?
"L'opale nero è il simbolo della mia famiglia. Siamo noi che abbiamo la più grande cava di opale in Australia... anche se sinceramente avrei preferito qualche altra pietra più rara, ma tant'è"
Mi si avvicinò, sfilandomi delicatamente la collana dalle mani e facendomi segno di tenermi i capelli. In questo modo me la fissò al collo, per poi accarezzarmi con la punta delle dita fino alla giugulare, tracciarne lentamente il profilo, indugiando qualche istante sulla mia pelle, ed allontanarsi nuovamente. Io ero ancora scioccata da tale regalo.
"In questo modo tutti sapranno che sei una mia protetta e non ti daranno alcun fastidio"
"Ma tu avevi detto che..."
"Avevo detto di stare attenta a vampiri e lupi, è vero. In realtà il problema non sono quelli che vivono qui nelle vicinanze in modo stabile, loro conoscono il simbolo della mia famiglia. Il vero problema sono i nomadi, ma per quello servirebbe un altro tipo di protezione" poi si appoggiò al tavolo con le braccia incrociate
"Tipo?"
"Tipo armi in argento"
"Non è il caso" aggiunse, dopo avermi lanciato una rapida occhiata
Aprii prontamente la bocca per dissentire, ma mi fermò un'altra volta
"Quindi con chi eri oggi?"
Aggrottai le sopracciglia
"Con Morgan, lavora al pub"
"Ah, ecco perché puzzavi" e rise fragorosamente. Lo fulminai con lo sguardo. Se avessi potuto, l'avrei incenerito e lui sembrò accorgersene perché tentò di trasformare la risata in tosse, ma senza riuscirci. Questo causò una risata ancora più forte che coinvolse anche me
"Cattivo!" riuscii a dire fra una risata e l'altra

"Comunque vorrei offrirmi per aiutarlo al locale, almeno faccio qualcosa e non mi annoio" continuai non appena mi calmai un attimo
"Ok, ma tieni gli occhi aperti" disse soltanto
Annuii di rimando e lo abbracciai con slancio. Era il mio modo un po' goffo per ringraziarlo: per il ciondolo, per la casa, per tutto.
Dopo qualche attimo di incertezza anche lui rispose all'abbraccio. Durò poco ma mi caricò di energia.

Ero felice, l'avevo già detto?

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(*) Un omaggio a Gwenfyr della saga di Argent ♥  Passate a leggerla, merita davvero. Spero che riesca a pubblicarla cartacea quanto prima. L'autrice è SJ_Weiss

Bonjour!
Sono guarita, mi è rimasto solo un po' di raffreddore, ma sto beneeee! Ed ecco a voi il nuovo capitolo. Non pensavo venisse così lungo, sinceramente. Inizialmente avevo pensato di attaccarci un'altra scena, ma poi si è dilungato e bla bla bla. Alla fine l'ho concluso così e ne sono soddisfatta.
Ho cercato di rendere più evidente il legame che si sta creando fra Nora e Alec perché mi hanno fatto notare che prima non lo era poi così tanto. Colpa un po' anche del fatto che la storia è interamente dal punto di vista di Nora, quindi è ovvio che molte cose non possiamo saperle, un po' perché lei non se ne accorge e un po' perché sono solo pensieri o gesti di altre persone.

Fatemi sapere che ne pensate, se è troppo o troppo poco. Se si capisce oppure no.

Alla prossima!

Un abbraccio,
Rin_Quil

Capitolo revisionato 9/07/2019

Mi chiamo Nora. - Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora