II - Capitolo 6 (Pt. 2)

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Il dottore è un inglese, il dottor Porter, che ora risiede a Parigi. Questo è rassicurante. Gli inglesi, loro sono di carattere rigido, di indole seria, fanno il loro lavoro. Gli conviene che facciano il loro lavoro, cazzo.

La camera d'albergo di Brendon è strutturata come la mia: due stanze, una zona soggiorno, l'altra una camera da letto. Adesso la porta a due ante della camera da letto è chiusa, e Porter è lì dentro da dieci minuti. Dieci minuti. È tanto tempo. Non riusciamo a sentir venir fuori alcun suono, non riusciamo a sentire il dottore, non riusciamo a sentire Brendon, il quale, d'accordo, non è nelle condizioni di parlare. Lui si mantiene sul limite della coscienza, visitando entrambi i lati.

Cazzo, non sono mai stato così spaventato in vita mia.

Abbiamo ancora addosso i nostri abiti da palcoscenico e i ragazzi sono seduti sulle sedie, emanano nervosismo e preoccupazione. Niente bis per Parigi.

Io resto accanto alla finestra, lontano da loro. La paura non va da nessuna parte. Quella frazione di secondo in cui pensavo che lui - Ma non stava reagendo. Sembrava morto. Per una frazione di secondo, lo giuro su dio, e quella frazione di secondo mi perseguiterà per anni, questo lo so già.

Quindi non posso stare seduto lì e fingere di essere calmo - loro lo capirebbero così facilmente. Invece rimango lontano e fumo ossessivamente. I miei occhi sono quasi incollati alla porta, in attesa di notizie. Preoccupato a morte per lui.

"Penso che cancellare il concerto di domani sia prematuro," Mike dice adesso. Lui continua a camminare avanti e indietro, mangiandosi le unghie come ha il vizio di fare.

"Io non penso che lo sia," Dallon dice, la sua voce è piena di pazienza assottigliata. Ha ragione. Voglio dirlo a Mike, voglio ordinargli di cancellare il resto del dannato tour e di lasciare che io porti Brendon a casa, ma resto dove sono, continuo a fumare, tengo la bocca chiusa. Non riesco a sedermi. Non riesco a star fermo. "Lui è svenuto," Dallon dice come se qualcuno di noi avesse bisogno che ce lo ricordasse.

"Beh, vederemo cosa dice il dottore," Mike replica, parlando lentamente e con calma. "Brendon potrebbe star bene entro domani."

"Ma è svenuto," Dallon ripete. Capisce la gravità della cosa.

Brendon è tenace. Lui è uno stronzetto tenace che ha trascorso mesi a vivere come un dannato vagabondo quand'era ancora un adolescente, a fare l'autostop con un braccio ingessato. E anche adesso sapevamo tutti che stesse male, lui sapeva di star male, ma è salito su quel palco, comunque, perché un po' di febbre non lo ferma.

Ci si ammala in tour - cibi strani, igiene scarsa, città nuove, persone nuove, germi nuovi. Spencer una volta si esibì con la febbre a 39, e una volta io mi esibii quando un dottore mi aveva proibito di parlare, figuriamoci di cantare. Si fa quel che si deve fare. Hai scelto questa vita per cui non ti lamenti.

Perciò se qui si fosse trattato dei Followers o dei Whiskeys, allora certo, Mike avrebbe avuto ragione. Non cancelleremmo il concerto di domani - andremmo avanti.

Ma si tratta di Brendon.

Il dolore nel mio petto brucia. Non riesco a pensare a nient'altro. Ho bisogno di vederlo. Non riesco a sopportare di non vederlo. Non riesco a sopportare questa preoccupazione. Continuo a scrutare la porta: lui è dietro quella barriera, irraggiungibile. Debole e malato. Il pensiero mi fa sentire debole e malato.

Sembra che questo la band l'abbia già fatto prima: stare seduti in attesa di brutte notizie. Ma questo non è come con Ian - se lui fosse morto, sì, sarebbe stato triste. Se ci fossero stati danni al cervello, sì, avrei provato compassione. Ma si trattava di Ian. Solo di Ian. Il rock 'n roll si è portato via molte persone con più talento.

THROAM, Vol. 3: A Kingdom by the Sea | Ryden (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora