I - Capitolo 4 (Pt. 2)

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Spencer canticchia YMCA a bassa voce mentre chiude la sua valigia, pronto ad andare all'aeroporto. Io siedo su una delle sedie del tavolo da pranzo e lo guardo in silenzio.

"Quella canzone è orribile," dico finalmente, giusto per dire qualcosa, per riempire la sensazione che lui se ne stia andando.

"È la canzone più gay che io abbia mai sentito," ammette e poi alza lo sguardo su di me. "Credevo che a te sarebbe piaciuta."

"Fottiti," dico, e lui fa un sorrisetto.

Guarda in giro per la stanza, anche se non è che abbia disfatto i bagagli più di tanto. Le lenzuola protettive sono sparite ma saranno rimesse di nuovo abbastanza presto. "Hai visto qualcuno dei miei calzini? Giuro che sono svaniti tutti."

Sospetterei che dietro ci sia lo zampino di Sisky - per via dell'odore dei piedi di Spencer o qualcosa di folle, che ne so - ma Sisky non è ancora stato nei paraggi. Ha il suo incontro con gli avvocati oggi. Forse adesso, in realtà, chissà?

"Ne vuoi un altro paio?" propongo, e lui annuisce. Così non dovrà andare a caccia di calzini non appena arriva a Londra. Sono certo che avrà cose più interessanti e urgenti da fare.

Mi segue in camera da letto, parlando dell'orario del volo e dell'appartamento a Londra in cui si trasferirà - alloggerà, intende, in cui alloggerà soltanto. E io dico che suona tutto bello, mentre gli passo un paio di calzini neri.

Sta guardando dietro di me verso il mio letto sistemato. Quando seguo il suo sguardo, vedo quello che vede lui: la grande cornice, a faccia in su sul letto. La foto in bianco e nero di un ragazzo, scattata da qualcun altro.

"È solo una cosa che ho trovato quando sono arrivato a casa stamattina," spiego. Non so neanche dov'è che l'avessi nascosta, ma chiunque sia venuto a pulire l'appartamento e a riempire il frigo ha trovato la cornice e l'ha posata sul tavolo da pranzo. Il suo sorriso mi ha accolto al mio arrivo, come ho sempre voluto che facesse. Il capo chino verso il basso, un sorriso puntato ai piedi. Sorrideva per l'uomo che scelse a posto mio.

"D'accordo." Spencer sorride leggermente, ma è forzato. Noi non ne abbiamo parlato. Di Brendon. L'abbiamo nominato, certo, ma non abbiamo parlato di lui. Chiudo la porta della camera da letto dopo che usciamo, con un po' di vergogna.

So che non è finita per me, ma per quello - per quello ci vuole tempo. Spencer e Haley non stanno insieme, ma di certo tra loro non è finita anche se è chiaro che non si rimetteranno neanche insieme. Quindi va bene che io non l'abbia superata, va - va bene. E gli His Side sono tornati in tour adesso, e lui è tornato a essere una persona diversa da qualche parte lì fuori. E i miei pensieri lo trovano di continuo, e ho questi cazzo di sogni incasinati su di lui di cui non ho mai fatto parola con nessuno.

Non è finita per me, ma sono stanco che la gente e io stesso pensiamo che debba esserlo.

Ci sto provando, però. Davvero. Ammettere che non l'ho superato è il primo passo come negli alcolisti anonimi o come quando avevo avuto la dipendenza da codeina ma lui mi  aveva costretto a ripulirmi. Lui è soltanto un'altra dipendenza di cui devo liberarmi.

Spencer mette dentro l'altro paio di calzette e chiude la valigia. Guarda verso la finestra e chiede, "Allora sei sicuro di voler tornare indietro? In quella tua casa."

"È lì che abito."

"Sicuro?" Inarca un sopracciglio, ma poi lascia perdere. "Potresti restare qui, lo sai. Qui manchi a molte persone."

Gli rivolgo un sorrisetto. "Tu questo non lo sai. Lo stai supponendo. Ti sentiresti soltanto più a tuo agio sapendo che sono circondato da gente che si prende cura di me."

THROAM, Vol. 3: A Kingdom by the Sea | Ryden (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora