Capitolo 3

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Colby

Sono ormai chiuso in questo aereo da 6 ore e non ce la faccio più. È difficile per un atleta come me stare fermo per tutto questo tempo, so che dovrei rilassarmi visto che ho combattuto ogni sera in posti diversi d'Europa ma non riesco, mi sento impazzire. Come se non bastasse sono seduto vicino alla ragazza che stamattina mi ha rovesciato il caffè addosso, è davvero insopportabile. È stata finora a muoversi di continuo, non mi ha lasciato riposare neanche 10 minuti ma pare finalmente che abbia trovato la sua posizione e si sia addormentata. La guardo, guardo ogni suo piccolo dettaglio e non mi ero accorto dei nei sul viso che le danno quel tocco in più, da come si è messa si percepisce che è una ragazza molto chiusa e timida anche se non frena quella lingua quando parla, sa essere pungente. Continuo a guardarla anche se dovrei pensare a risolvere la situazione con Sarah, so di averla combinata grossa stavolta ma è più forte di me, sono uno stronzo fino al midollo. Ho talmente tante cose per la testa che non riesco a pensare neanche ad una: Sarah, Jon ma soprattutto Joe, appena arrivo andrò subito da lui per vedere con i miei occhi come sta procedendo la sua cura.

"Se vuoi dopo ti mando una foto!" Quella voce mi riporta alla realtà.
"Cos'è mi fai il verso?" La guardo di traverso.
"Mi metti ansia, essere fissata dalle persone che non conosco mi mette ansia."
"Come sei complicata!" Mi giro dall'altra parte sperando che si riaddormenti di nuovo così posso star tranquillo.

Prendo il mio iPhone e cerco di rispondere a più messaggi possibili, Sarah non fa altro che insultarmi per quello che ho fatto ma sono umano anch'io e tutta questa continua distanza si ripercuote sul nostro rapporto.

"Senti ora basta con tutti questi insulti. Ho sbagliato, ti ho già chiesto scusa mille volte ma basta! Ne riparliamo stasera quando torno." Le mando questo messaggio vocale con la speranza che la smetta di torturarmi in questo modo.
Continuo a pensare ai miei due amici, ai miei due fratelli e mi sento impotente nel sapere Joe in quello stato e vedere Jon come si sta riducendo per tutta questa storia, sono talmente perso nei miei pensieri che solo ora mi accorgo che quella ragazza ha appoggiato la sua testa sul mio braccio ma la lascio fare almeno non si muove.
I miei pensieri vagano da un argomento all'altro e non trovo pace; guardo questa ragazza e la trovo buffa, chissà cosa farà nella vita, chissà cosa l'ha spinta a partire per l'America, chissà come si chiama.

"Oddio scusami, non volevo appoggiarmi a te" si sistema al suo posto "oggi combino solo guai."
"Tranquilla, non è successo niente." Le sorrido.
"È che il tuo braccio è così comodo che sembrava un cuscino" si mette le mani sul viso per coprirsi "ma che cavolo ho detto?!" Scoppio a ridere nel vedere la sua goffaggine.
"Dai tranquilla, faccio finta di non aver sentito niente." Provo a rassicurarla.
"Non vorrei gonfiare troppo il tuo ego più che altro."
"Ho già un ego troppo grande ma lo prendo comunque per un complimento" mi tiro un po' su "Comunque per stamattina non preoccuparti è stata anche colpa mia."
"No davvero, la colpa è mia. È che quando parto e lascio la mia città, mi agito e vado in paranoia più totale."
"Ora spero ti sia calmata." Le sorrido.
"Sì più o meno sì ma sinceramente non vedo l'ora di uscire da sto coso." Mi sorride, non avevo mai notato il suo sorriso e quelle fossette che le si creano.
"A chi lo dici, ah sono un maleducato."
"Anche un po' cafone!" Mi interrompe lei.
"A volte sì ma non mi sono presentato. Piacere Colby." Allungo la mano.
"Piacere, più o meno, Ginevra." Ricambia la stretta di mano e quel tocco mi dà un brivido insolito lungo la schiena.

Salvami. Save me.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora